Nei giorni scorsi è stata organizzata dalla Comunità Religiosa “Gesù Redentore” una fiaccolata per la pace con la collaborazione della “Fraternità Nazareth”, del presidio di Salerno dell’Associazione “Libera”, nonché del “Gruppo Attività Ecumeniche”, de “La Bottegaia”; de “Il Portico” e delle Associazioni: “Oasi”; “Ricicliamo”; con un momento di preghiera. Come ha precisato Don Pietro Mari, già Parroco del “Volto Santo”, che ha fondato la “Fraternità Nazareth” ed è il Responsabile dell’Ufficio per il dialogo Ecumenico e interreligioso della Diocesi di Salerno: “…Oggi più che mai la priorità assoluta è la pace nel mondo e questo momento di preghiera vuole evidenziarlo”. La manifestazione ha stimolato un momento di riflessione e di preghiera, al fine di stigmatizzare, l’attenzione dell’opinione pubblica sulle continue violenze che si perpetuano da tempo in luoghi diversi del nostro pianeta e che generano genocidi e diaspore di numerosi nuclei familiari, che pure appartenendo a popoli ricchi di risorse naturali, sfruttate il più delle volte dai paesi occidentali, sono costretti ad affrontare “i viaggi della speranza” per assicurare la loro sopravvivenza e quella dei loro cari. Quello che oggi può sembrare irreale, si palesa nell’assurdità del “dogma della violenza”: la violenza generatrice di altra violenza; con la situazione paradossale che nel tempo le vittime della violenza si trasformano in carnefici. A tale proposito ci ritornano alla mente le parole del Mahatma Gandhi: “… a furia di dire occhio per occhio, resteremo tutti ciechi…”. Pertanto non ci meravigliamo, che il popolo prediletto da Dio, quello ebreo che nel secondo conflitto mondiale ha subito lemaggiori vessazioni con oltre 6.000.000 di morti, da anni in determinati momenti, attraverso alcuni uomini indegni di appartenere a quel popolo, si sono trasformati da vittime ad oppressori e portatori di atroci sofferenze. Dalle pagine del libro “Il viaggio di Vittorio” di Egidia Beretta Arrigoni, possiamo infatti evincerlo dai racconti di un eroe, Vittorio, che ha sacrificato la sua giovane esistenza per tutelare la vita ed i diritti del popolo palestinese con la scelta di praticare l’interposizione non violenta: “… Mettersi tra due belligeranti, sia che si tratti di due persone; di un carro armato e di alcuni bambini; di manifestanti e di poliziotti pronti a spararti … Tra i tanti crimini che i soldati israeliani commettono contro la popolazione palestinese, ce n’è uno poco conosciuto, entrare di notte in Palestina, occupare un edificio alto per appostare i propri cecchini e sparare alla gente fino a quando è buio. La famiglia che abita nella casa occupata viene rinchiusa in una stanza e nessuno può uscire, neanche per andare in bagno, fintantoché durano le “operazioni militari”, durante le quali viene saccheggiato di tutto …”. Dai racconti di Vittorio Arrigoni, un volontario ed un Osservatore Internazionale dell’ONU e da alcune testimonianze da lui ricevute dalle vittime delle molteplici e sconvolgenti violenze, alle quali era ed è ancora oggi sottoposto quotidianamente, il popolo palestinese da parte dei soldati israeliani, ne scaturisce una sua riflessione: “… Siamo a Seida, a due passi da Tulkarem, immerso in una splendida campagna fitta di uliveti e viti, capace di sfornare diversi martiri consacrati alla jibad islamica…”. Inizia a raccontarci la storia di un vecchio palestinese di questo paese, dove girano di notte sulle colline i mezzi militari: “… O ci consegni tuo figlio entro 48 ore o torniamo e ti demoliamo la casa”, questa è la tipica versione israeliana di attacco preventivo: “… Mi hanno ammazzato il figlio davanti agli occhi, ora vogliono l’altro, che dovrei fare io? Che male abbiamo fatto tutti noi? Vogliamo soltanto vivere in pace, perché non ci lasciano in pace? E’ da queste testimonianze ricevute che scaturisce la considerazione di Vittorio Arrigoni: ”…Per lo più questi martiri guerrieri sono ragazzini di 20 anni con la faccia troppo dura per essere vera, ritratti nelle foto ai lati delle strade coi Kalashinikov in braccio. Già diversi di questi giovani partigiani sono stati uccisi a sangue freddo durante le retate dei soldati israeliani … Non è per religione, né per ideale politico che questi ragazzi di campagna si sono convertiti in guerriglieri. Non si sognavano neppure di invadere Israele per compiere attentati. Ma la disperazione di chi si trascina dietro una serie infinita di lutti e disperazioni crea soldati pronti al martirio. E’ un’occupazione estenuante e terribile come quella israeliana, ha reso temibili combattenti dei semplici contadini ineruditi … Certo è che se fossi nato quaggiù e avessi visto morire la mia gente e martoriata la mia terra, durante tutta la mia breve esistenza, forse non avrei esitato un istante neanch’io a imbracciare il kalashinikov e a giurare battaglia in difesa della mia gente. E da un Dio qualsiasi avrei fatto benedire la mia anima…”. Questa triste, amara, angosciosa e preoccupante considerazione, è la cartina al tornasole, che ci offre la consapevolezza e la certezza che la violenza alimenta soltanto violenza, mentre il perdono, l’amore ed il confronto improntato al rispetto del nostro prossimo, realizza quella condizione indispensabile per la sopravvivenza e la pacifica esistenza dell’intera umanità. L’Associazione Amici di Totò… a prescindere! – Onlus in occasione del 51° anniversario della morte di Totò, in considerazione altresì della spiritualità di Antonio de Curtis, Totò e del grande rispetto che ha sempre manifestato nella quotidianità per ogni forma di diversità dell’uomo, per la razza, per il colore della pelle, per il ceto sociale e naturalmente contro ogni forma di omofobia, etc…; ha commissionato all’Artista Renato Cocozza, discepolo prediletto del Maestro Alfonso Grassi, che nel corso della sua vita ha lavorato a Roma nello studio di Pi azza Navona del Maestro Giorgio De Chirico, un’opera Sacra, per donarla e farla collocare in una Chiesa di Napoli o di Roma o di Salerno. In queste città, si è intersecata la vita di Totò, l’Artista dalla Straordinaria Umanità, o quella dei suoi antenati. L’opera pittorica “Premonizione”, che rappresenta la Madonna con Gesù Bambino, nonché la Crocefissione e la Resurrezione, delle quali ne ha consapevolezza anticipatamente, la nostra “Madre Celeste”, è un omaggio al popolo prediletto da Dio, quello ebreo, affinché da vittima dell’olocausto non si trasformi in carnefice ed oppressore di un altro popolo, nonché un messaggio contro ogni forma di razzismo, dipingendo con il colore olivastro, le immagini del colore