Aldo Bianchini
CAVA de’ TIRRENI – “Fedele nei secoli” è il conosciutissimo motto che accompagna l’Arma dei Carabinieri fin dalla sua fondazione ultracentenaria; “Fedele nei millenni” potrebbe essere il motto della Santa Chiesa Cattolica che per preservare la sua inesplorata e inesplorabile autonomia fa letteralmente fuori chiunque ne ostacoli l’immunità, soprattutto se trattasi di un religioso.
La Chiesa è l’unica associazione esistente oggi al mondo che è capace di essere estremamente crudele e disumana innanzitutto con il suo clero che all’atto della consacrazione è obbligato a giurare fedeltà ed obbedienza in eterno; per questo motivo, forse, è riuscita a sopravvivere alle tempeste sociali-politiche-economiche che hanno attraversato in lungo e in largo l’intera umanità presente sul pianeta.
La domanda che corre di bocca in bocca nella città metelliana è “Dove sta frà Gigino ?”.
Alludo al mitico frate francescano che per qualche decennio ha dominato, prima gradualmente e poi totalmente, la parrocchia di San Francesco di Cava de’ Tirreni; un frate cappuccino che è stato sempre sopra le righe di quella che noi riteniamo, forse a torto, la normale etica esistenziale di un religioso, importante o modesto che sia.
E frà Gigino è andato molto spesso sopra le righe contro politici ed intellettuali, ma ha anche (è giusto riconoscere) fatto rinascere un monumento storico cavese come l’imponente Chiesa che altrimenti sarebbe rimasta nel degrado in cui era precipitata a disdoro di tutta la città.
Ma in realtà dove sta il frate cavese, o almeno dove è stato spedito dopo il siluramento e l’allontanamento dalla “sua parrocchia” ?
Non è facile rispondere, le versioni più o meno ufficiali sono tante; un fatto è certo, frà Gigino non è più a Cava. E come spesso accade soltanto adesso la gente comune se ne accorge e vive un imbarazzo non ipotizzabile qualche tempo fa. La ragione è presto spiegata; ai tempi d’oro del cappuccino un buon 30% della cittadinanza lo acclamava, un altro 30% storceva il naso e un buon 40% era indifferente. Ora invece sembra che la maggioranza della cittadinanza metelliana si chiede dove “stà Gigino”, arrivando fino al punto di predisporre la sottoscrizione di una petizione per richiedere il “ritorno” a Cava del frate ribelle.
L’avvocato Alfonso Senatore è stato sicuramente tra i protagonisti dell’invocato ritorno: “Gentile Padre Provinciale il trasferimento di Padre Luigi Petrone è stato per ognuno di noi in qualità di fedeli nonchè seguaci di Padre Luigi, motivo di grandissima amarezza. Infatti in questi anni durante i quali ha svolto l’importante e delicato incarico di Guardiano del Convento (circa 20 anni di storia unica ed irripetibile), Padre Luigi ha saputo rappresentare un punto di riferimento importante per tutti i cittadini cavesi e i fedeli che lo seguono provenienti da ogni centro (zone limitrofe e non)”.
Ma di rivolte frà Gigino ne ha fatte tantissime; non andò d’accordo con nessuno degli ultimi quattro-cinque sindaci, inciampò nelle lacrime del “bambiniello”, scese in guerra contro la famiglia Gravagnuolo per via del suono delle campane, si comportò da assessore quasi sindaco, mise in fila tutti i personaggi (politici e non ) che gli si paravano davanti. All’inizio questo modo di fare, correlato all’avanzare del restauro della Chiesa, gli procurò immensi consensi; poi piano piano il consenso scemò parallelamente alla fine dei lavori ed all’abbassamento dei toni delle feste; alla fine in tantissimi dimenticarono il guerriero vestito da cappuccino.
Sembra che a dargli il colpo di grazie sia stato l’attuale sindaco Vincenzo Servalli, almeno così raccontano le cronache cittadine. Io sinceramente non penso che Servalli abbia avuto la crudeltà di infierire sul frate anche perché lo stesso, tempo fa, si era recato da lui con il capo cosparso di cenere per l’ultimo tentativo di salvezza. Probabilmente Servalli non ha mosso un dito, sicuramente non ha infierito.
In questo Frà Gigino non è stato attento, doveva immaginare che prima o poi la politica si sarebbe vendicata di tutti i suoi affronti; gli altri sindaci si erano azzuffati con lui e avevano perso, Servalli è rimasto in religioso silenzio ed alla fine è riuscito a fare ciò che i suoi predecessori avevano fallito per colpa della loro irruenza.
Se dovessi fare una pesatura dell’opera di Frà Gigino potrei tranquillamente affermare che le cose buone sono state molte di più delle cose meno buone; ma si sa che nella vita le cose meno buone ti fanno cadere, se non proprio precipitare.