La redazione
SALERNO – Aprire un dibattito sulla necessità di mantenere ancora in vita gli Enti cosiddetti inutili è quanto mai doveroso anche perché si tratta di riaccendere un dibattito che ha attraversato, con pochi risultati, la fascia degli anni 80 e 90. Il principio della soppressione è legittimo, il problema è stabilire quali sono gli Enti inutili; e sulla base di questo dilemma sono stati tenuti in sella ad Enti davvero inutili personaggi fuoriusciti dalla politica attiva e da sistemare altrove.
Non è sicuramente così per le Comunità Montane in quanto alcune di esse, dopo lo svuotamento di competenze, continuano ad esercitare sui rispettivi territori con riconosciuta efficienza.
Sull’argomento abbiamo ricevuto un articolo di approfondimento del dr. Giovanni Abbruzzese (dottore commercialista di vaglia e molto noto nel Vallo di Diano); un articolo che pur esprimendo il pensiero personale di Abbruzzese mette in risalto importanti aspetti della vicenda che, speriamo, possano essere ulteriormente approfonditi non solo con nuovi interventi del commercialista ma anche con il contributo di Voi amici lettori. Soltanto con la nascita e la crescita dei dibattiti si esercita il diritto garantito dalla democrazia di intervenire sulle grandi scelte politiche. Il dr. Abbruzzese scrive essenzialmente sulla Comunità Montana Vallo di Diano e Tanagro ma il suo pensiero può facilmente essere sovrapponibile ad altre realtà dello stesso tipo.
Un Ente da sopprimere: la Comunità Montana del Vallo di Diano
di Giovanni Abbruzzese
VALLO di DIANO – – Il presupposto per l’abolizione della Comunità Montana e degli altri Entiche operansul territorio è la costituzione dell’Unione dei Comuni. Nell’articolo del 3 settembre u.s. avevo concluso l’articolo “Unione dei Comuni” o“La Città Vallo” rinviando ad un approfondimento il nuovo Ente locale denominato Unione dei Comuni dicendo che sono ben trentadue i Comuni in Provincia di Salerno che hanno scelto questa forma giuridica. L’obbiettivo di questo nuovo Ente intermedio tra il Comune e la Regione , considerato che alla Provincia sono rimaste poche funzioni, è quello di mettere in comune i servizi che erogano ai cittadini ed avere una serie di vantaggi sia economici che di efficienza ed efficacia degli stessi, concetti apparentemente simili , ma in realtà due concetti ben distinti che, purtroppo, nella pubblica amministrazione sono sempre assenti e non vengono mai raggiunti con la conseguenza di buttar via risorse che potrebbero essere impiegate diversamente e con maggior risultati per l’intera collettività di riferimento soprattutto in un periodo come questo in cui lo Stato ha poche risorse da mettere a disposizione dei propri cittadini. In provincia di Salerno al momento se ne contano 6 con 32 Comuni che vi partecipano e ad esse sono state attribuite ogni funzione amministrativa propria o a essi delegata, nonché la gestione, diretta o indiretta, di servizi pubblici locali. In questo ulteriore contributo si vuole prima di tutto fare chiarezza sull’evoluzione del nuovo assetto istituzionale degli Enti locali nello specifico sull’Unione dei Comuni per poi sottolineare che non si capisce bene quale sia l’utilità di più Enti sullo stesso territorio regionale a cui vengono affidate le medesime competenze come ad esempio province, consorzi , Comunità montane, parchi, autorità di bacino e le centinaia di enti strumentali esistenti in tutta la regione campania( la quale ne conta 262) e la loro soppressione significherebbe recuperare risorse. Oggi si rende necessaria e quindi ancora più doverosa a seguito della grave situazione di contingenza economica che impone una drastica eliminazione degli sprechi nella pubblica amministrazione. Da anni in Italia si discute della riforma della Pubblica amministrazione e la risposta da parte delle Istituzioni è stata quella di un nuovo modello di “ governance ” Comunale fondata sull’associazionismo tra enti locali territoriali . Tale forma era stata prevista nella nostra legislazione con la Legge 142/90 e disciplinata con l’art.26 del TUEL, quasi trentanni addietro, con l’obbiettivo di superare da parte di una miriade di piccoliComuni le difficoltà organizzative dei vari servizi da rendere al cittadino in una logica di risparmi ed efficienza ma anche in una previsione di una loro futurafusione. La legge n.265/1999 ha poi stabilito che l’Unione di comuni è “ un Ente locale “ e quindi titolare dell’autonomia normativa, amministrativa e finanziaria al pari di tutti gli Enti locali esistenti sul territorio del nostro Paese e modificando la norma che prevedeva la fusione nei dieci anni successivi alla loro costituzione. La trasformazione delle Comunità Montane in Unioni dei Comuni Montani con la conseguente soppressione possibile anche di altri Enti operanti sul territorio erano stati previsti con la legge finanziaria del 2008 in un quadro di completo riordino delle autonomie locali. Fin dalla loro istituzione con la Legge 3 dicembre 1971, n. 1102 le Comunità Montane sono state oggetto di forti discussioni e dibattiti tra chi le voleva abolire e chi è stato sempre a favore. Alcuni numeri evidenziano lo stato attuale. In alcune Regioni quali l’Abruzzo, il Friuli Venezia Giulia, la Liguria, il Piemonte, il Molise sono state del tutto abolite mentre in altre sono state ridotte. La Regione Campania, con la legge dell’11 dicembre 2008, ne ha tolto 7 riducendole da 27 a 20. Per la soppressione delle Comunità Montane in Campania e trasferirne le funzioni e competenze ai Comuni e alle Unioni dei Comuni è stato già nel 2010 il Consigliere del gruppo “Caldoro Presidente”, Giovanni Fortunato. Tale proposta si rendeva necessaria alla luce dell’eccessiva crescita degli Enti decentrati e la soppressione delle Comunità Montane veniva percepita come un passo concreto per eliminare costi e spese considerato che i bilanci di queste strutture evidenziavano come la metà dei costi di funzionamento rappresentassero la metà degli stessi. Ne ha parlato in maniera polemica nel libro “La Casta” Antonio Stella e Sergio Rizzo. Le Comunità Montane sono state sempre considerate nell’opinione pubblica degli enti inutili e dello spreco di risorse pubbliche. Purtroppo, è il mio personale punto di vista, esse hanno rappresentato per la politica e lo rappresentano ancora, almeno fino a quando non verranno del tutto soppresse, il modo di occupare spazio politico e gestire risorse per poi tramutarlo in consenso elettorale. Oggi, alla luce della nuova normativa, è possibile pensare a nuove forme di aggregazione per lo sviluppo del territorio che senza creare inutili carrozzoni risolvano i tanti annosi problemi delle nostre Comunità rappresentate da piccoli Comuni che hanno grandi problemi prima di tutto quello occupazionale per le nuove generazioni. Altro ente inutile di cui si discute della sua soppressione è rappresentato dai Consorzi di Bonifica , finanziati dagli enti locali e direttamente dai cittadini attraverso le gabello ad hoc, per svolgere la nobile finalità di: curare fiumi e prevenire allagamenti , frane e inondazioni che spesso non assolvono in quanto basta che piova un po’ più del solito e subito
qualche fiume esonda. Il Vallo di Diano lo ricorda bene in quanto né è stata vittima qualche anno addietro. Di questo Ente (se ne contano 137 sparsi per l’Italia) e di altri di diritto pubblico che operano nel Vallo di Diano ci occuperemo in un successivo articolo e in modo più approfondito. Perché nel Vallo di Diano non vi è stata nessuna iniziativa a favore della costituzione dell’Unione dei Comuni con conseguente soppressione della Comunità Montana e degli altri Enti aventi le stesse
competenze? La risposta è semplice. Nessuno amministratore o Sindaco dei quindici Comuni ha interesse a sopprimerli. Mi auguro che alle elezioni amministrative che si terranno nei prossimi anni nei diversi Comuni del Vallo a cominciare da Sala Consilina e poi a seguire gli altri Comuni venga fuori una nuova classe di amministratori che ponga al centro del suo programma elettorale la costituzione dell’Unione dei Comuni Montani del Vallo di Diano. La nascita sul nostro territorio di
questo nuovo Ente se da un lato consentirà il rispetto delle specificità storicoculturali esistenti nei nostri piccoli Comuni dall’altro permetterebbe agli stessi di dare risposte concrete di servizi efficienti ed economici ai cittadini che da soli non potrebbero mai ottenere. Una sfida, questa, stimolante per chi vuole fare politica al sevizio dei cittadini.