SALERNO – Ma in quale città viviamo ? viene spesso da chiedersi; e la gente comune se lo chiede sui marciapiedi di tutta la città. La risposta comune è: ”tutta colpa della giustizia che non funziona”. Non è proprio così, anche se sembra difatti che nella città capoluogo di provincia la giustizia venga amministrata dagli uomini almeno su due binari paralleli e in rari punti convergente. Amici lettori, questo è il potere dei giudici che non sempre si comportano allo stesso modo e spesso scelgono il potere da tutelare e quello da abbattere. E’ storia, è sotto gli occhi di tutti; anzi le storie sono sotto gli occhi di tutti.
Comincerei il racconto da quella famosa frase “Venite, investite ed arricchitevi … ma fate le opere strutturali per la città” pronunciate qualche anno fa dall’allora sindaco di Salerno Vincenzo De Luca al momento della presentazione, in consiglio comunale in seduta pubblica, del mega progetto di massima per la riqualificazione della città per lanciarla verso livelli europei e mondiali. La megalomania, si sa, non ha limiti; ma il discorso deluchiano dell’epoca appariva ai più molto interessante e in grado di ridare spazio e luce ad una città piegata su se stessa e non in grado di rialzarsi e di aprirsi alle modernità.
Dall’altro lato, però, se è giusto immettere capitali e iniziative private per la realizzazione di struttura pubbliche è doveroso che questi ultimi prima le facciano le strutture e poi le completino e le manutendino. A Salerno questo non accade e le incompiute, anzi le mai iniziate, sono oggetto di visione celestiale per gli occasionali visitatori e dei residenti. Tra le opere mai iniziate ricorderei a tutti la mega copertura del mercato generale di Torrione (il mercato più grosso della provincia), il lungomare europeo, piazza della Concordia, parcheggi Piazza Cavour, lo stadio Vesuti, ecc. Per non dire delle incompiute: Piazza della Libertà, Crescent, Cittadella Giudiziaria, Metropolitana a cielo aperto (una novità mondiale !!), palazzetto dello Sport, fontane varie (se siete capaci di trovarne una funzionante mi arrendo), manutenzione del verde, Grand Hotel Salerno, Polo Nautico, Porto Arechi e buon ultimo il Villaggio San Giuseppe che, in realtà, non è una cosa pubblica ma che ha tutti gli aspetti di un bene pubblico in quanto di proprietà della Curia arcivescovile di Salerno.
In questi giorni si è aperto un grande dibattito in città sulla spiaggetta creatasi naturalmente a causa delle correnti del golfo in prossimità del Porto Arechi e che è stata subito sfruttata dall’imprenditore Gallozzi per fini speculativi privati con l’avallo del Comune che gli ha concesso la gestione della spiaggetta. Guarda caso, se volutamente o casualmente, la spiaggetta fa da congiunzione quasi naturale tra i poltili del nuovo porto e la spiaggia dinanzi la Colonia San Giuseppe Tutta la stampa si è interessata al caso, tutti hanno correttamente messo in risalto gli elementi della difesa di Gallozzi, ma nessuno ha contestato al Gallozzi ed al Comune una cosa semplicissima; e questo al di là della legittimità della concessione balneare offerta al Gallozzi su un piatto d’argento da un Comune prono verso i poteri forti che prima di concedere l’ennesima autorizzazione avrebbe dovuto controllare se le opere primarie erano state completate dal privato per Porto Arechi. Perché mi sembra una mostruosità la concessione demaniale della spiaggia ad una struttura ancora non realizzata a pieno e non rispondente alle concessioni edilizie rilasciate. Ma l’intervento o il diniego del Comune avrebbe portato allo scoperto che le opere del Porto Arechi sono state realizzate soltanto nelle parti a rapido ritorno economico e tutto il resto è stato lasciato ai posteri.
Voglio capire il Comune che è prono, ma la magistratura ha avuto tutto il tempo di chiedere, di acquisire, di sequestrare progetti e autorizzazioni ed intervenire pesantemente sull’ennesima speculazione privata consentita da un’Amministrazione Comunale che non è più in grado di controllare nemmeno se stessa.
Per non parlare, infine, del Villaggio San Giuseppe ormai abbandonato a se stesso da una Curia vescovile insipiente; erbacce e degrado dappertutto, abbandono totale e non solo per quanto attiene la tenuta esterna del gioiello voluto nell’immediato dopoguerra dal Vescovo Demetrio Moscato. Dicevo prima del doppio binario della giustizia, un doppio binario che si applica facilmente anche in questo caso con una Curia che, pur di non concedere in gestione l’intero impianto a chi si era offerto farlo seriamente con grande esperienza acquisita sul campo e non disdegnando un esborso economico cospicuo, si accontenta di farlo diventare ogni giorno di più inguardabile.
Anche in questo caso mi chiedo il Comune dov’è. Ma di questo cercherò di raccontare nelle prossime puntate; del resto sulla vicenda ho già scritto nel recente passato ed è giusto ritornarci su partendo proprio da quegli articoli.