Aldo Bianchini
SALERNO – Ho girato e rigirato tra le mani il verbale di deliberazione n. 79 del 18 giugno 2018 della Giunta Comunale di Sassano (SA) avente il seguente oggetto: “”Azione giurisdizionale di risarcimento danno da presunta diffamazione aggravata tramite altro mezzo di pubblicità ex art. 595 C.C. – 2° e 3° cpv, a seguito di pubblicazione di commento (c.d. post) sulla piattaforma digitale Facebook appartenente al Comitato Civico Che Fare – determinazioni”; ho girato e rigirato la delibera senza riuscire a capire il senso vero della stessa e l’obiettivo che si prefigge di colpire. Un obiettivo che dovrebbe andare ben oltre la querelle tra la Società Cooperativa Sociale “Eurpi Enterprise” che viene citata nel corpo della deliberazione come momento scatenante la “rabbia” del Comune nei confronti del Comitato Civico “Che fare” che con un esposto avrebbe richiamato all’attenzione di tutti una presunta irregolarità commessa nell’esecuzione di alcuni lavori di pulizia che la cooperativa avrebbe eseguito per conto di un’azienda privata con attrezzature e mezzi pubblici. La Cooperativa, difatti, ha in essere un contratto con il Comune per alcuni lavori di pulizia e si sarebbe mossa, secondo il denunciante, sulla base di una autorizzazione comunale (o semplice accondiscendenza) che l’A.C. di Sassano contesta decisamente. Una denuncia che il cd C.C. avrebbe denunciato attraverso un post (corredato da fotografie) su facebook con il titolo di “Il decoro di Pellegrino…” (Pellegrino è il sindaco di Sassano). L’amministrazione comunale di Sassano, prendendo spunto da questa ipotesi di diffamazione aggravata (secondo il Comune la Cooperativa ha agito correttamente) ha disposto l’incarico per due noti avvocati (Sabrina Peron del foro di Milano e Egidio Lorito del foro di Paola) specializzati in controversie in materia di diritto alla privacy e diritto-dovere di informare. La giunta, presente al completo, ha votato la deliberazione all’unanimità. Una decisione troppo grossa per un caso che potrebbe essere ridotto ad una semplice bega paesana. In deliberazione non viene chiarito se la Coop. intrattiene un rapporto esclusivo o parziale; ma questo probabilmente lo comprenderemo nei prossimi mesi quando la vicenda approderà fatalmente nelle sedi giudiziarie competenti.
Questo, per larga sintesi, il fatto che ha lanciato il Comune di Sassano sul palcoscenico di uno dei grandi problemi del nostro tempo: il diritto-dovere e i limiti dell’informazione, non solo quella prodotta da giornalisti regolarmente inseriti in testate giornalistiche ed iscritti all’ordine ma anche dalle varie associazioni esistenti (come funghi !!) sull’intero territorio nazionale che spesso utilizzano la piattaforma Facebook come veicolo di trasmissione e pubblicizzazione delle notizie ma anche delle fake-news, come nel caso pretestato dalla giunta comunale di Sassano. Negli ultimi tempi va sempre più prendendo piede l’ipotesi di risarcimento automatico dell’eventuale danno alle casse pubbliche (in caso di denuncia non veritiera la denuncia produce un immediato costo per verifiche, perizie, incarichi, ecc.) a carico di queste ultime (le associazioni) cosi come dei semplici cittadini. Ma la materia è molto articolata e non sufficientemente circoscrivibile in funzione dei miliardi di persone che usano FB ed altri social; bisognerà aspettare anche se lo stesso FB (proprio in queste ore) di fronte a condanne di risarcimento pesantissime sta studiando dei correttivi all’utilizzo indiscriminato dei vari social.
Il dibattito è interessante e richiederebbe migliaia di pagine di discussione, tanto sono confusi e indistinti i confini dell’informazione lecita da quella che spesso sfocia nella calunnia o nella diffamazione; le sentenze giudiziarie sono numerose e molto contraddittorie tra loro, e non consentono su due piedi di esprimere un giudizio positivo o negativo sulle varie vicende. Rimando, quindi, ad altre occasioni lo sviluppo della discussione.
Per quanto riguarda il “fattaccio” di Sassano per dovere di cronaca va subito chiarito che alla base esiste una querelle che affonda le sue radici negli ultimi anni, fino al punto di apparire come personalizzata tra lo stesso sindaco e il cittadino Nicola Trotta (esistono alcuni procedimenti penali in corso, dei quali uno vinto dallo stesso cittadino) che con una costanza ed una metodicità impressionante cerca di denunciare alla pubblica opinione tutto ciò che, secondo lui, non viene eseguito alla lettera dalla P.A. rappresentata dal sindaco Pellegrino. Se riconosciamo il sacrosanto diritto di ogni cittadino a conoscere la liceità degli atti della p.a. dovremmo poter subito chiudere la querelle affermando che Trotta ha ragione e Pellegrino ha torto, ovvero che Trotta ha tutti i diritti di chiedere copia di qualsiasi atto pubblico.
Niente affatto, purtroppo non è così semplice capire dove sta il giusto e dove si annida la forzata ed affannosa ricerca di illegalità che, a mio sindacabile avviso, non esiste nella pratica quotidiana dell’amministrazione della cosa pubblica di Sassano. Da un lato c’è un sindaco signore, professionale e molto trasparente, dall’altro un cittadino animato da chissà quale sete di ricerca del male ad ogni costo; questo quanto appare all’osservatore esterno.
E allora perché nasce il “caso Sassano” che potrebbe anche essere preso a base da altre amministrazioni comunali per evitare tutte quelle perdite di tempo (come dice il governatore De Luca) che per garantire ai cittadini l’accesso agli atti fatalmente viene disperso nei rivoli della burocrazia. Il caso Sassano nasce perché, fino ad oggi, non c’è mai stato un sereno approccio alla vicenda da entrambe le parti, forse. Dunque il fulcro centrale della discussione è l’accesso agli atti e non la forzata ed affannosa ricerca da parte di un cittadino di qualche magagna comunale; comprendendo nelle parole “accesso agli atti” le giuste rivendicazioni del cittadino e le opportune e doverose resistenze della pubblica amministrazione.
Premesso che ogni amministrazione pubblica ha il dovere di pubblicare, secondo una specifica elencazione, tutti i suoi atti sulla piattaforma web di cui ogni Comune è dotato, bisogna capire se un cittadino qualunque (e non un cosiddetto giustiziere della notte, come da qualcuno è stato definito il cittadino Trotta di Sassano) fino a che punto può pretestare l’esercizio del suo diritto di accesso agli atti.
Ed è qui che, secondo me, casca l’asino sassanese; e casca fino al punto da far apparire il cittadino Trotta davvero come un giustiziere capace di mettere in crisi una pubblica amministrazione fino al punto di indurla ad ipotizzare un’azione giurisdizionale di risarcimento danno da presunta diffamazione aggravata. I bene informati raccontano addirittura della presenza dei Carabinieri nel corso di un incontro del Trotta con i funzionari comunali per la visione di alcuni atti che lo stesso Trotta avrebbe, contro le regole, addirittura fotografato per meglio studiarli nella sua sede più opportuna, arrivando fino a sbandierare sotto gli occhi dell’arch. Calandriello (responsabile del settore rifiuti !!) una sentenza di un Tar del nord che consentirebbe l’acquisizione di tutto ciò che il cittadino vuole. Sappiamo benissimo che le sentenze del Tar spesso vengono modulate sulle esigenze specifiche e localistiche e che nessun riverbero hanno in sede nazionale; basterebbe questo principio per stoppare sul nascere ogni richiesta del Trotta per non offrirgli lo spunto di scontrarsi verbalmente con gli addetti ai vari uffici del Comune.
Se ci stacchiamo dal “caso Sassano” possiamo capire subito che la vicenda esce dai limitati confini localistici per assumere una valenza generale a livello nazionale con una domanda di fondo: “Quando e per che cosa la pubblica amministrazione può impedire l’accesso agli atti ?”. La risposta più semplice è quella che l’accesso agli atti (oltre quelli pubblicati sul sito di ogni amministrazione) è consentito soltanto se nella richiesta di un cittadino o di una associazione si intravede l’interesse pubblico discendente dalla stessa richiesta.
In materia questo giornale ha pubblicato qualche giorno fa un interessante intervento del dr. Pietro Cusati (giurista e giudice tributario, nonché giornalista) che, sempre a mio avviso, ha spiegato benissimo i confini materiali e giuridici della vicenda.
E allora perché il Comune di Sassano non cerca di resistere alle pressanti richieste sia del singolo cittadino che dell’associazione facendo leva sulla presunta assenza dell’interesse pubblico alla base delle reiterate richieste ? Questa è una domanda dalle mille pistole fumanti.
La responsabilità della concessione dell’accesso agli atti ricade interamente sul capo del “segretario comunale” che per la specifica vicenda di Sassano non avrebbe mai opposto un deciso diniego facendo così, anche involontariamente, ingigantire la figura del cittadino Trotta che nel tempo è diventato, anche giustamente, più esigente nel reiterare le richieste fino al punto di invocare la presenza dei Carabinieri, i quali non hanno potuto fare altro che verbalizzare quanto accaduto sotto i loro occhi in Comune, ivi compresi i favoleggiati scontri verbali.
Non conosco i motivi per i quali il segretario comunale di Sassano non si oppone alle continue richieste; so per certo, però, che un pubblico funzionario deve sempre applicare la legge in maniera scrupolosa e attenta senza oltrepassare mai i limiti del corretto rapporto con il cittadino per l’interesse pubblico. Sembra, comunque, che tra il cittadino Trotta e il segretario comunale di Sassano esiste un delicato contenzioso giudiziario che potrebbe condizionare sia l’uno che l’altro; per questi motivi cala sulla vicenda un pesante conflitto di interessi che il sindaco Tommaso Pellegrino (che ha fatto benissimo a tutelare aprioristicamente la sua immagine ammantata da una riconosciuta moralità) farebbe bene a risolvere facendo leva sui suoi legittimi poteri.
Scrive nel suo intervento Pietro Cusati, detto Pierino, che “”Nei confronti degli atti di diniego dell’accesso i cittadini possono presentare istanza di riesame alla Commissione (o ricorso al Tribunale amministrativo regionale) nel termine massimo di trenta giorni dalla piena conoscenza del provvedimento impugnato o dalla formazione del silenzio-rigetto sulla richiesta di accesso. In caso di presentazione del ricorso alla Commissione, il termine per ricorrere al TAR contro il diniego di accesso decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell’esito della sua istanza di riesame alla Commissione stessa. Il procedimento deve essere notificato ai controinteressati che possono presentare le proprie controdeduzioni entro 15 giorni””.
Basterebbe, forse, soltanto questo per ridurre al minimo le velleità giustizialiste del cittadino Nicola Trotta ? Molto probabilmente si, per buona pace di tutti.
Aldo a sassano quando alle ultime elezioni si andò a votare con lista UNICA (PELLEGRINO -ARENARE) il ruolo dell opposizione rimase vacante…È ovvio che questo vuoto viene riempito da cittadini, che per quel che mi riguarda vanno solo ringraziati …..DEMOCRAZIA…
Caro Aldo Bianchini,
la ricerca del male ad ogni costo appare solo agli osservatori DISTRATTI. Per il dott. Nicola Trotta valgono molto piu’ le parole di S.E. Mons. Giuseppe Casale:
“la vita non ha senso se non si spende per il bene della comunità”