SALERNO – Ormai il caso è esploso in tutta la sua gravità. Questo giornale, per primo, ha evidenziato quanto sta accadendo nel complesso della Curia denominato “Villaggio San Giuseppe” voluto nell’immediato secondo dopoguerra dall’arcivescovo mons. Demetrio Moscato. Con una serie di articoli, da marzo fino ad agosto 2017, abbiamo più volte richiamato l’attenzione sia della Curia che degli Organi competenti al fin e di mettere un freno alla vicenda che, per certi aspetti, sta assumendo contorni inquietanti ed, in qualche caso, boccacceschi; ma in tutti questi mesi non è accaduto nulla, quasi come un muro di gomma avesse respinto al mittente la brutta vicenda raccontata.
Ieri mattina il quotidiano “le Cronache” ha sparato un titolo a tutta prima pagina “La Curia svende i beni” centrando in pieno l’argomento con una titolazione ad effetto, che qualcuno può giudicare troppo giornalistica, ma che ricalca esattamente quello che è stato tentato e che sta per essere rimodellato e riproposto per la “gestione dell’intero complesso” nato con la missione della solidarietà verso i meno abbienti e per facilitare la lotta all’analfabetismo che dopo la guerra ancora riguardava gran parte della popolazione salernitana. Il complesso (albergo, scuola, piscine, spiaggia, ecc.) è situato sul lungomare “Salvador Allende” ed è stato oggetto, in un recente passato, di una mostruosa in chiesta giudiziaria che ha portato all’azzeramento dei vertici della Curia salernitana, a cominciare dall’arcivescovo mons. Gerardo Pierro e dal suo fidatissimo segretario don Comincio Lanzara, costretti entrambi a fare un passo indietro nella gerarchia della chiesa nostrana per fare spazio al nuovo arrivato, Mons. Luigi Moretti, che senza batter ciglio ha smantellato tutta l’organizzazione precedente silurando tutti quelli che erano rimasti, più o meno, fedeli all’arcivescovo emerito, ma certamente non dato alla Curia quel nuovo smalto che tutti si attendevano da un alto prelato venuto da lontano per risanare le finanze della chiesa.
Nel precedente articolo dello scorso 16 marzo 2017 avevo scritto di una “festa” presumibilmente organizzata (nel dicembre 2016) dalla cordata che più dell’altra era accreditata per la conquista della gestione totale del complesso ed avevo anche precisato che, forse, nel corso di quella festa una giovane ed avvenente signora si era esibita a seno nudo in una sorta di lap-dance. Erano soltanto delle voci che a me sembrarono subito poco credibili; si sarebbe trattato di un fatto gravissimo proprio perché avvenuto in un luogo da ricondurre al culto dei fedeli e non certamente ai baccanali di Tiberio. Come d’obbligo utilizzai il condizionale così come faccio anche oggi sulle nuove voci che circolano fuori della struttura religiosa; sembrerebbe che qualcuno, ovviamente all’oscuro della Curia e dei suoi responsabili, abbia fittato o stia ancora fittando “camere ad ore” tra quelle ricavate nella ristrutturazione dell’Angellara Home. Sono voci, ripeto, che la Curia e personalmente l’Arcivescovo farebbe bene a controllare e possibilmente a smantellare smentendo il tutto anche pubblicamente.
Ma questo attiene un problema diverso da quello affacciato ieri da “le Cronache” e che noi, da questo giornale, avevamo riproposto a più ripresa. E’ bene, quindi, mettere un po’ di ordine nella vicenda che nasce dall’esigenza della Curia di mettere a regime e, quindi, a frutto una struttura polifunzionale che altrimenti rischierebbe di implodere su se stessa a causa dell’abbandono in cui attualmente versa.
Due le cordate in campo; la prima facente capo al Consorzio Solidarietà Salernitano (società cooperativa sociale) e la seconda facente capo ad una società, per il momento anonima perché mai iscritta alla CCIAA di Salerno; entrambe il lizza con offerte diversificate. Il Consorzio aveva presentato l’offerta significativamente più vantaggiosa (ben descritta sul quotidiano “le Cronache”) ma la Commissione di Valutazione composta da tre incaricati direttamente dall’arcivescovo (don Nello Senatore, l’avv. Rizzo e il dott. Esposito) preferì l’offerta meno vantaggiosa e molto più incerta; una decisione insolita ma rispettabile se è giusto dare alla Commissione (visto che esiste !!) la sua autonomia decisionale.
Però i dubbi restano perché l’altra concorrente (il Consorzio !!) in una lettera molto dura chiedeva conto e ragione direttamente all’arcivescovo lamentando il fatto che “la ditta prescelta sarebbe stata individuata e presentata da …… componente della commissione di valutazione”.
Un bel guazzabuglio del quale vi daremo ulteriori elementi di giudizio nel prossimo articolo; per il momento l’Arcivescovo ponesse subito mano alla vicenda delle “camere ad ore” per cercare di stoppare quello che è un luogo comune nell’immaginario collettivo della gente.