Aldo Bianchini
SALERNO – Prima di andare avanti con la presente inchiesta giornalistica mi preme mettere a fuoco un particolare di non poca importanza. Per l’arresto di Pasquale Aliberti la Procura ha scelto una linea morbida e non di spettacolarizzazione, difatti non e’ ancora apparsa nessuna foto del momento cruciale. Questa volta gli ordini del pm Vincenzo Montemurro sono stati eseguiti alla lettera e, nonostante le probabilissime pressioni di alcune giornaliste, dagli uffici della Procura non e’ uscito niente. Dunque un punto a favore del PM che ancora una volta ha dimostrato la sua lealta’ nei confronti di un imputato.
Mi corre l’obbligo, ora, di riprendere il discorso della lettera che Padquale Aliberti dovrebbe scrivere dal carcere al pm Vincenzo Montemurro; a meno che in giornata non venga rimesso in liberta’ a dimostrazione che il “caso Sarastra” e’ nella sostanza una battaglia tra Procura – Gip – Riesame – Cassazione e Indagato condotta tutta in punta di diritto. Prova ne e’ l’interpretazione che alla vicenda ha dato il nuovo GIP Giovanna Pacifico cancellando il previsto interrogatorio di garanzia che doveva essere effettuato in carcere previsto per il 25 gennaio, ameno di 24 ore dall’arresto.
In uno dei precedenti articoli mi chiedevo cosa potrebbe scrivere un carcerato eccellente come Aliberti al suo “presunto carnefice” che nella fattispecie e’ configurabile nella giustizia ingiusta.
Innanzitutto dovrebbe scrivere che:
a) è giusto che un pm conduca le indagini come meglio crede per cercare, per scavare la verità negli atti amministrativi e nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia o di avversari politici ma anche di imprenditori che troppo rapidamente sono passati dal ruolo di imputati a quello di persone lese perché vessate;
b) è giusto verificare i riscontri e anche sostenere, per un proprio libero convincimento, che l’ex sindaco Aliberti per una serie di presunzioni debba essere condotto in carcere perché persona pericolosa;
c) non è giusto leggere sui giornali che è stata messa in atto una strategia difensiva con cui arrivare a rendere inutilizzabili le indagini prodotte solo perché non autorizzate dal Gip;
d) Aliberti e i suoi avvocati vogliono solo far emergere la verità;
e) di questa verità fanno parte soprattutto i documenti prodotti dal PM e ritrovati nella conclusione delle indagini, come le dichiarazioni del collaboratore di giustizia o dell’imprenditore vessato.
Ma è giusto ripartire dall’inizio per poter meglio analizzare l’accusa principe, quella di “scambio politico mafioso”, un’accusa che il gip Donatella Mancini aveva riformulata in “corruzione elettorale” di ben altra natura giudiziaria; alla fine e’ passata dopo aspra battaglia l’ipotesi piu’ pesante formulata dalla Procura che ha travolto l’uomo e il politico Aliberti.
L’accusa si fonda essenzialmente sul presumibile e mai dimostrato accordo a tre tra lo stesso Aliberti e due componenti la famiglia Ridosso; uno di questi, giovane laureato e desideroso di distinguere la sua vita da quella del clan malavitoso della sua famiglia, ha addirittura riferito all’altro che ai suoi tentativi di candidatura nelle liste del sindaco gli era stato opposto da parte del sindaco un “muro di pregiudizio” tra le sue aspirazioni e le difese legittime dell’ex sindaco anche a costo di spezzare sul nascere le altrettanto legittime aspirazioni di cambiare vita di un giovane laureato.
Su questi fatti e su tanti altri si è letto di tutto e di più; si è difeso Aliberti, con passione ed anche con rabbia, ma non ha mai attaccato la magistratura che ha sempre sostanzialmente rispettato per le decisioni e per le modalità con cui sono state condotte le indagini; e nell’esercizio legittimo del diritto di difesa ha sicuramente tentato ogni strategia possibile ma lo ha fatto con dignità e civiltà nel rispetto delle regole del diritto, senza sentirsi mai come un Gesù Cristo in croce, piuttosto un uomo, un padre che soffre perché dopo oltre due anni non può ancora dimostrare la propria innocenza. Un uomo distrutto che spera di confrontarsi presto avendo la possibilità di far valere attraverso i suoi avvocati le prove a discarico sapendo di trovarsi davanti ad un magistrato preparato capace, nel processo, di avere o di farsi un’idea chiara e complessiva di fatti sui quali troppo spesso la fantasia di alcuni critici e giornalisti ha prevalso sulla realtà delle cose accadute e documentate.
Ma come potrebbe concludersi la lettera mai scritta di Aliberti ?
“”Le ho scritto dottore Montemurro questa lettera pubblica per chiarire la mia posizione nei confronti della magistratura ma anche la mia distanza da chi parla, critica, prova ad attaccare o a difendere la mia persona su vicende che sarebbe stato più giusto chiarire nelle aule di tribunale e che invece in molti, hanno deciso di spettacolarizzare. Non è mai stata questa la mia idea e se in qualche circostanza mi sono difeso pubblicamente è accaduto per la passione e la grande dignità che mi porto dentro nel rispetto di chi in questi anni mi ha sostenuto e soprattutto dei miei figli””.
Dalla mattina del 24 gennaio scorso l’ex sindaco Aliberti e’ in cella a Fuorni dove sta vivendo un dramma umano e personale senza fine, lontano dai suoi affetti piu’ cari e soprattutto dai suoi due adorati figli. Auguro ad Aliberti di rimanere il meno possibile in quella nuda e fredda cella e che presto possa essere riabilitato e restituito alla sua vita familiare e professionale.