Piani individuali di risparmio a lungo termine: opportunità e rischi

di Gabriele Cavallaro
SALERNO – Come ho avuto modo di evidenziare in altre circostanze, alla ricchezza finanziaria degli italiani di circa 4000 Mld di Euro , spesso investita in modo poco efficiente per carenza di educazione e consulenza finanziaria, fa da contrappunto una sottocapitalizzazione delle imprese italiane.
Da studi effettuati le imprese italiane sono sottocapitalizzate per circa 250 Mld rispetto alla media europea.
Scarsa capitalizzazione significa non solo non avere risorse per investire direttamente ma anche detenere un peggiore merito di credito da parte delle aziende che trovano difficoltà ad accedere al credito bancario in base a parametri sempre più stringenti prescritti dalle autorità di vigilanza per evitare la crescita delle sofferenze bancarie.
Sofferenze bancarie hanno richiesto per evitare un crisi di sistema l’intervento dello Stato per Monte Paschi e per le banche venete.
Due distinti interventi (ricapitalizzazione precauzionale per Mps e liquidazione coatta amministrativa per le banche venete) entrambi adottati per evitare di applicare la normativa del Bail In, in vigore dal 1 gennaio 2016, che avrebbe colpito non solo gli azionisti e i sottoscrittori di obbligazioni subordinate ma anche le obbligazioni senior e depositanti e correntisti per importi detenuti superiori ai 100000 Euro.
I dati relativi all’erogazione del credito da parte del sistema bancario italiano dimostrano che le banche erogano ancora oggi 90 mld di credito in meno rispetto al 2008 che rappresenta l’anno in cui il mondo è stato investito dai venti crisi dei mutui sub prime provenienti dagli Usa.
Un modo alternativo da parte delle imprese per cercare capitali da investire nei loro progetti è quello di chiedere risorse direttamente ai risparmiatori quotandosi in borsa o emettendo obbligazioni, i cosiddetti mini bond
In tal modo sia gli investitori privati che gli investitori istituzionali (fondi comuni e fondi pensioni) possono sottoscrivere le azioni e le obbligazioni delle piccole e medie imprese finanziando i loro progetti di sviluppo con un canale alternativo al credito bancario.
Una sinergia tra risparmio e impresa che la legge di stabilità 2017 ha cercato di attivare istituendo una nuova forma di investimento denominata Pir (Piano di risparmio individuale a lungo termine).
La nuova normativa ha lo scopo, quindi, di attivare finanziamenti alternativi al canale bancario per le piccole e medie imprese italiani incentivando i risparmiatori italiani ad investire nel medio lungo termine attraverso la totale esenzione delle imposte sui guadagni finanziari per chi detiene l’investimento per un minimo di 5 anni dalla data di sottoscrizione.
Un risparmio non da poco visto che l’attuale tassazione impatta per il 26% per i guadagni su azioni e obbligazioni emesse da aziende private e per il 12, 5% su guadagni derivanti da titoli di stato e buoni postali.
Il nuovo strumento finanziario sta riscuotendo un buon successo tra i risparmiatori italiani che anche su sollecitazione degli intermediari finanziari ne hanno sottoscritto 5 mld( dati del sole 24 ore di sabato 12 agosto 2017.)
D’altra parte per chi segue l’andamento degli indici borsistici italiani si nota che l’indice delle mid cap ha sovraperformato l’indice ftse mib
In cinque anni il governo stimava che lo strumento istituito potesse raccogliere dai 16 ai 18 mld . Se si continua con questo ritmo ( in sette mesi 5 Mld) l’obiettivo potrebbe essere realizzato in molto meno tempo.
Per i risparmiatori i Pir sono certamente un’opportunità ma comportano anche rischi che vanno valutati con attenzione prima di decidere quanta parte del loro patrimonio finanziario investire.
I rischi sono collegati alla circostanza che le piccole e medie imprese quotate sui mercati sono ancora poche ed il flusso improvviso e consistente di danaro attivato dai Pir potrebbe ,qualora altre aziende non si quotano, creare nel tempo una bolla.
Occorre però tener conto che dei 5 mld raccolti fino ad oggi solo 800 mln sono stati utilizzati per comprare azioni e obbligazioni delle piccole e medie aziende quotate in quanto la normativa prevede che i parametri da rispettare per ottenere le agevolazioni sono i seguenti: il 70 % dell’importo del Pir deve essere investito il azioni e obbligazioni emesse da aziende europee mentre almeno il 21% di questo 70 deve essere obbligatoriamente investito in azioni e obbligazioni di piccole e medie aziende italiane quotate ad esclusione di quelle quotate sull’indice principale.

Altro nodo da sciogliere per chi vuole cogliere l’opportunità dei Pir è quello di decidere se comprare direttamente i titoli azionari o obbligazionari delle piccole e medie imprese( il cosidetto fai da te) o affidarsi ai gestori di fondi comuni specializzati che hanno costruito apposite soluzioni di investimento nel rispetto delle caratteristiche previste dalla legge per ottenere le agevolazioni.
Essendo un mercato che presuppone per essere affrontato con successo di una competenza professionale elevata, che il singolo risparmiatore in genere non ha, e anche per evitare l’eccessiva concentrazione su pochi titoli, è consigliabile sottoscrivere fondi comuni di investimento per diversificare e ridurre i rischi di concentrazione fruendo nel contempo della professionalità del gestore.
In conclusione per cogliere l’opportunità dei Pir occorre decidere in base ai propri bisogni finanziari di medio lungo termine, al proprio profilo di rischio individuale( da accertare insieme al consulente bancario e finanziario rispondendo all’apposito questionario in conformità alla direttiva mifid sulla trasparenza dei mercati) ed al proprio orizzonte temporale ,che non può essere inferiore a 5 anni, quanto investire in percentuale sull’intero patrimonio detenuto.
Attualmente molte società di gestione di fondi comuni hanno lanciato sul mercato i Pir .
Prima di sottoscriverli sarebbe opportuno anche verificare i costi di collocamento e i costi di gestione annua che devono essere dichiarati preventivamente dal collocatore con la scheda KIID ( informazioni chiave per gli investitori ) dove è anche indicato il grado di rischio del fondo ( scala da 1 a 7 dove 1 è il rischio inferiore e 7 quello maggiore).
I costi, non scordiamocelo, incidono sui rendimenti finali.

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