SALERNO – Il potere è davvero anarchico ? Chissà, una risposta ben definita, è molto difficile. Un convinto sostenitore del potere come anarchia assoluta era il grande Pier Paolo Pasolini che scriveva: “Nulla è più anarchico del potere. Il potere fa ciò che vuole e ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettatogli da sue necessità che sfuggono alla logica comune”. L’affermazione di Pasolini è stata ricordata a tutti noi dalla dottoressa Elvira Morena (medico anestesista tuttora in servizio presso la cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno; meglio nota come “Ruggi”) nel contesto di un ottimo intervento sul quotidiano La Città del 12 gennaio 2017 dal titolo “Il potere fa piccoli tutti gli uomini”; naturalmente Elvira con la parola “uomini” credo si riferisca veramente a tutti, maschi e femmine. Perché il potere avvolge e, spesso, travolge tutti, senza esclusioni di classe, di genere, di colore o di disponibilità economica. Sostanzialmente le affermazioni di Elvira Morena, che cercherò di analizzare, mi trovano d’accordo, anche se in alcuni punti la mia visione del potere si distingue dalla sua. Ma andiamo con ordine. Un po’ tutti ci dilettiamo a parlare del potere degli altri ed a criticarne le sue forme espressive più o meno lecite; tutti, però, dimentichiamo che ognuno di noi esercita un proprio potere, piccolo o grande che sia, in qualsiasi settore della vita lavorativa e associativa. Non sono molto in sintonia con la Morena quando dice che “il potere rende piccoli gli uomini e che i piccoli uomini si piegano a leggi fasulle, commettono azioni inconsulte e s’impegnano al massimo per arrivare al potere e accaparrarsi altro potere”; è vero solo in parte anche perché ci sono stati nella storia “grandi uomini” che hanno gestito un potere immenso senza mai ridursi al ruolo di “piccoli uomini” per arrivare al potere e accaparrarsi altro potere; ne avevano talmente tanto che non c’era spazio per altro potere. Qual è il senso del potere ? -si chiede Elvira Morena- rispondendosi che è necessario distinguere “La gestione di uomini e cose” e che “Gli uomini sono cose e le cose procurano immenso piacere. Rafforzano lo stato del potere”. Per parlare del potere bisognerebbe sempre tener conto dell’antico proverbio “ ‘O cummannà è meglio d’ ‘o fottere “ (Un proverbio che vuole mettere in evidenza un fenomeno che sicuramente si ripete all’infinito, e cioè che sono in tanti quelli che messi di fronte alla scelta “comandare qualcosa e qualcuno o godere delle grazie di una bella dona“ scelgono la prima proposta). Credo di poter tranquillamente affermare, nel rispetto dell’antico proverbio, che l’esercizio disinvolto del potere è il segnale di comportamenti non sempre condivisibili e da apprezzare. Ma non possiamo disconoscere che il potere, come comando e/o controllo assoluto ed indiscusso dell’altro, è un esercizio globale amato da tutti e da tutti sospirato. Ovviamente c’è chi riesce ad occupare poltrone possibilmente rosse (e qui sono d’accordo con Elvira) in quanto simili nel colore e nella logica alle ciliegie: una tira l’altra. C’è sicuramente l’uomo solo al comando, ma io questa affermazione la estenderei a tutti quelli che esercitano un potere, grande o piccolo che sia, perché nel momento dell’esercizio del potere tutti sono, o almeno credono e sperano di essere, “uomini soli al comando”. L’allusione politica dell’uomo solo al comando “che schiaccia il tasto che accende lo scettro di migliaia di numeri di telefono e la sua forza riprende vigore”, pur non citandolo mai, è molto chiara nello scritto della dottoressa Morena che, distrattamente dimentica che anche chi esercita un potere minimo riesce a schiacciare il tasto che accende lo scettro di tanti numeri di telefono che gli ridanno e gli rinvigoriscono il potere. Quello che vado a scrivere non è un aneddoto ma il racconto di quanto svoltosi sotto i miei occhi nell’arco di circa quarant’anni di servizio nella pubblica amministrazione. C’era un collega che dal primo giorno di lavoro fino al compimento dei suoi quarant’anni di servizio svolgeva un compito particolare: “vidimare libri aziendali”, cioè mettere il timbro dell’ente sull’ultima pagina di detti libri e dar loro una numerazione preordinata (insomma una sorta di moderno protocollo). Ebbene dinanzi al suo sportello c’era sempre la fila con commercialisti, consulenti del lavoro e singole imprese costrette a prenotazioni esasperanti e selettive. Tutto in regola con le disposizioni interne ma il modo con cui le metteva in pratica faceva accrescere il suo “piccolo orticello di potere”; e pensare che quel collega aveva un grado di istruzione molto ridotto (credo la quinta elementare) ma era riuscito a costruirsi importanti e diffusi collegamenti di potere verso l’esterno. In pratica aveva più potere lui che il dirigente dell’Ente che era costretto a raccomandarsi per poter favorire, in termini di tempi di attesa, qualche suo conoscente. Altro che anarchia del potere, lì il potere era scientifico e studiato nei minimi dettagli, tanto da durare fino all’ultimo minuto del suo ultimo giorno di lavoro. Rarissime le assenze (non voleva perdere potere !!), il minimo del rendimento, la massima inutilità che avevano fatto di quel posto una meta invidiabile ed ambita, tanto da sfuggire a qualsiasi controllo dell’ OIV (Organo Interno di Valutazione) e da tenere al riparo di qualsiasi norma punitiva che Pietro Ichino descrive benissimo nel suo libro “I nullafacenti”. Ma non bisogna forzatamente parlare degli altri per capire i vari “sistemi di potere”; un esame di coscienza dovremmo farcelo tutti. Io stesso, prima come pubblico dipendente e poi come giornalista, ho gestito il mio “piccolo orticello di potere” ben articolato e ben inserito nel più grande sistema; anche io ho avuto degli amici fino a prova contraria, amici con riserva pronti ad ascoltare, osservare, riportare, già predisposti ad eseguire gli ordini. Sono, però, riuscito a non dire sempre “si” al cospetto dei veri uomini di potere (quelli ai quali allude la Morena) e, soprattutto, non mi sono mai fatto condizionare con l’intento di raggiungere mete sempre più ambite, anche nell’ambito del giornalismo. Il potere non è anarchico; il potere è vivo e palpitante e fa parte dell’essere di ogni individuo; tutto il mondo occidentale vive di potere per il potere e non per questo è anarchico; l’altro sistema politico, quello orientale e comunista, è fallito proprio perché ha cercato di estirpare dall’uomo la sua fame di potere unitamente a quell’innato senso di “proprietà privata” che altro non è se non un pezzetto di potere. Lo stesso Pier Paolo Pasolini, propugnatore del potere come anarchia, faceva uso del suo potere immenso di scrittore – sceneggiatore – attore – paroliere – giornalista – drammaturgo e regista per appagare le sue esigenze psicologiche ed anche quelle sessuali; e in questo si contraddiceva clamorosamente e senza alcuna remora. Ma ritorniamo al titolo di questo approfondimento “il potere della sanità” sulla scia degli altri poteri descritti nei precedenti capitoli di questa storia. Ed ho iniziato parlando della descrizione del potere fatta da Elvira Morena proprio perché essendo “medico-anestesista” vive in maniera diretta e quotidiana nel complesso mondo della sanità pubblica che più di quella privata esercita un ruolo molto importante nel panorama complessivo del potere attraverso un vero e proprio “sistema di potere”. Un sistema che, per alcuni aspetti, supera addirittura il potere della magistratura e della politica; è un sistema molto articolato che riesce in forma snella ad inserirsi anche direttamente nella politica. Quando si parla di sanità si parla di medici e di paramedici e queste due categorie, con una netta prevalenza percentuale della prima, riescono ad occupare numerose poltrone importanti nella politica locale, regionale e nazionale. Sui 158 comuni ricompresi nella provincia di Salerno circa il 50% registra come sindaci, vice sindaci o assessori, tutti soggetti legati alla sanità: medici e paramedici. Dunque, altro che potere degli altri; la sanità dovrebbe innanzitutto guardare all’interno del suo potere prima di affermare che “Il potere fa piccoli tutti gli uomini”. Ma la sanità è anche una macchina infernale che produce voti su voti, da qui la ragione per cui i politici si sbranano per accaparrarsi questo o quel pezzo di sanità, a cominciare dalle nomine dirigenziali ospedaliere, per finire a quelle dei distretti e dei medici di base; tutto in nome dei voti e soltanto dei voti. Quando la dottoressa Elvira Morena cita gli “uomini solo al comando” probabilmente si riferisce al governatore della Campania pur non nominandolo direttamente, ma nel suo ragionamento oltremodo valido dimentica, però, di dire fino in fondo tutta la verità. Negli ultimi trent’anni questa è la prima volta che Vincenzo De Luca riesce a mettere le mani (se così si può dire !!) sulla sanità pubblica campana che può aprirgli nuovi e inimmaginabili orizzonti in termini di consensi elettorali; per decenni De Luca è stato tenuto ai margini da quello stesso sistema che gestiva in assoluta solitudine “il potere della sanità”. Prima di lui hanno dettato legge Vincenzo Scarlato e Bernardo D’Arezzo, Ciriaco De Mita e Clemente Mastella, Paolo Del Mese e Carmelo Conte ed infine Antonio Bassolino e Antonio Valiante. Di De Luca nemmeno l’ombra, è chiaro che ora cerca di riguadagnare tutto il tempo perduto e cerca di fare terra bruciata intorno a lui, visto e considerato che alcuni grandi dirigenti sanitari (nominati da altri in passato), senza alcuna remora o spiragli di dignità, sono già transitati dall’altra parte della barricata. In questo caso non è opportuno fare nomi e cognomi, tanto queste situazioni sono sotto gli occhi di tutti. Tutto mi si potrà dire o contestare, sicuramente nessuno potrà dirmi di essere un difensore del kaimano; la mia posizione contraria è storica. Proprio per questo mi permetto di analizzare quello che per tantissimi è il “sistema di potere deluchiano” come unico sistema e che invece deve essere ricondotto ad un sistema di potere esattamente identico ai tanti altri che lo hanno preceduto. E se passa questo concetto dobbiamo anche accettare le nomine che De Luca, in maniera spavalda ed anche arrogante, sta facendo nella sanità pubblica; sicuramente gli altri non gridavano come lui e neppure lanciavano proclami apodittici, però le nomine le facevano, e sono state tutte nomine che non hanno avuto successo (perché assolutamente asservite alla politica ?) e che sono stati oggetto di attacchi brutali da parte dello stesso De Luca. Per giudicare le sue nomine sarà necessario attendere i risultati, solo così potremo dare la giusta valutazione del potere del kaimano che dovrà essere misurato sulla base dei successi e non di altro. Ma sulla sanità si potrebbe dire e scrivere tanto altro ancora. Mi limito, per ragioni di spazio, a descrivere il mondo della sanità dal punto di vista delle forniture sulle quali si combatte da sempre una battaglia occulta e ferocissima con vari attori in campo: politici, sanitari, parasanitari, imprese private, semplici faccendieri. Tutti impegnati nella scelta certosina delle migliori situazioni da cui ricavare soldi e voti. E non va dimenticato neppure il filone della manutenzione ordinaria e straordinaria, delle ristrutturazioni e delle costruzioni. Un giudice ai tempi di mani pulite voleva “rivoltare l’Italia come un calzino” (Pier Camillo D’Avigo, oggi presidente dell’ANM), ma nè lui né altri misero mai mano a questi settori della sanità che originano una spesa pubblica fuori dalla norma. Basterebbe controllare e limitare questi eccessi per consentire allo Stato di aprire, e non di chiudere, nuovi presidi ospedalieri tanto utili per tutti noi. Per non parlare delle “caste della sanità” con le baronie che si estendo dai policlinici fin dentro le università passando anche dagli ospedali normali. Mi fa sorridere, quindi, la descrizione del potere degli altri fatta da Elvira Morena, quasi come andare alla ricerca del capello nell’uovo senza guardare alla trave nei propri occhi (non quelli di Elvira ma dei tanti “professori” che inondano le nostre strutture ospedaliere); l’esercizio del potere da parte dei medici (non tutti fortunatamente) è sfrenato ed a volte senza ritegno. Per ragioni personali, molti anni fa (nel 1972), sono stato in cura oculistica sia a Roma che a Zurigo; in entrambi i casi sotto osservazione da parte di due luminari dell’epoca: Giambattista Bietti a Roma e Rudolf Witmer a Zurigo. Le differenze abissali; per non tediarvi troppo vi dico soltanto che Bietti si muoveva sempre con un codazzo di monache, infermieri e medici e con lui si potevano scambiare al massimo un paio di parole tanta era la sua distanza dai pazienti; a Zurigo Witmer spingeva il carrello da solo e una volta mi attese anche in camera perché io ero a passeggio nei corridoi del mega ospedale, spesso si fermava in camera per dialogare anche su problemi diversi dalla sanità (parlava cinque lingue). “Il paziente prima di tutto”, questo dovrebbe essere la meta di ogni medico ma non accade sempre. Ed anche questo è potere, anzi è il volto più becero del potere della sanità.
direttore: Aldo Bianchini
Caro Aldo i popoli hanno i governi e gli ospedali che si meritano.
Ciao vienimi a trovare. …