SALERNO – “La nostra gloria più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta”, parto da questa massima di Confucio, appositamente citata da Stefania Craxi in testa alle conclusioni del suo libro, per commentare la casuale distribuzione dello stesso avvenuta qualche settimana fa, in occasione della commemorazione dei 25 anni dall’arresto del compianto sindaco di Salerno Vincenzo Giordano, nella sala del Gran Caffè Moka, alla presenza della stessa Stefania, di Carmelo Conte, di Stefano Caldoro, di Salvatore Memoli e di Gaetano Amatruda.
“Nella buona e nella cattiva sorte” questo il titolo del libro che, in 186 pagine, sciorina molti episodi e tanti aneddoti; il tutto improntato al ritornello che sentiamo dire da sempre e che cioè Bettino Craxi, così come le altre vittime di tangentopoli, è stato ucciso volutamente e proditoriamente; ma questa volta con il dettagliato profilo storico-familiare visto attraverso alcune delle tante “onne di tangentopoli”.
La domanda, senza risposta, è: “Se Craxi è stato ucciso ci sarà pure un colpevole ?”; invece no, come per Craxi così per gli altri, tutti sono stati uccisi senza colpevoli materiali ma con un ipotetico e fantomatico colpevole individuabile nel sistema giustizia. Non ci credo e non posso crederci, se delitto è stato commesso (come ritengo !!) ci deve essere per forza la materializzazione di un colpevole ben oltre l’indefinibile esistenza di un sistema.
Se il colpevole non viene scoperto vorrà dire che i colpevoli sono proprio loro, Craxi e gli altri, che almeno dovranno portare sulle loro spalle la responsabilità di aver creato quel sistema dal quale sono stati schiacciati loro stessi.
Necessaria questa premessa per entrare nella parte del libro che, in sede locale, tocca le vicende sconcertanti – personali – intime e pubbliche di alcune delle “donne di Salerno” interessate e, qualche volta, travolte dalle sconcertanti vicende di tangentopoli che a Salerno ha avuto la funzione anticipatoria del “copia e incolla” di internet, avendo la nostra Procura adottato gli stessi sistematici atteggiamenti giustizialisti della Procura milanese famosa per “Mani Pulite”.
Nell’ordine cronologico le “donne di Salerno” raccontate da Stefania Craxi sono: La signora Marisa (moglie del prof. Luigi Adriani, ordinario di scienze delle costruzioni presso la Federico II di Napoli); Maria Rosaria la modella (moglie dell’avv. Fulvio Bonavitacola, all’epoca assessore ai lavori pubblici e vice sindaco del comune di Salerno ed attuale vice presidente della Regione Campania); Maria Rosaria l’incrollabile (moglie del prof. Aniello Salzano già sindaco di Salerno e all’epoca consigliere regionale); Maria la moglie dell’architetto (moglie di Annibale Casillo, architetto e personaggio di riferimento del PSI); Anna la mogie del sindaco (moglie del prof. Vincenzo Giordano, sindaco di Salerno dall’87 al 93).
Cinque donne, cinque vite diverse, cinque mariti diversi e cinque modi di pensare diversi; accumunate soltanto dagli esiti infausti di tangentopoli che, si creda o no, per alcuni dei loro mariti causò anche la morte fisica (Casillo e Giordano innanzitutto, ma l’elenco è molto più lungo). Cinque storie scelte, probabilmente, non a caso perché forse più note all’autrice che ha trattato il loro rispettivo profilo con grande sensibilità – correttezza e rispetto della privacy.
Senza voler entrare, almeno per il momento, nello specifico delle varie vicende il racconto manca di un elemento essenziale: “la diversità caratteriale dei mariti” narrati entusiasticamente dalle loro donne. Per correttezza bisognava comunque scrivere che tra gli uomini testè citati ce ne furono alcuni che seppero resistere alle pressioni del carcere e ce ne furono altri che, invece, mollarono i freni inibitori delle rivelazioni di fatti e circostanze (inesistenti ?) che incisero profondamente almeno nella prosecuzione delle indagini preliminari di una Procura tutta tesa (questo si !!) alla ricerca della colpevolezza attraverso il pregiudizio che all’epoca imperava nel pensiero comune della cittadinanza ormai stanca di abusi e prevaricazioni che erano all’ordine del giorno. E questo senza voler minimamente intaccare lo spessore politico e professionale dei singoli protagonisti di una stagione sciagurata. Per dirla tutta, ciò che accadde in quei due anni maledetti (1992 e 1993) non è accaduto, ad esempio, nel 2005 quando il “sistema deluchiano” fu attaccato a fondo dalla pm Gabriella Nuzzi su ispirazione del pm Filippo Spiezia che aveva iniziato importanti e travolgenti inchieste. Le gole profonde di tangentopoli contro Conte/Giordano/Del Mese non vennero replicate contro De Luca pochi anni dopo; frutto, forse, di una scelta di componenti il cerchio magico molto più rigida rispetto a quella del passato.
Se non ricordiamo queste cose ( in parte anche spiacevoli) non raggiungeremo mai la verità. Perchè ? perchè anche a distanza di decenni c’è una specie di muro di gomma che impedisce a chiunque di entrare nei gangli segreti di quel sistema contiano così come di questo sistema deluchiano. E’ vero come dice Stefania Craxi che tangentopoli sospese lo stato di diritto, ma per ripristinarlo non basta la semplice volontà e/o il racconto di favolette buone per le serate davanti al camino di casa, ma occorrono gli atti di verità che tuttora latitano.
Ed ancora, quello che scrive la Craxi su “Maria Rosaria la modella” (“Per una donna così, figurati che tenore di vita ci vuole ! Bisogna procurarseli i soldi !”) all’epoca non valeva soltanto per lei ma erano tantissime le mogli e le donne di tangentopoli sulle quali si intrecciavano racconti fantasiosi sul gusto per il potere, su crociere di lusso, su spese folli, su viaggi in elicottero di Stato solo per assistere ad uno show di Peppino Di Capri, su ville lussuose ed inaccessibili ai comuni mortali, su un cerchio magico ristrettissimo e ambitissimo dalle stesse donne di tangentopoli che, in lotta fra loro, spesso spingevano i rispettivi mariti-compagni-amanti a compiere passi più lunghi delle loro stesse gambe.
Vorrei suggerire a Stefania Craxi (e poi per il momento mi fermo qui !!) che la storia si scrive tutta e per intero, senza andare a scegliere storielle semmai anche suggestive e di sicuro effetto; fermo restando, ovviamente, tutta intera la rispettabilità e l’onorabilità delle donne citate “Nella buona e nella cattiva sorte”.