Aldo Bianchini
MONTE San GIACOMO (SA) – Per fare la storia non è necessario essere al centro di New York, di Londra, di Parigi o di qualsiasi altra località rinomata a livello mondiale; per fare la storia basta saperla fare. E per farla è sufficiente anche trovarsi a Monte San Giacomo (un paesino del Vallo di Diano in provincia di Salerno); il problema è uno soltanto: saper centrare e perseguire l’obiettivo giusto, in termini di vita associativa così come di vita imprenditoriale e commerciale, senza trascurare quella politica e gestionale della cosa pubblica.
Un giovane imprenditore sangiacomese, Pietro Lovito, con grande spirito innovativo (coniugato ad enormi sacrifici) sta continuando e stratificando “la storia” del suo PUB, che prima si chiamava più semplicemente “cafè Navatta”, sito nel pieno del centro storico di Monte San Giacomo, a due passi dall’altrettanto storico “palazzo Marone”.
“PUB McLogan”, un nome che è tutto un programma; così da qualche anno il giovane Pietro ha inteso titolare la parte più appariscente della sua attività imprenditoriale-commerciale, senza trascurare la parte storico-rievocativa di un’attività nata incredibilmente nel 1907, ben centodieci anni fa, dalla fervida mente del capostipite Cono Navatta che aprì “Cafè Navatta”; stessa location da sempre, fin da quel lontano 1907 quando sulla spinta decisiva del suo amico James McLogan (un americano che giunto casualmente a Monte San Giacomo per soggiornare nel periodo estivo ci rimase per molti anni della sua vita) il giovane Cono decise di lanciare la sua sfida in un contesto socio-economico poco rassicurante per uno che voleva fare impresa e guadagnare da vivere. Ma Cono, rientrato dagli USA dove era rimasto qualche anno appena, spinto dal suo amico non esitò ad impegnare (forse contro il parere di tutti i suoi familiari) quei pochi risparmi guadagnati col sudore della fronte. Poi i clamori e i rumori della guerra lo costrinsero ad abbracciare le armi ed a sospendere la sua attività imprenditoriale; fu premiato nell’immediato primo dopoguerra con la concessione speciale della “rivendita tabacchi n. 1” dell’intero comprensorio valdianese. Erano passati appena dieci anni dall’apertura che già si incominciavano ad intravedere i primi corposi frutti di tanti sacrifici. L’amico James, così come era arrivato, andò via per sempre e Cono rimase solo (senza figli) con la moglie Antonia; insieme decisero di rititolare il nome del locale in “Cafè Oslavia” a perenne ricordo dell’ultima campagna di guerra condotta da Cono in quelle slave terre straniere, campagna dalla quale era per miracolo uscito vivo anche se ferito alla coscia ed all’avambraccio sinistri. Gli anni passavano ed incominciò ad affacciarsi il problema della successione; i coniugi Navatta, senza figli, individuarono in Mario Romano (penultimo dei 12 figli della cognata -sorella della moglie di Cono) il probabile nuovo proprietario dell’avviata attività commerciale. Ma Mario non piacque molto alla coppia di avveduti ed ormai scaltri commercianti; si racconta (e sicuramente non è una favola metropolitana !!) che un giorno Cono, dall’interno del suo bar-rivendita avesse chiamato a gran voce il nipote, che era seduto su un muretto (ancora ben visibile nella stradina che costeggia il PUB, per farsi dare una mano in quanto c’era molta clientela da sbrigare. Dalla risposta evasiva e quasi strafottente del giovane Mario (morto giovanissimo per una malattia polmonare tipica dell’epoca) il metodico Cono capì che dovevano sceglierne un altro; lo confidò alla moglie ed insieme privilegiarono un altro di quei 12 figli della cognata. E fu così che Pietro Romano entrò per la prima volta in quel locale da “apprendista padrone” e vi rimase fino alla fine dei suoi giorni con grande senso di attaccamento ad un bene ricevuto per donazione dagli zii. Anche nel caso di Pietro si racconta che da quel giorno non abbandonò mai il locale del bar-rivendita e che al massimo si soffermava con i clienti nel piccolo spazio esterno (una specie di terrazzo sulla realtà contadina dell’epoca !!) che veniva riempito di sedie e tavolini, soprattutto nelle stagioni estive. Probabilmente Pietro Romano non ebbe mai la possibilità, ma neppure la voglia, di vedere altro luogo sangiacomese al di là del suo mondo familiare, sociale e lavorativo. Ovviamente Pietro, senza cancellare le precedenti intestazioni, volle dare il suo nome all’attività che da quel momento si chiamò (e si chiama) “Cafè Romano”. Col passare degli anni la figlia di Pietro, Rosa, andò in sposa a Giuseppe Lovito (giovane e promettente lavoratore del luogo) che con la moglie ereditò l’avviata attività di Pietro portandola a livelli sicuri e consolidati; i due coniugi l’hanno poi trasmessa al figlio PIETRO LOVITO (stesso nome di battesimo del nonno materno) che in poche battute, grazie al suo intuito imprenditoriale, l’ha rivista, corretta e rilanciata aggiungendo alcuni importanti e strategici locali (come “la cantina”) per la definitiva consacrazione nell’unica denominazione di “PUB McLOGAN” che racchiude in se la storia dell’attività distinta in varie epoche ed in varie definizioni: Cafè Navatta, Cafè Oslavia, Cafè Romano ed, infine, Pub McLogan che campeggia sulla parete centrale esterna dei locali e che non copre o cancella le altre denominazioni che hanno fatto la storia centenaria di un’attività iniziata nel 1907.
Cento anni dopo, e sempre nel ricordo del capostipite Cono, ecco che il giovane Pietro rincorre ed attua il sogno di una vita; celebrare i cento anni con una importante ed imponente manifestazione pubblica dal titolo affascinante ed inquietante al tempo stesso: BACCANALI, ma non nel senso di “festa orgiastica” che i romani diedero ad alcune ricorrenze importanti, piuttosto nel senso di “fenomeno propiziatorio” (ma anche di ringraziamento) per il futuro ed il passato di una creatura che si avviava a superare i cento anni di vita. Fu così che nel 2007 Pietro Lovito con il supporto del “Comitato Nova Universitas Civium”, dell’associazione culturale “Terenzio Castella” e con il patrocinio del Comune (sempre presente nelle organizzazioni che hanno precisi riferimenti al valore ed al ricordo storico per l’intera comunità) si tenne nel 2007 la prima edizione di “BACCANALI” che riscosse un successo strepitoso e che venne ripetuta sia nel 2008 che nel 2009. Stessa scena, stessa organizzazione, stesso risultato di pubblico una decina di anni dopo, nel 2017 (dal 30 luglio al 1° agosto) con l’aggiunta di un momento altamente culturale, di una mostra d’arte, di musica ed escursioni. Affollato il momento culturale brillantemente condotto dal prof. Giovanni Lovito (fratello di Pietro e noto studioso di Dante e Tasso) attraverso i vicoli dei ricordi e della storia di una comunità che già nel 1500 (al tempo del mitico imperatore Carlo V) riusciva ad imporsi all’attenzione generale con la conquista della sua autonoma libertà in materia di legiferazione e decretazione locale.
In considerazione, poi, del fatto che Monte San Giacomo è passato alla storia come “la comunità più socialista d’Italia” non poteva mancare il momento enogastronomico e musicale nella villa intitolata al senatore “Enrico Quaranta” lungo l’arco delle tre serate (con i Neja e i Dub Fx) attentamente portate avanti anche da Pasquale Lisa e Gianluca Cavallo.
Dopo centodieci anni sembra che tutto sia rimasto allo stato dell’arte degli inizi del 20° secolo; anche il portone principale è quello di allora, così come la tabella che indica la rivendita di tabacchi n. 1 e le scritte “Cafè Romano” e “Pub McLogan”; ma la storia del pub, quella vera, è (a mio modesto avviso) tutta racchiusa e ricompresa nella “cantina”, un piccolo locale annesso al bar ed al pub; un locale riservato a pochi eletti che è fresco d’estate e caldo d’inverno senza l’ausilio di diabolici attrezzi meccanici e/o tecnologici come l’aria condizionata o stufe elettriche o a gas. Fra quelle strette quattro mura di pietre vive si respira la storia, non soltanto del mitico “Cafè Navatta” ma anche dell’intero centro storico di Monte San Giacomo. Forse era proprio questo che il capostipite Cono voleva per la sua attività da trasferire nel ricordo dei posteri; tutto questo il giovane Pietro Lovito lo ha capito da tempo e da tempo è riuscito a mantenere intatti i luoghi e la storia del cafè che è anche, per certi versi, la storia di Monte San Giacomo, senza mai disprezzare il salto nella modernità attraverso la qualità dell’offerta. Per tutte queste ragioni la comunità montesangiacomese dovrebbe essergli riconoscente.
direttore: Aldo Bianchini