Aldo Bianchini
SALERNO – Diversi anni fa un magistrato di vaglia nel corso di un colloquio informale sull’essenza della verità mi spiegò “magistralmente” che le verità sono almeno tre: verità giudiziaria, verità di parte e verità vera. E parlando della verità giudiziaria mi disse che anche quella era difficilmente raggiungibile in quanto ogni sentenza si esponeva, e si espone, a diversissimi modi di lettura. Figurarsi, quindi, quanto è difficile voler parlare o scrivere del più ingiusto processo della storia, quello a Gesù Cristo, celebrato in maniera anomala e fuori da ogni regola per poter condannare a morte un innocente soltanto perché assumeva di essere il figlio di Dio.
Ci ha provato il presidente del Tribunale di Lagonegro, dott. Matteo Claudio Zarrella, con l’opera letteraria denominata “Quid est veritas ?”, cosa è la verità ?, (editrice Gaia), nel tentativo di spiegare le distorsioni di quel processo che portò alla condanna a morte di Gesù. Il libro di Zarrella viene da lontano ed è destinato, anche nella sua versione teatrale, ad arrivare lontano; l’autore, grande esperto e studioso di cose giudiziarie, e non soltanto perché magistrato di lungo corso, ci porta quasi per mano sui sentieri di un percorso ricostruttivo di quel grande processo per mettere in evidenza tutte le sue storture sulla base di documenti e riferimenti inoppugnabili. Il magistrato illustra le motivazioni, le tensioni, le emozioni ed anche le violenze che quel processo, come ogni processo, porta con se e ci fa intendere che da quel processo di duemila anni fa sono scaturiti tutti i passaggi processuali che la nuova filosofia giudiziaria fa passare sotto il nome di “procedure processuali” che spesso fa allontanare il giudice dalla sua terzietà rispetto all’accusa ed alla difesa. Il messaggio che Gesù intese mandare all’umanità con il suo sacrificio non è valso proprio a niente, anzi se possibile ha distorto ancora di più l’applicazione pratica della giustizia che già di per se è abbastanza complicata. E neppure le incertezze ed il dramma umano vissuto da Ponzio Pilato sono valsi a qualcosa per migliorare la giustizia; se Pilato fu vittima della sua sete di potere che lo indusse a miscelare la giustizia con la politica, oggi è ancora peggio. Oggi è sempre più frequente la tracimazione dalla giustizia commutativa (propria della magistratura) in quella distributiva (propria della politica) nell’affannosa rincorsa del potere per il potere. Le ragioni sono diverse e gli osservatori viaggiano, come spesso accade, su diverse correnti di pensiero; quella più accreditata addebita alla politica la responsabilità dell’invasione di campo da parte della magistratura, un’invasione che comincia anche a sfuggire alla stessa “sinistra politica” che aveva tanto investito negli anni ’60 e ‘70 sulla formazione dei magistrati d’assalto che hanno poi determinato, in pratica, la tracimazione sopra descritta.
Il lavoro presentato dal dott. Zarrella non è un semplice libro sulla crocifissione di Cristo, piuttosto è un capolavoro sul mondo della giustizia. Con tratto elegante e professionale, senza mai tracimare dal suo essere profondamente magistrato e nel massimo rispetto deontologico della categoria cui appartiene, il presidente Zarrella mentre racconta e snocciola il “processo a Cristo” non fa altro, a mio opinabile avviso, che mettere a nudo tutti i mali della giustizia di oggi che hanno scavato un solco profondo ed ormai insanabile tra la magistratura e l’opinione pubblica; si, proprio quel solco che tangentopoli aveva cercato di seppellire sotto l’azione travolgente del “pool mani pulite” che presto, però si appalesò come la vera grande battaglia del novecento tra i vari poteri dello Stato per la conquista del potere, ben al di là della giustizia garantista, indipendente, autonoma e terza. Quello di tangentopoli fu un momento importante e significativo, quasi come il grande processo alla storia di Cristo, che per colpa dell’arroganza dei suoi artefici (magistrati, politici, imprenditori, sacerdoti) in entrambi i casi non è riuscito a penetrare nell’immaginario collettivo per far apparire democratico e giusto quello che non era né democratico e né giusto.
Ma è necessario ritornare all’opera del dott. Matteo Claudio Zarella per non correre il rischio di sfociare nella frenesia filosofica di raccontare un punto di vista molto personale (il mio !!) del “problema giustizia”, perché lo si voglia riconoscere o meno c’è un grave problema di giustizia in questo Paese che, invece, è stato la culla del diritto; un diritto che viene calpestato un giorno sì e l’altro pure. In tutta sincerità ammetto che quando sento gli indagati (soprattutto i politici) dire “ho fiducia nella magistratura” se proprio non rido almeno sorrido; io non ho fiducia nell’azione autonoma e indipendente, ancorchè obbligatoria, della magistratura o, per meglio dire, di parte di essa. Ma con altrettanta sincerità devo ammettere che sabato sera 30 settembre 2017 quando è finita la cerimonia di presentazione del libro (nel palazzo Corrado “Monna Lisa Museum” di Lagonegro) sono uscito dalla sala multimediale con l’animo più sereno perché ho capito, grazie alle parole pacate e riflessive del presidente Zarrella, che c’è un grosso pezzo della magistratura che si interroga e cerca di spiegare i propri errori, le proprie incertezze, le proprie pressioni ed anche le proprie violenze. Ma la ciliegina sulla torta ce l’ha messa il dott. Claudio G. Scorza (presidente della sezione penale del tribunale di Lagonegro) che con una lucidissima analisi e con una forbitissima dialettica ha sì difeso a spada tratta il mondo della magistratura cui appartiene ma ha altresì evidenziato tutto quello che potrebbe essere migliorato per garantire una giustizia giusta, cioè indipendente ed autonoma dal potere politico e senza l’ansia di conquista del potere. Ecco se dovessi essere giudicato da un magistrato preferirei che fosse il dott. Scorza il quale, pur se verosimilmente inflessibile, si muove nell’ambito di una lealtà processuale che fino ad ora non avevo ancora incontrato.
Per chiudere mi sembra anche giusto plaudire all’ottima organizzazione dell’evento che ha registrato i saluti degli avvocati Giuseppe Sabella (assessore al Comune di Lagonegro) e Gherardo Cappelli (presidente Consiglio Ordine Forense di Lagonegro) e di S.E. Mons. Vincenzo Orofino (Vescovo di Tursi Lagonegro); il parroco di Lagonegro, don cesare Lauria, ha invece portato il suo personale contributo con un intervento molto seguito. Infine diversi brani del libro sono stati teatralmente interpretati da Antonio Mango e dagli attori Arcangelo Zarrella, Eva Immediato e Ulderico Pesce. Ha condotto la serata con grande maestria l’avv. Pietro Infantino.
Sullo sfondo, ovviamente, rimane lapidaria la domanda “Quid est veritas ?”.
direttore: Aldo Bianchini