Aldo Bianchini
SALERNO – Non c’è niente da fare, tutti attaccano De Luca ma tutti temono De Luca. Sembra un paradosso ma è così; molto al di là del tasso minimo di dignità che ogni amministratore e/o politico che sia dovrebbe avere. Proprio ieri avevo scritto di una forte resistenza da parte del governo e del ministro della sanità nel far passare la norma legislativa denominata “norma De Luca” (dal nome di chi l’ha ispirata e proposta) che la stessa è passata a maggioranza con l’annotazione che ogni sei mesi dovranno esserci verifiche sui piani di rientro e del comitato Lea (Livelli Essenziali di Assistenza). Pannolini caldi per una norma che, da subito, consentirà al governatore della Campania di organizzare la sanità a suo piacimento, nel bene e nel male, senza ostacoli di sorta. Insomma all’indomani di ogni tempesta (richiesta dell’Antimafia alla Procura di Napoli per eventuale inchiesta di voto di scambio) il kaimano risorge più forte di prima, che piaccia o no. Ora bisognerà vedere come questa sua rafforzata posizione sarà recepita dai “contro rivoluzionari” della cardiochirurgia dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno; una novantina di operatori sanitari della U.O.C. di cardiochirurgia, appunto, hanno manifestato per iscritto la loro ferma contrarietà allo sdoppiamento (urgenza e ordinaria) previsto dalla Regione della famosa cardiochirurgia denominata “Di Benedetto” che da oltre venti anni è onore e vanto della sanità salernitana e campana. Sdoppiamento funzionale alla nomina ufficiale di due “primari” in modo da tacitare capre e cavoli con l’elevazione al soglio primariale di due degli ex assistenti del professor Giuseppe Di Benedetto: da un lato Severino Jesu e dall’altro Enrico Coscioni (attuale consigliere per la sanità del governatore). Ma cosa contestano i novanta operatori sanitari e chi sono ? Il comunicato dei contestatori è secco e duro al tempo stesso: “Il personale TUTTO di cardiochirurgia, in virtù del ventennale lavoro di equipe, che ha prodotto e produce ottimi risultati, è fortemente ANGOSCIATO da un eventuale cambio di gestione al vertice dell’UOC di Cardiochirurgia. E ritiene sia fondamentale, al fine di mantenere gli standard qualitativi, sia gli equilibri interpersonali, che venga confermata l’attuale gestione in corso”; il documento, sottoscritto personalmente da oltre novanta operatori è stato indirizzato all’avv. Nicola Cantone (direttore generale del Ruggi), al dr. Giancarlo Accarino (direttore dipartimento cardiovascolare) e al dr. Nicola Silvestri (direttore sanitario del Ruggi). Come avete letto nel comunicato si parla anche di angoscia che sta prendendo gli operatori di tutto il prestigioso dipartimento quasi come a dire che l’eventuale nomina di Enrico Coscioni sarebbe come portare all’interno della mitica cardiochirurgia dibenedetiana il vento velenoso della politica e della spartizione del potere in una realtà ben consolidata dal punto di vista professionale e molto lontana dagli squallidi giochi di natura politica che distruggono ogni valida e professionale iniziativa. E se a Salerno perdiamo anche la cardiochirurgia davvero potremo chiudere in maniera definitiva. La battaglia per la successione di Giuseppe Di Benedetto si fa, dunque, dura e senza esclusione di colpi; credo che sostanzialmente tutti, a questo punto, dovrebbero tener conto che oltre novanta operatori hanno messo in evidenza la difficoltà di rapporti con la temuta nuova nomina di Coscioni e la convinta predisposizione a continuare l’avventura con l’attuale modulo organizzativo che vede ai vertici della cardiochirurgia il professor Severino Jesu. Quando in una struttura perfettamente organizzata e ottimamente funzionante da oltre venti anni si ribellano i medici anestesisti, i medici cardiochirurghi, i collaboratori professionali sanitari esperti infermieri, i collaboratori professionali sanitari esperti tecnici per fusionisti, i collaboratori professionali sanitari infermieri, i collaboratori professionali sanitari tecnici per fusionisti, gli operatori socio-sanitari e gli ausiliari socio sanitari, cioè tutti e tutto, un significato deve pur esserci e, soprattutto, che chi è chiamato a decidere non può sottacere una condizione di disagio così profondamente radicata. E questo dovrebbe andare ben oltre il modello organizzativo in cui dice di credere lo stesso governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che da oggi con la “norma De Luca” diventa il deus ex machina anche della sanità. Un punto di arrivo, la sanità, che se mal gestita potrebbe rappresentare l’inizio della fine non solo della sanità in genere ma anche dello stesso “disegno politico e di potere” che ormai dura da oltre venti anni (naturalmente alludo all’impero deluchiano).