SALERNO – Nell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona che tra l’altro è anche policlinico universitario va in scena la solita azione vendicativa e di supremazia baronale contro chi, con sforzo e sacrificio, tenta di elevare la qualità sanitario-assistenziale di uno dei più grandi ospedali del mezzogiorno. Ed è tutto un via via, in questi giorni, di pizzini pro e contro ciò che è accaduto in danno di un giovane medico desideroso di portare la sua esperienza al servizio dell’intera comunità sanitaria.
“Siamo uomini o caporali” gridava Totò in un film del 1955 diretto da Camillo Mastrocinque; l’anatema lanciato dal grande attore sessantatre anni fa per stigmatizzare come può andare a finire quando si è bravi e ci si dispone ad una collaborazione ottimale con una organizzazione già esistente e nella quale si è chiamati ad entrare.
Nella fattispecie che sto per raccontare l’anatema deve essere modificato in “Siamo medici o caporali” per meglio rappresentare la vicenda accaduta all’interno di uno dei reparti più sensibili dell’intera struttura ospedaliera complessa dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, meglio nota come “Ruggi” che è il policlinico universitario dell’intero territorio a sud di Napoli; un reparto (o divisione) incardinato all’interno della più ampia ed omnicomprensiva “Cardiologia” del suddetto policlinico.
Il settore che ci interessa per la descrizione della vicenda è quello della “elettrofisiologia” che in parole molto descientificizzate è “una branca della fisiologia che ha come studio il funzionamento dell’organismo dal punto di vista elettrico, sia in condizioni fisiologiche normali sia sotto l’influsso di un potenziale elettrico esterno”. Facile capire l’altissimo profilo scientifico di ciò che parliamo e verso la cui continua ottimizzazione, anche alla luce delle attività avanzate di un policlinico, la direzione generale del Ruggi cerca di rivolgere la propria attenzione con la possibile acquisizione delle migliori professionalità in un campo così delicato.
Viaggiando in questa direzione in data 16 luglio 2017 la direzione sanitaria del nosocomio, dopo gli opportuni contatti, ha avuto modo di assumere il dr. Amato Santoro che ad appena 34 anni è un vero e proprio profondo conoscitore della materia (per non dire un luminare !!) già noto nell’ambiente scientifico nazionale prima ancora che si apprestasse a completare un ciclo di specializzazione presso la “società europea di aritmologia” (EHRA) che ha certificato, in favore di Santoro (insieme ad altri 70 suoi colleghi negli ultimi quindici anni), la qualifica di “operatore esperto” con oltre 500 procedure elettrofisiologiche (di cui 300 complesse).
Per prendere parte al predetto corso di specializzazione il dr. Santoro, in maniera molto corretta e trasparente, chiede un periodo di “aspettativa senza stipendio” e il giorno 26 settembre 2017 (dopo un mese e mezzo di lavoro al Ruggi) parte per questa sua nuova avventura.
Il corso di specializzazione si chiude in anticipo rispetto all’aspettativa richiesta e l’elettrofisiologo, con tanto di ulteriore specializzazione sotto il braccio, ritorna nella cardiologia del Ruggi per ripresentarsi ai colleghi (dirigenti, medici, infermieri, ecc.) che suo malgrado aveva lasciato qualche mese prima; è la mattina del 23 febbraio 2018 quando il medico, anche non avendo i capelli bianchi vista la giovane età (l’allusione non è puramente casuale !!), si rende conto che, pur nella calorosa accoglienza mostratagli (forse a denti stretti !!) da tutti gli operatori, per lui non c’era più un clima di naturale e benevola accoglienza nel riconoscimento delle sue qualità professionali, tutt’altro.
In pratica più di qualcuno gli avrebbe sibilato, davanti a tutti, che non avrebbe mai più rimesso piede nei gangli organizzativi della struttura complessa che va dalla cardiologia alla cardiochirurgia e che doveva pazientemente aspettare il suo turno di inserimento solo in alcuni e più modesti settori rispetto a quelli nei quali le sue specializzazioni gli avrebbero dato diritto di entrare pur non avendo i capelli bianchi.
Scioccato da simili comportamenti l’elettrofisiologo che fa ? Prende carta e penna e scrive con rammarico una lettera piena di dimissioni, saluta tutti e va via dalla sua città; rattristato per quello che poteva dare e che qualcuno non ha inteso farglielo fare in una struttura che, sebbene all’avanguardia, ha sempre bisogno di forze nuove e capaci.
Indirizza la lettera al Direttore Generale, al Direttore Sanitario, al Capo Dipartimento Cardio Toracico, al dr. A. Gigantino (direttore cardiologia), al responsabile della elettrofisiologia, alla responsabile dell’Utic e in un passaggio scrive testualmente: “Non sono il primo elettrofisiologo a lasciare questa Azienda Ospedaliera perché non lasciato lavorare, né il primo salernitano costretto ad emigrare. Spero vivamente che il Ruggi possa un giorno ambire ad una qualità elettrofisiologica degna della città di Salerno e degli sforzi impiegati dall’attuale politica che tenta di ringiovanire e rilanciare alcuni settori sanitari incancreniti da una classe dirigente spesso legata più al riconoscimento della “fedeltà e del colore dei capelli” che non alla capacità di preparazione dei suoi componenti”. Si conclude così la breve avventura professionale salernitana di uno dei tanti “figli della città” costretti a mordere il freno di fronte ai poteri forti, quasi baronali, che oppongono incredibili resistenze in ogni settore della vita sociale locale, e non solo nella sanità pubblica.
Questa, ovviamente, è la versione fornita per iscritto dal dr. Amato Santoro; aspettiamo fiduciosi una eventuale precisazione da parte dell’ Azienda Ospedaliera Universitaria alla quale, fra qualche tempo, ricorderemo questa specifica richiesta.