Di Giovanni Falci
ROMA – La Corte di Cassazione, I Sezione Penale, ha rigettato il ricorso di Pili Sandro ed ha, quindi dichiarato chiuso il processo per l’omicidio di Pierangela Gareffa.
I fatti risalgono al 30 novembre 2014, allorquando il Pili per motivi banali e per mera prepotenza che aveva da sempre caratterizzato il suo rapporto con la consorte, accoltellò la moglie e poi la lasciò morire dissanguata dopo 10 ore di agonia.
Dopo un tentativo di farla franca prospettando ai carabinieri un incidente domestico (caduta su di un tondino di acciaio) e, dopo aver “convinto” anche il figlioletto di appena 11 anni a confermare il suo alibi, il Pili è stato costretto ad ammettere i fatti.
Il giudizio di I grado si è svolto a Lagonegro dove l’imputato, difeso dall’avv. Rocco Colicino, ha chiesto e ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato. Il GUP, dott. Scorza, dopo aver disposto una perizia psichiatrica sulle condizioni di intendere e volere del Pili, ha condannato l’imputato riconoscendolo semi infermo di mente, sicché dopo l’espiazione della pena, dovrà andare per 3 anni in una casa di cura e custodia.
Nel processo si sono costituiti parti civili le due sorelle di Pierangela e la madre della povera donna; si è anche costituita parte civile l’associazione “Mai Più Lucrezia Onlus”, che tutela le donne vittime di violenza. Ieri in Cassazione tutte le parti civili sono state assistite dall’avv. Giovanni Falci il quale, al termine della discussione, ha detto che “ con la sentenza di ieri è stata inflitta la terza condanna per questo fatto. Dopo la condanna a morte di Pierangela e la condanna all’ergastolo della felicità per il figlio minore, è arrivata l’unica condanna per il colpevole”.
In effetti il figlio della coppia che ha assistito all’epoca a tutto il fatto avvenuto all’interno della piccola casa coniugale, è rimasto da un momento all’altro senza genitori: il padre in carcere e la madre al cimitero.