SALERNO – Il titolo di questo approfondimento l’ho mutuato, in parte, dal quotidiano “ilmattino.it” del 9 maggio 2017 utilizzato per un interessantissimo articolo a firma di Massimo Adinolfi: Anzi di quell’articolo riporterò a stralcio anche alcuni brani, come questo: “”L’incolpazione di Henry John Woodcock per illeciti disciplinari riporta alla ribalta una vicenda che sembrava dovesse spegnersi lentamente, come a volte accade alle grandi fiammate che bruciano improvvisamente sui media, per poi scivolare poco a poco e consumarsi lontano dai riflettori. E invece no: sotto i riflettori ci ritorna””. Alla luce, però, dei fatti che sono accaduti dal 9 maggio ad oggi e che continueranno ad accadere è giusto chiedersi “Chi comanda tra le Procure di Napoli e Roma ?”. C’è un filo ad altissima tensione che unisce l’inchiesta Consip con le due Procure e con l’ennesimo scandalo globale che, forse, rimarrà ingabbiato nel “porto delle nebbie” per sempre. Il gioco è al massacro contro tutti quelli che si oppongono alla delegittimazione dell’inchiesta e la posta in gioco è altissima.
E’ proprio vero, tutto sembrava andare per il verso giusto con l’abbassamento dell’attenzione, con la Procura di Roma che bacchetta gli investigatori di Napoli, con la revoca delle indagini ad un gruppo di carabinieri per passarle ad un altro, con il CSM che non riconosce il conflitto tra Napoli e Roma, con la messa sotto “protezione” del capitano del NOE Gianpaolo Scafarto; e mentre tutto stava andando verso l’archiviazione generale per salvare capri e cavoli ecco che arriva l’imprevista e imprevedibile “incolpazione” del pm Henry John Woodcock che dovrà difendersi in sede disciplinare dall’accusa di aver violato la “consegna del silenzio” che gli viene imposta dall’ordinamento giudiziario e di aver fatto alcune “confidenze riservate” alla giornalista di “La Repubblica” Liana Milella che ha pubblicato il contenuto di quel colloquio riservato nel corso del quale il pm napoletano avrebbe avanzato forti dubbi sull’azione portata avanti dalla Procura capitolina a carico del capitano del Noe. Due pagine a firma del procuratore generale della Cassazione Pasquale Ciccolo, titolare dell’azione disciplinare a carico dei magistrati, per ricostruire uno dei momenti di maggiore tensione nei rapporti tra la Procura di Roma e quella di Napoli.
Non solo, arriva anche la deposizione o interrogatorio del capitano Gianpaolo Scafarto presso la Procura di Roma con la candida ammissione dell’errore e non del dolo nella probabile manipolazione delle trascrizioni delle intercettazioni che avevano portato all’incriminazione di Tiziano, padre dell’ex premier Renzi.
Seguo la cronaca giudiziaria fin dalla fine degli anni ’50 quando imperava il “caso Montesi” che storicamente è rimasto impresso come lo scandalo degli scandali della prima repubblica. E fin da quegli anni ho assistito all’apertura di inchieste clamorose che sono state presto sgonfiate e ad inchieste di poco conto che qualcuno ha montato fino all’inverosimile.
Per ritornare al caso in esame va detto che:
1) in primo luogo l’incolpazione di Woodcock smentisce subito l’atteggiamento prudente del CSM nel non riconoscere l’esistenza dello scontro tra le due importanti Procure (Napoli e Roma) che sono da tempo in conflitto, e in secondo luogo che la fretta di chiudere un “caso eclatante” come quella del Consip è finita per scivolare sulla classica buccia di banana;
2) in secondo luogo l’ammissione dell’errore e non del dolo da parte del capitano non chiude ma apre scenari assolutamente inquietanti su come sia possibile manipolare dossier pesantissimi che scottano più delle fiamme dell’inferno, e non per colpa del capitano o soltanto del capitano;
3) in terzo luogo la recente pubblicazione su Il Fatto Quotidiano della conversazione telefonica tra i Renzi padre e figlio mi sa tanto di precostituito da un “grande vecchio” che a volte riesce anche a distruggere qualche personaggio in vista. Tutto come da copione già visto in tanti altri grandi scandali scoperti o costruiti a secondo delle necessità politiche del momento e destinati a rimanere nascosti in quel porto delle nebbie di cui prima;
4) in quarto luogo c’è da prendere atto che, oggi come non mai, il potere vero è concentrato in pochi chilometri quadrati tra Firenze e il suo interland; insomma troppe cose in pochi chilometri.
Ma c’è, ovviamente, dell’altro che emerge con chiarezza dall’articolo di Massimo Adinolfi che non è l’ultimo arrivato ma uno che conosce fin dalle radici i cancri che devastano il nostro Paese. Appuntamento al prossimo articolo.