Aldo Bianchini
SALERNO – Antonio Giusti nel suo “Corso di filosofia dell’abate” (siamo tra il 17° e il 18° secolo) descriveva in maniera sublime cosa fosse la “metafisica” (che tratta di Dio e dei suoi attributi) applicata all’essere umano con tutte le sue deviazioni inevitabili quando si passa dal sacro al profano. Giusti in un tratto del suo corso arriva ad affermare che “”Niente ripugna che Dio impieghi a strumento della sua potenza anche l’uomo malvagio per la confermazione di alcune verità, o per qualche altro fine. Ma non può mai accadere che alcuno annunciando una falsa dottrina o cercando di promuovere un malinteso interesse proprio o d’altrui operi veri miracoli ai quali deve concorrere la Divina virtù””.
Insomma, come dire, gli elementi anche soprannaturali per descrivere ciò che è accaduto in aula il 20 luglio scorso per il cosiddetto “processo Crescent” ci sono davvero tutti: la pubblica accusa che fa appello alle virtù soprannaturali di De Luca per poterlo incastrare quale istigatore (addirittura metafisico), la difesa del governatore e degli altri politici impegnata a spiegare che l’uomo malvagio può essere scelto anche per alcune verità tranne a rendersi conto troppo tardi che oltre la malvagità quegli uomini non hanno niente, e i dirigenti – tecnici comunali con imprese reali e metafisiche a ribadire la loro assoluta innocenza che allo stato dei fatti è difficilissima da raccontare e da provare.
Ma chi è l’uomo malvagio potenziale autore delle istigazioni in danno dei dirigenti e dei tecnici ? non lo sapremo mai, perchè saperlo non conviene a nessuno, ammesso che ci sia e sia stato l’attore principale delle scelte scellerate che hanno prodotto il “mostro urbanistico” che i pm con la loro requisitoria hanno chiesto di porre sotto sequestro definitivo.
Bene ha fatto, quindi, la giornalista Viviana De Vita sulle pagine de Il Mattino del 21 luglio 2018 a titolare “Crescent, De Luca istigatore metafisico” mi offre la possibilità di intervenire nuovamente sulla intricata vicenda per alcune precisazioni anche di “natura metafisica”, visto che siamo in un tema che la collega non ha sviluppato.
Premetto di condividere in pieno l’arringa difensiva del prof. Andrea Castaldo (codifensore di De Luca con l’avv. Paolo Carbone) in tutte le sue sfaccettature: prove, istigazione, caccia alle streghe e abuso d’ufficio. E’ assolutamente tutto vero; contro Vincenzo De Luca non c’è assolutamente alcuna prova provata in quanto nessuno degli altri imputati ha mai ammesso di aver ricevuto ordini direttamente da De Luca, non c’è stata mai alcuna istigazione a delinquere perché la pubblica accusa non è stata capace di individuare il benchè minimo “legame incestuoso” tra il potere politico e i dirigenti e tecnici che avrebbero potuto anche opporsi, non c’è dubbio che si tratta di una vera e propria caccia alle streghe con fantasmi metafisici che si muovono da un capo all’altro della vicenda, ed infine la pubblica accusa propone un “abuso d’ufficio” molto annacquato se non proprio inesistente, perché se abuso d’uffici c’era i provvedimenti restrittivi dovevano essere ben altri in sede di indagini preliminari (vedasi caso dell’on. Marcello Pittella sbattuto ai domiciliari per la stessa tipologia di reato).
I giudici della Corte giudicante che hanno ascoltato la deposizione spontanea del governatore De Luca sapevano e sanno benissimo che De Luca ha ragione per una serie anche abbastanza variegata di motivazioni; i magistrati che hanno condotto le indagini preliminari, lunghe ed articolate, sapevano e sanno benissimo che non sono riusciti (ma si sono sforzati a farlo ?) ad individuare le generalità precise dell’uomo malvagio che forse era stato impiegato da Dio come strumento della sua potenza per la confermazione di alcune verità. Ma anche questo, ovviamente, può essere frutto di illazioni e/o ricostruzioni arbitrarie e suggestive (rif. arringa Cecchino Cacciatore del 15 giungo 2018).
E pagano in tanti anche per colpe non loro; quando De Luca in aula ha gridato ai giudici della 2^ sezione penale che si tratta di un processo con una serie di forzature sulla realtà dei fatti, ha dichiarato la verità. La responsabilità penale per le tante illegalità commesse deve per forza ricadere sulla testa dei dirigenti (tecnici e amministrativi) che qualora De Luca avesse forzato la loro firma non hanno saputo o voluto contrapporsi come era loro dovere (ammesso e non concesso una forzatura da parte dell’ex sindaco). E’ vero che se un dirigente non soddisfa i desiderata del suo capo rischia il posto dirigenziale con perdita economica secca, ma è assolutamente vero che un dirigente se vuole operare sempre con la coscienza pulita deve imparare anche a dire no. La cosa stranissima e grave è che i cosiddetti dirigenti non hanno neppure e mai sussurrato il nome dell’uomo malvagio di “giustiana memoria”; e pagano anche per questo ed il Tribunale farebbe bene a contestare loro anche le aggravanti specifiche oltre quelle generali sulle attenuanti generiche che non si negano a nessuno, soprattutto a questi personaggi coinvolti in una storia molto più grande della loro statura umana e professionale.
Se tutti ricordate bene, fu la “sinistra politica” di questo Paese sul finire degli anni ’90 a legiferare sula “responsabilità dei dirigenti” della pubblica amministrazione per sbarrare il passo alla magistratura che attraverso gli amministratori-politici penetrava spesso nell’humus fecondativo e illegale della P.A. andando a scavare e colpire la diffusa illegalità; allora la magistratura non protestò e non reclamo la “puzza di regime” che evidenziò negli anni successivi per scelte governative molto più leggere; adesso per rifarsi ricorre addirittura alla fantomatica “istigazione metafisica” che non ha né capo né coda e che non conferma la teoria secondo cui il “governatore non poteva non sapere”, una teoria che ha avuto successo soltanto contro Silvio Berlusconi; e bene fanno i difensori quando affermano che De Luca poteva benissimo non sapere o addirittura non conoscere fatti e personaggi.
Sempre da Il Mattino del 21 luglio scorso ho letto che il vice governatore avv. Fulvio Bonavitacola, nei panni di difensore del consigliere regionale on. Nello Fiore (già assessore comunale), avrebbe dichiarato che “l’assessore ha solo approvato una delibera e non partecipato alla formazione dell’iter”; sulle capacità tecnico-professionali di Bonavitacola non c’erano dubbi, ma questa è una botta quasi mortale per i poveri dirigenti-tecnici e, forse, anche per qualche impresa non metafisica.
Dall’arringa dell’avv. Cecchino Cacciatore, difensore dell’on. Luca Cascone, inoltre, viene fuori la discussione molto importante sulla famosa “prova logica” che può essere ammessa nel processo penale “ma nella misura in cui debba avere a che fare con i fatti tratti a processo e non con le illazioni o le ricostruzioni arbitrarie o di suggestione”. E nella fattispecie, senza l’uomo malvagio, le ricostruzioni arbitrarie o di suggestione abbondano in maniera straripante rispetto agli atti ed alle prove concrete.
Questo ribadisce la mia convinzione che le scelte politiche, anche quelle più fantasiose come “l’isola che non c‘è” nel Golfo di Salerno non possono mai essere ritenute responsabili della pratica realizzazione dei progetti e/o della formazione dell’iter. Da qui la logica conclusione che, ancora una volta, ci troviamo probabilmente di fronte ad “investigatori metafisici” che perderanno la loro battaglia di fronte ad un Tribunale attento e coscienzioso. Per buona pace di tutti.
Prima di chiudere, però, non essendo presente alla deposizione spontanea di Vincenzo de Luca posso soltanto immaginare la sua grinta e la sua pervicace arte di convincere gli altri della sua bontà per il popolo e in nome del popolo; nel prossimo articolo, con l’aiuto di Crozza, cercherò di immaginare e di descrivere ciò che sarebbe potuto accadere e non è accaduto.