SIMONETTA: Pignataro e la giornata dei killer

Aldo Bianchini
SALERNO – Quella del 29 maggio 1982 è passata alla storia della criminalità organizzata salernitana come la “giornata dei killer”. Con una ferocia senza precedenti (almeno fino a quel momento) alcuni criminali nei pressi dell’attuale trincerone di Cava de’ Tirreni presero d’assalto l’autovettura sulla quale viaggiava il magistrato Alfonso Lamberti con la figlioletta Simonetta e fecero fuoco senza pietà. L’obiettivo era chiaramente il magistrato inquirente per via di alcune inchieste sulla NCO (Nuova Camorra Organizzata) dell’agro nocerino-sarnese ma a cadere sotto i colpi delle mitragliette fu la piccola Simonetta, un fiore di bambina che cominciava ad affacciarsi alla vita. Era stata al mare con il suo papà e ritornava verso la residenza metelliana del magistrato nelle prime ore di quel tragico pomeriggio di ben 35 anni fa.
Per decenni sulla vicenda calò il sipario del silenzio da parte della camorra, i processi si susseguirono ai processi ma dei killer e dei mandanti niente di niente. Fino a qualche anno fa quando nel 2013 il più freddo killer della camorra Antonio Pignataro, sulla soglia dei 60 anni, decise di dire la sua verità e di confessare per la prima volta di aver capeggiato quel gruppo di fuoco e di aver sparato sull’auto del giudice; una confessione tardiva, forse inquinata ed inquinante, dettata da altre ragioni processuali; comunque una confessione che gli è valsa la libertà condizionata, una libertà che gli è servita per tentare di riorganizzare le fila della delinquenza organizzata dell’agro. Del resto lo stesso capo della Procura salernitana ha liberamente dichiarato in questi giorni che “”Le indagini su questa nuova organizzazione nascono da una improvvida custodia ai domiciliari dopo la collaborazione. La scarcerazione dell’ex boss avvenne il 19 giugno 2014 per ragioni di salute. La diagnosi medica parlò di quadro clinico complesso e necessità di trattamenti specialistici con possibili effetti collaterali di difficile gestione in ambiente carcerario””.
E’ la stretta attualità che questa volta mi ha imposto di ritornare sulla vicenda dolorosa di Simonetta Lamberti (alla quale la comunità metelliana ha intitolato lo stadio sportivo); difatti il nome di Antonio Pignataro è ritornato proprio in questi giorni prepotentemente alla ribalta per via di alcuni intercettazioni telefoniche sulla utenze del boss che la Procura Antimafia aveva disposto dopo l’aggressione, con pestaggio, subita dal figlio 24enne Alessandro ad opera di un esponente extracomunitario di una famiglia rivale.
Ecco cosa avrebbe detto il boss (fonte Il Mattino del 24 agosto): “”Passa da Pasquale – dice Pignataro – scendi con la pistola giù! Perché se vengo io ti faccio vedere, io nel novanta quanto ero… hanno ucciso un mio amico, no? Io andai sopra alla tomba di questo dissi io li uccido a tutti quanti, stiamo parlando di un mio amico… dei figli miei, io li macino hai capito? Mo chiunque affianco a questi io li macino o sennò mi devono uccidere… lo sotterro””. E poi rivolto al figlio con tono da navigato camorrista grida “”Quelli ti hanno infumato … si fanno forti per il cognome che tieni … ne scemo che sei … la gente finora non ti ha atterrato perché sei ancora Pignataro, devi ringraziare a tuo padre… che figura mi fai fare””.
Come dire, quando il mostro non cambia pelle, mai, neppure dopo oltre 35 anni dalla storica “giornata dei killer” attraverso la quale il “buon Antonio” incominciò a prendere nelle sue mani, lorde di sangue, le redini di una organizzazione criminale (NCO) che grazie a Carmine Alfieri e Pasquale Galasso aveva esteso i suoi confini ben oltre quelli tracciati dalla violenza del capostipite Raffaele Cutolo.
Eppure la giustizia di questo Paese cade sempre nella trappola, ormai palesemente scoperta, delle finte collaborazioni di giustizia finalizzate all’ottenimento di tutti i benefici di legge: libera Pignataro per le sue presunte verità su Simonetta e gli consente indirettamente di riorganizzare il suo clan. Ennesima dimostrazione, questa, del fatto che le indagini preliminari sono scadute al rango di vere e proprie delazioni senza il minimo di investigazione tradizionale.
Spetterà, ora, all’attenta DDA di Salerno il compito di smantellare, una volta per tutte, l’ennesimo tentativo di alta criminalità messo in atto con lucida e spietata fermezza dal boss Pignataro che fu il vero protagonista dell’assassinio della piccola Simonetta Lamberti.

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