Aldo Bianchini
SALERNO – La notizia inerente l’assoluzione dei primi 22 operatori sanitari dell’AOU (Azienda Ospedaliera Universitaria) meglio nota come “ospedale Ruggi” di Salerno non mi coglie di sorpresa e né mi scandalizza.
Il problema della difesa dello stato di diritto di ognuno fa parte del mio dna professionale; la sorpresa invece c’è stata per tutte le testate giornalistiche che avevano, all’epoca dei fatti, processato e condannato i cosiddetti “furbetti del cartellino” individuati, secondo la Procura della Repubblica, in circa ottocento operatori sanitari. Prima fra tutti quell’operatrice sorpresa e filmata sulla spiaggia di Vietri insieme al suo compagno mentre passeggiava mano nella mano; l’operatrice sanitaria è difesa dal penalista avv. Michele Sarno e credo che anche per questo caso non mancheranno a breve le sorprese. Senza trascurare il caso di Carmine De Caro (sindacalista) che è tuttora sotto processo e vede, probabilmente, una luce in fondo al tunnel.
Ma la situazione potrebbe, a breve, alleggerirsi di molto anche per tutti quegli altri che sono ancora sotto la lente di ingrandimento giudiziario; e per chi dovesse essere rinviato a giudizio c’è sempre la possibilità di dimostrare in pubblico dibattimento la propria innocenza.
Non ho mai capito perché dopo la notifica di ottocento avvisi di garanzia da parte della procura con l’inchiesta denominata “just in time”, scattata nel luglio 2013, ci sia stato qualcuno che abbia passato la notizia e gli elenchi alla stampa che su quella notizia si avventò in maniera mostruosa incominciando a ricamare incredibili storielle, tutte inventate, sui “poveri” (si fa per dire) furbetti del cartellino.
Qualche avvisaglia, abbastanza pesante, si era già avuta tempo fa con l’archiviazione delle posizioni di ben 215 dipendenti perché secondo “L’idea del sostituto procuratore Francesco Rotondo, accolta dal gup, è quella di fare una netta distinzione tra i diversi casi, non solo per quanto riguarda il numero di violazioni commesse, ma anche delle diverse tipologie. C’è infatti chi avrebbe timbrato per conto di un collega, essendo presente in ospedale, mentre altri avrebbero ritardato l’ingresso solo di pochi minuti”.
Oggi, invece, il gip Pietro Indinnimeo è portatore di una nuova teoria ancora più legittima e trasparente “che lascerà il segno e traccerà un solco nel quale andranno a collocarsi tutte le altre situazioni analoghe. In pratica, chi timbrava il cartellino -ovvero il badge- al posto di altri colleghi è passibile semmai di procedimento disciplinare per l’anomalia di un uso improprio, scorretto, del marcatempo. Ma questa condotta, sanzionabile sotto il profilo disciplinare, per il giudice non è passibile sotto il profilo penale, perché non integra gli estremi della truffa aggravata”.
Ma il gip non si è fermato alla semplice decisione ed entrando nel merito della scabrosa vicenda ha spiegato nelle tre pagine che accompagnano la decisione: “Non è stato provato che i dipendenti il cui badge era timbrato da altri colleghi non fossero effettivamente al lavoro, in servizio in quel momento e nelle ore successive. Anzi, dai reparti non mancava nessuno, le mansioni sono state svolte e non si sono registrati disservizi o mancanze tali da giustificare l’imputazione del reato di truffa; che censurabile da parte del datore di lavoro rimane solo quell’abitudine odiosa di far timbrare il cartellino da un collega, magari per pigrizia o perché si stanno indossando camici ed abiti da lavoro o perché si sta chiudendo la macchina prima di salire in reparto”.
Ineccepibile la decisione del GIP, questo riconcilia il rapporto con una magistratura che spesso dà prova del contrario massacrando innanzi tempo i semplici indagati prima ancora che diventino imputati e scaraventandoli sulle pagine impietose dei giornali che non guardano avanti, mai, e che si fidano ciecamente sempre e soltanto delle veline in una corsa sfrenata che non dà il tempo materiale per una giusta e sensata riflessione.
Ancora una volta, quindi, la linea aperta alla difesa dello stato di diritto ed a considerare tutti innocenti fino a sentenza passata in giudicato mi ha premiato ancora una volta.
Ora, ovviamente, ci sarà il rigurgito della Procura che si opporrà contro il provvedimento del GIP; ma questo va sull’onda del fatto che “nessuno sa fare un passo indietro” ed aggrava sempre più la già pesante lentezza della giustizia.