Aldo Bianchini
SALERNO – Domenica scorsa, 3 dicembre, ho assistito all’ennesima difesa a tutto campo di Gianfranco Fini da parte dell’avvocato penalista Michele Sarno (presidente della Camera Penale di Salerno) nell’ambito della trasmissione televisiva “Non è l’arena” di Massimo Giletti sulle frequenze di La/7.
Personalmente non mi piace il sistema di condurre dette trasmissioni monodirette e sono da sempre convinto che non è questo il modo di raccontare e commentare i “casi giudiziari” che da tempo hanno conquistato la “prima pagina” dei grandi network del Paese con grande successo. Così si fa soltanto giustizialismo di pessimo gusto facendo allontanare decisamente la giustizia; cose queste che dovrebbero essere fatte e consumate soltanto nelle aule dei tribunali e non dai palcoscenici televisivi di trasmissioni più o meno seguite da milioni di telespettatori.
Domenica 3 dicembre sulla pista di “Non è l’arena” c’erano, difatti, soltanto accusatori; alcuni dei quali anche irridenti e irriverenti verso un personaggio, Gianfranco Fini, ormai in caduta libera e sepolto sotto il cumulo di macerie delle sue responsabilità e delle sue bugie. L’unico difensore era l’avvocato salernitano Michele Sarno, antico amico di Fini, che da sempre cerca di tutelare l’immagine del suo assistito nelle sedi giudiziarie più opportune.
Gli ospiti presenti in trasmissione, quelli collegati in diretta e quelli intervistati, impegnati tutti in un’accusa a tutto campo contro l’assente Fini (ex simbolo della destra italiana), e tutti impegnati affannosamente nel contrastare la difesa di Sarno anche utilizzando tecniche giornalistiche indiscutibilmente offensive e lesive del prestigio di un avvocato penalista di grido, qual è Michele Sarno.
Io sono convinto che Gianfranco Fini sia colpevole e che “non poteva non sapere”; ma sono anche convinto che tutti quelli in studio utilizzano lo strumento del “non poteva non sapere” sol,tanto contro personaggi del centro destra e mai contro quelli di sinistra. Ma è la politica, prendere o lasciare.
Purtroppo da qualche anno a questa parte si è attivata una sorta di spirale senza via di uscita che travolge in un’orgia di giustizialismo televisivo persone e fatti e che, quasi sempre, non corrisponde poi a quanto avviene nelle deputate aule dei vari tribunali territoriali. Capisco che il “filone giudiziario”, tra giallo e giustizialismo, ha ormai pervaso e sottomesso tutti i canali televisivi nazionali ma non capisco perché non viene messo in piedi una specie di filtro che garantisca gli indagati e salvaguardi lo stato di diritto di tutti; mandare in onda, ad esempio, un filmato che riprende l’attuale moglie di Fini mentre si bacia e fa la gattina con l’ex Gaucci mi sembra davvero di pessimo gusto.
Va anche detto, per correttezza, che Michele Sarno è uscito dallo scontro quasi ingigantito quando in chiusura di trasmissione ha costretto il conduttore Massimo Giletti ad ammettere che la “tesi difensiva” poteva anche apparire come genuina e realistica. Addirittura l’avvocato Sarno è stato anche “sobriamente signore” quando Brindani (direttore del settimanale “Oggi”) aveva adombrato l’ipotesi che a difendere la signora Fini nella causa persa contro il suo settimanale (per una foto del battesimo del figlio che non doveva essere pubblicata) fosse stato lo stesso Sarno; il nostro Michele se l’è cavata alla grande con il classico “Direttore si aggiorni prima di venire in trasmissione”.
Ma non sarei me stesso se non esprimessi fino in fondo il mio pensiero. Mi chiedo, difatti, perché gli avvocati difensori presenziano in massa (salvo casi rarissimi) le tribune-tribunali televisivi con il rischio di aggravare dal punto di vista dell’immagine la posizione dei loro assistiti.
Mi meraviglio che non tengono conto del fatto che la televisione è essenzialmente immagine in grado di far passare nell’immaginario collettivo immagini distorte dei personaggi presi di mira; questo è il potere della tv che fortunatamente è ben lontano da quello ufficiale esercitato nei tribunali con decisioni che quasi sempre differiscono dalle immagini che la televisione produce e diffonde. Questo gli avvocati difensori dovrebbero saperlo benissimo e, nella fattispecie, dovrebbe saperlo benissimo anche l’avvocato Michele Sarno. Capisco che le apparizioni televisive piacciono a tutti perché molto produttive ma mi sembra davvero troppo sacrificarsi nelle arene nel segno di qualche attimo in più di pubblicità. Anche perché in quelle arene non si discute su fatti concreti ma solo su supposizioni in grado di sollecitare l’attenzione dei telespettatori in barba alla verità ufficiale che rimane sempre e soltanto quella giudiziaria.