La redazione
ROMA – “La Messa è preghiera” così inizia l’udienza generale del 15 novembre 2017 di Papa Francesco, è la preghiera per eccellenza afferma il pontefice, è la più alta, la più sublime, e nello stesso tempo la più “concreta”. Infatti è l’incontro d’amore con Dio mediante la sua Parola e il Corpo e Sangue di Gesù.
Ma cosa è veramente la preghiera? Anzitutto è dialogo, relazione personale con Dio. E l’uomo è stato creato come essere in relazione personale con Dio che trova la sua piena realizzazione solamente nell’incontro con il suo Creatore. Il Libro della Genesi afferma che l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, il quale è Padre e Figlio e Spirito Santo, una relazione perfetta di amore che è unità. Da ciò possiamo comprendere che noi tutti siamo stati creati per entrare in una relazione perfetta di amore, in un continuo donarci e riceverci per poter trovare così la pienezza del nostro essere.
Quando Mosè, di fronte al roveto ardente, riceve la chiamata di Dio, gli chiede qual è il suo nome. E cosa risponde Dio? : «Io sono colui che sono». Questa espressione esprime presenza e favore e Dio continua: «Il Signore, il Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe». Così anche Cristo chiama i suoi discepoli affinché stiano con Lui. Questa dunque è la grazia più grande: poter sperimentare che la Messa, l’Eucaristia è il momento privilegiato per stare con Gesù, e, attraverso di Lui, con Dio e con i fratelli.
Pregare, come ogni vero dialogo, è anche saper rimanere in silenzio insieme a Gesù. La messa è il momento del silenzio per prepararci al dialogo. È il momento di raccogliersi nel cuore per prepararsi all’incontro con Gesù. E dal misterioso silenzio di Dio scaturisce la sua Parola che risuona nel nostro cuore. Gesù stesso ci insegna come realmente è possibile “stare” con il Padre e ce lo dimostra con la sua preghiera. Gesù che si ritirava in luoghi appartati a pregare e i discepoli sentono il desiderio di potervi partecipare chiedendo: «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1). Abbiamo sentito nella Lettura prima, all’inizio dell’udienza. Gesù risponde che la prima cosa necessaria per pregare è saper dire “Padre”. Dobbiamo imparare a dire “Padre”, cioè mettersi alla sua presenza con confidenza filiale. Ma per poter imparare, bisogna riconoscere umilmente che abbiamo bisogno di essere istruiti, e dire con semplicità: Signore, insegnami a pregare.
Questo è il primo punto per entrare nel Regno dei Cieli: essere umili, riconoscersi figli, riposare nel Padre, fidarsi di Lui. Questo è il primo atteggiamento: fiducia e confidenza, come il bambino verso i genitori; sapere che Dio si ricorda di te, si prende cura di te, di te, di me, di tutti. La seconda predisposizione per entrare in Paradiso è lasciarsi sorprendere come il bambino fa sempre mille domande perché desidera scoprire il mondo; e si meraviglia persino di cose piccole perché tutto è nuovo per lui. Nella nostra relazione con il Signore, nella preghiera ci lasciamo meravigliare? Ci lasciamo sorprendere da Dio che è sempre il Dio delle sorprese? Perché l’incontro con il Signore è sempre un incontro vivo, non è un incontro di museo. È un incontro vivo e noi andiamo alla Messa non a un museo. Andiamo ad un incontro vivo con il Signore.
Nel Vangelo si parla di un certo Nicodemo, un uomo anziano che va da Gesù per conoscerlo; e il Signore gli parla della necessità di “rinascere dall’alto”. Ma che cosa significa? Si può “rinascere”? Tornare ad avere il gusto, la gioia, la meraviglia della vita, è possibile, anche davanti a tante tragedie? Questo è il desiderio di ogni vero credente: il desiderio di rinascere e la gioia di ricominciare. Noi abbiamo questo desiderio di rinascere per incontrare il Signore? Infatti si può perderlo facilmente perché, a causa di tante attività, di tanti progetti da mettere in atto, alla fine ci rimane poco tempo e perdiamo di vista quello che è fondamentale: l’incontro con il Signore nella preghiera.
In verità, il Signore ci sorprende mostrandoci che Egli ci ama anche nelle nostre debolezze. «Gesù Cristo è la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo». Questo dono, fonte di vera consolazione è un dono che ci è dato attraverso l’Eucaristia. Posso dire che quando faccio la comunione nella Messa, il Signore incontra la mia fragilità? Sì! Possiamo dirlo perché questo è vero! Il Signore incontra la nostra fragilità per riportarci alla nostra prima chiamata: quella di essere a immagine e somiglianza di Dio.
direttore: Aldo Bianchini