SALERNO – Per utilizzare una metafora calcistica si potrebbe scrivere: Procura e Aliberti fermi sul pareggio. Parlo della vicenda giudiziaria che ha costretto Paquale Aliberti alle dimissioni da sindaco di Scafati perché, per farla breve, accusato di collusione con alcuni esponenti camorristici dell’agro nocerino sarnese. Sulla gran parte della stampa locale, però, non sembra che il riesame dell’altro giorno (dopo l’ennesimo blitz in casa di Aliberti, quello del 3 aprile scorso) non abbia ristabilito la parità secca tra accusa e difesa. Difatti se partiamo dal blitz di un mese fa che aveva segnato un perentorio 2 a 0 a favore dell’accusa con il sequestro delle memoria dei telefonini cellulari di Aliberti e moglie e con il prelievo delle conversazioni pubbliche e private su face book (senza limitarne l’uso), bisogna prendere atto che alla luce del provvedimento del riesame la parità sembra assicurata, almeno su questa singola vicenda dei mezzi di comunicazione globali e personali. Il Riesame ha sancito che gli Aliberti possono far riferimento alla Procura per richiedere la restituzione delle memorie dei cellulari inopinatamente poste sotto sequestro la mattina del 3 aprile. Quindi se vogliamo cercare di essere liberi, autonomi e indipendenti, la vera notizia non è la conferma del prelievo delle conversazioni sui social (ma su questa cosa davvero mostruosa ho già abbondantemente scritto) ma la pratica restituzione delle memorie dei cellulari che possono così ritornare nella titolarità dei loro legittimi proprietari al fine di scongiurare ingiuste e, forse, illegali intromissioni nella vita assolutamente privata dei due coniugi scafatesi. Invece per i giornali la notizia è stata quella della conferma del blocco delle conversazioni (che in pratica è una notizia decotta !!) e via al tourbillon di titoli e di supposizioni senza fondamento. L’unica eccezione è rappresentata dal quotidiano Metropolis che con un articolo a firma del bravo Mario Memoli ha ricostruito la vicenda del sequestro e del riesame come meglio, forse, non poteva perché anche il titolo (questa volta !!) è stato assolutamente equilibrato. Ho la strana sensazione che quando si parla e si scrive della vicenda Aliberti si faccia a gara per dare risalto alle notizie che non sono più notizie e scadono, quindi, nei bassifondi delle insinuazioni. Il 10 aprile scorso avevo scritto che l’azione di sequestro portata avanti dalla Procura poteva e doveva essere considerata una nuova pagina, quasi da scuola giuridica, di giustizia e non avevo trascurato di descrivere gli aspetti più pericolosi della vicenda; il sequestro delle memorie dei cellulari e, soprattutto, il blocco “anomalo” per l’accesso ai social (perché l’ordine parlava di: “… volta ad acquisire il profilo face book … sia nella sua parte pubblica che in quella privata avendo cura di acquisire anche le c.d. conversazioni private e/o messaggistica privata con le idonee modalità dando avviso all’utilizzatore del profilo in parola che pur avendo facoltà d’uso illimitata, per i posto ed i messaggi futuri, gli è fatto espresso divieto di manomettere ovvero di cancellare o modificare quanto acquisito in sede di esecuzione del provvedimento de quo”) difatti esponeva tutti noi a rischi inimmaginabili attraverso una procedura non ancora ben codificata e tale da radicalizzare lo scontro fino a renderlo da “fumus persecutionis” conclamato. Ma, ovviamente, il caso Sarastra ci terrà occupati ancora per molto tempo. Per dirla tutta avevo anche messo in guardia gli investigatori invitandoli a completare le indagini sui telefonini e sui computer di chiunque (giornalisti compresi) avesse avuto modo di scrivere su Aliberti; l’ho scritto perché già pensavo ad una immediata perdita di peso dell’azione del 3 aprile scorso e così è stato. Dal 2 a 0 per la Procura si è passati agevolmente all’ 1 a 1. Ma Sarastra continua. Partendo da queste riflessioni bisogna leggere il comunicato dell’avv. Silverio Sica, notissimo penalista, difensore di Pasquale Aliberti.
direttore: Aldo Bianchini