SALERNO – L’odore dei soldi, o meglio il potere dei soldi è alla base di tutti gli scandali vecchi e nuovi, ed anche di quelli futuri in tutto il pianeta Terra. E più ci sono soldi in ballo e più arrivano gli scandali opportunamente coperti dalle mani sapienti di quello che da sempre tutti si affannano a definire il mai meglio identificato “grande vecchio”.
Ma chi è il grande vecchio ? Difficilissimo rispondere, anche perché di grandi vecchi ce ne sono stati tantissimi (almeno nell’immaginario collettivo) e tutti, o quasi, sono rimasti avvolti da fitte nebbie per sempre. Il primo grande vecchio della nostra storia recente fu quello dello “scandalo Lockheed” che negli anni ’70 travolse i governi di Giappone. Italia, Paesi Bassi e Germania Ovest per la storia degli aerei venduti e/o acquistati per cifre enormi e non corrispondenti al reale valore della merce. In Italia pagò soltanto l’allora presidente della repubblica Giovanni Leone che nel 1978 fu costretto alle dimissioni anticipate dalla sua importante carica; anche se venti anni dopo Marco Pannella ed Emma Bonino (suoi principali accusatori) gli scrissero una lunga lettera di scuse. Ovviamente il vero grande vecchio italiano, come quelli del Giappone, dei Paesi Bassi e della Germania Ovest, è rimasto per sempre nascosto nelle pieghe e nelle ombre del tempo e del “potere dei soldi”.
E come dimenticare lo “scandalo Niki Niki” il grande vecchio statunitense inseguito dal pm salernitano Alfredo Greco; il non meglio definito grande vecchio capeggiava un tavolo di concertazione di affari a New York, tavolo intorno al quale sedettero anche il figlio Edoardo di Gianni Agnelli e il medico di famiglia dei principi di Montecarlo e della famiglia Agnelli prof. Maurizio Graziani. Personaggi, questi ultimi due, che il magistrato riuscì a portare a processo nel Tribunale di Salerno con risultati poco lusinghieri e l’identità di Niki Niki è rimasta seppellita insieme agli stessi Edoardo e Maurizio.
Anche per lo “scandalo Consip” potrebbe esserci il grande vecchio e come per tutti gli altri scandali precedenti ci sono già due forti analogie: il personaggio misterioso e il colpevole di comodo che serve sempre per deviare l’opinione pubblica. Il personaggio misterioso rimarrà misterioso, mentre il colpevole di comodo ha già almeno due nomi e due cognomi: Henry John Woodckock (magistrato) e Gianpalo Scafarto (capitano dei carabinieri), entrambi indiziati del reato di aver rivelato segreti d’ufficio e di aver manipolato i verbali giudiziari per incolpare il papà di Matteo Renzi..
Un fatto è certo; il pm Woodcock parla e viola la consegna del silenzio, le sue parole finiscono sui giornali “”ed interferiscono pesantemente, perché il magistrato napoletano si perita di spiegare che, a parer suo, solo un pazzo avrebbe potuto deliberatamente compiere un falso negli atti dell’indagine in corso, escludendo dunque che potesse trattarsi di altro che di un errore. In tal modo, scrive Pasquale Ciccolo (procuratore generale della Cassazione) nella sua incolpazione, ha pubblicamente contraddetto e svalutato l’impostazione accusatoria della Procura di Roma, fondata invece sulla ritenuta falsità””.
Almeno quattro gli elementi che supportano la decisione della Suprema Corte: Il primo, ci troviamo di fronte a un magistrato che disattende palesemente il suo dovere d’ufficio al riserbo, richiestogli in una circostanza così delicata dal capo della sua procura, salvo poi sostenere di essere stato tratto in inganno: un’ingenuità che però appare sorprendente in un uomo navigato come Woodcock. Il secondo, mentre da una parte tutta Italia ci si chiede come sia possibile che in un’indagine così delicata, che lambisce i più alti vertici istituzionali, le parole agli atti non vengano controllate non una ma cento volte, prima di costruirci su un castello di accuse; dall’altra parte Woodcock rivolge al procuratore Fragliasso la richiesta di mantenere Scafarto al suo posto. Un fatto talmente imbarazzante, che lo stesso capitano dei carabinieri chiederà, a sua tutela, di essere sollevato dal delicato incarico. Il terzo, prudenza avrebbe voluto che ci pensassero i magistrati napoletani, invece i magistrati pensano il contrario. Woodcock garantisce per Scafarto, e la Procura lo segue. Può darsi che i rapporti professionali fossero tali da giustificare una simile condiscendenza, sta di fatto che l’impressione che se ne ricava è che da quelle parti sia Woodcock a dettare la linea, persino in una circostanza così complessa. Il quarto, la procura di Napoli aveva assicurato, con tanto di comunicato ufficiale, che non c’era stato alcun attrito con Pignatone e i pm romani. Invece i fatti dicono il contrario.
Dopo tutto questo c’è la vera essenza dello scandalo, cioè la gestione dell’appalto pubblico più grande d’Europa; appalto che sembra essere quasi scomparso all’orizzonte di un’inchiesta che aveva tutte le caratteristiche dello scandalo che poteva rivoltare l’Italia come un calzino (per dirla alla Pier Camillo Davigo) e che appare sempre di più annacquata e avvolta nelle nebbie della giustizia.
Da qualche ora si è appreso dell’interrogatorio in Procura a Roma del ministro Luca Lotti; ma di questo e per questo vi rimano alla prossima puntata.