SCAFATI – In una cittadina come quella dell’agro nocerino-sarnese il solo porre una questione di principio o il solo sostenere una causa di carattere generale provoca nel migliore dei casi sicuramente incomprensioni, conflitti, rancori; spesso si va anche oltre e si tracima con le prese di posizione dall’una e dall’altra parte e con inevitabili minacce, vendette, boicottaggi e appendici giudiziarie. Questo è un fatto storico assodato; ma con questo non voglio dire che vige la legge del più forte; accade anche a Salerno, seppure in percentuale minore, figurarsi se non può accadere a Scafati; perché è di quella cittadina e del rapporto difficile tra il sindaco Pasquale Aliberti e il mondo dell’informazione (almeno per quanto riguarda il quotidiano Metropolis) che intendo parlare in questo mio approfondimento. Sono sincero se affermo che avrei volentieri evitato di infilarmi in una polemica spocchiosa che non può portare giovamento a nessuno dei soggetti in campo; se poi a questo si aggiunge che una della parti in causa è un giornale con una sua giornalista, le mie perplessità aumentano notevolmente. Ma, ligio come sono al dovere deontologico che mi impone di cercare di raggiungere la verità anche attraverso il mio pensiero, eccomi pronto a farlo facendo chiaramente intendere che il mio scrivere discende da un modo di fare e di vedere il giornalismo che non ha nulla a che vedere con il giornalismo di “cronaca nera e giudiziaria” che leggiamo sparato sulle prime pagine dei giornali e dagli schermi televisivi ogni giorno, anzi ogni giorno di più, in una escalation innaturale e pericolosa. In questi ultimi anni c’è stata una deriva professionale che non ha paragoni, forse, in qualsiasi altra parte del mondo; anche il fior fiore di giornalisti-giornalisti (e lo vediamo nei grandi talk show televisivi nazionali) ormai cade nella rete della cronaca nera e giudiziaria tirata e strizzata per il collo pur di arrivare per primi a dare una notizia o a decretare la condanna di questo o di quell’imputato. La cosa più allucinante è che spesso tutto questo lo si fa senza un minimo di preparazione di base o, peggio ancora, ritenendo di poter esercitare il ruolo che è proprio dei sostituti procuratori o degli investigatori in genere. Tutto in nome del “dio ascolto e/o vendita” che induce a superare ogni limite di correttezza e di cautela con giovani giornalisti (donne per la stragrande maggioranza !!) spinti in questo buco nero da editori che, non avendo nulla dell’editore puro, spingono soprattutto i giovani verso azioni incredibilmente rischiose e senza ritorno. Questo è il mio pensiero per linee generali e sintetiche, un pensiero che si cala alla perfezione nella “vicenda Scafati” dove si registra da qualche tempo un’aggressione mediatica senza limiti nei confronti del sindaco Aliberti, della moglie Paolino e di altri personaggi legati, chi più e chi meno, all’amministrazione comunale scafatese. In questi giorni è stata su tutte le prime pagine dei giornali la scabrosa vicenda della giornalista che nel 2013 sarebbe stata minacciata (forse anche di morte !!) vicino ad un’edicola di Scafati perché rea di aver scritto alcuni articoli su un “presunto abuso edilizio” commesso dalla famiglia del sindaco in un’abitazione di proprietà. La prima osservazione è proprio sull’abuso; di abusi in materia edilizia ne contiamo a milioni, sfido a trovare qualche cittadino dell’agro che nell’ombra dei vicoli e dei cortili non abbia commesso più di qualche abuso edilizio. Pensare che per una cavolata del genere un personaggio politico molto noto possa infangarsi di queste bestialità mi sembra davvero inconcepibile; poi nella vita non si sa mai e tutto può accadere. La cosa più strana nella vicenda, però, è la circostanza che il ricordo della “pesante minaccia” ritorni alla mente della giornalista ben tre anni dopo i fatti e addirittura è così lucido da poter indicare anche l’esecutore materiale di quelle minacce. Un ritardo nel ricordo a dir poco sospetto perché, nella ricostruzione dei fatti accaduti alla fine di maggio del 2013 e denunciati pubblicamente da Metropolis il 1° giugno 2013, delle due l’una: o la giornalista ha avuto paura all’epoca di fare nome e cognome del pregiudicato (e questo è comprensibile !!) o adesso si è sciolta visto che anche il camorrista sta probabilmente parlando contro Aliberti e tutto diventa più semplice. Quella del 2013 appare come una denuncia alquanto generica che trova però una sua sedimentazione soltanto dopo oltre tre anni, cioè il giorno 5 settembre 2016 quando la giornalista viene sentita alle ore 10.55, previo invito, presso gli uffici della Procura della Repubblica di Salerno (sezione DDA) dal pm Vincenzo Montemurro assistito dal capitano dei Carabinieri Fausto Iannaccone e dal Mar. CA Silvio Fierro. Ma che cosa è stato rivelato nel 2013 e cosa nel 2016; andiamo con ordine. Ecco cosa scrisse Metropolis il 1° giugno 2013: “”Minacce ed intimidazioni nelle edicole per bloccare la diffusione dei giornali: strappate le locandine di Metropolis dai negozi, clima di tensione a Scafati. Era stata pubblicata ieri mattina la notizia di un’inchiesta giudiziaria sull’ampliamento illegittimo ed abusi nella casa della mamma del sindaco uscente: la Procura ha iscritto nel registro degli indagati quattro tecnici ed il genitore di Pasquale Aliberti, Rosaria Matrone, committente dei lavori. Nella casa di Via Aquino, secondo il progetto, doveva esserci un’attività commerciale al piano rialzato che però non è stata mai aperta. Proprio la presenza di questo negozio avrebbe permesso l’ampliamento della villa di periferia. Il pm della Procura di Nocera Inferiore, Roberto Lenza davanti a questo presunto abuso ha quindi iscritto nel registro degli indagati 5 persone tra cui la mamma di Pasquale Aliberti. Ma, la notizia, non è stata accolta positivamente in città ed all’alba alcune edicole sono state prese d’assalto da persone che – senza identificarsi – hanno intimato i negozianti a non vendere i giornali e non esporre le locandine””. Va subito precisato che le cinque persone indicate nell’articolo sono state poi mandate tutte assolte nel corso degli anni, e già questo farebbe dubitare dell’esistenza reale degli abusi edilizi. Ma c’è di più; sulla vicenda interviene anche l’ordine dei giornalisti di Napoli che a volte si risveglia da un’apatia profonda per intervenire quasi sempre a sproposito recependo soltanto una versione dei fatti; ma per la cronaca ecco come intervenne l’ordine a nome del presidente Ottavio Lucarelli: “”Sono al fianco delle colleghe R. F. e V. C. e a tutta la redazione di Metropolis dopo la nuova e gravissima intimidazione subita a Scafati. Invito il prefetto di Napoli, sempre vicino a Metropolis e a tutti i cronisti impegnati in prima linea, a intervenire per far identificare sia gli autori delle minacce sia i personaggi che nei pressi delle edicole di Scafati impediscono ai cittadini di acquistare il quotidiano, “colpevole” solo di aver raccontato l’inchiesta sugli abusi edilizi relativi alla casa di proprietà dei familiari del sindaco Aliberti”. Poche righe per stigmatizzare il nulla e per ingarbugliare ancora di più la matassa. Entra in scena anche il CdR (Comitato di Redazione) di Metropolis, di cui riporto solo un piccolo inquietante stralcio: “”… Le colleghe sono state pesantemente apostrofate da persone non identificate in merito alla pubblicazione di una notizia che riguardava l’inchiesta sugli abusi edilizi sulla casa di proprietà dei familiari del sindaco Aliberti…””. Ma le giornaliste quante erano quella mattina ? Secondo l’Ordine e il CdR le giornaliste, che erano state pesantemente apostrofate da persone non identificate, erano due; vale a dire che a fine maggio 2013 nessuno riuscì a riconoscere gli aggressori verbali, ma la memoria ritorna imponente soltanto a distanza di oltre tre anni; e ritorna ad una soltanto delle due giornaliste perché non si hanno segnali dell’eventuale ricordo dell’altra che in questo periodo è stata coinvolta, suo malgrado e forse ingiustamente, nel sequestro del suo telefonino ad opera della Procura di Salerno per un’altra complicata vicenda; ma di questo scriverò a parte. Ma veniamo ora al contenuto della deposizione in Procura del 5 settembre scorso della giornalista minacciata; dice tra l’altro che “”… confermo integralmente il contenuto delle denunce presentate dal direttore del quotidiano Metropolis nell’anno 2013 in ordine ad attacchi e minacce subite dalla mia persona in relazione alla mia attività di pubblicista presso il sopramenzionato giornale …”” e pur ammettendo di aver fatto un giro per le edicole di Scafati, al fine di verificare la veridicità delle segnalazioni in merito alla distruzione di alcune locandine, non fa alcun accenno alla presenza con lei dell’altra giornalista che invece viene pubblicizzata dall’Ordine dei Giornalisti di Napoli e dal CdR. Il fatto potrebbe essere anche poco influente per le indagini giudiziarie di oggi, ma mi appare strano che la Procura non abbia esteso le indagini (almeno per quanto è stato possibile sapere) anche sull’altra giornalista. Anche perché, sempre in data 5 settembre 2016, la prima giornalista dichiara di ricordare perfettamente tra i suoi aggressori la figura di Nello Aliberti, fratello del sindaco, intento a rimuovere le locandine presso l’edicola Desiderio; e dopo alcune altre spiegazioni chiarisce che fu l’altro aggressore che lei non conosceva a minacciarla di morte e di aver appresso dallo stesso le sue generalità. Più complicato di così !! lascio a Voi lettori le considerazioni del caso. Nelle more del tempo trascorso, tra il 1° giugno 2013 e il 5 settembre 2016, il sindaco di Scafati Pasquale Aliberti si è rivolto alla magistratura denunciando gli attacchi mediatici che stava subendo e, sembra, che il direttore di Metropolis e la giornalista siano ancora sotto indagine della Procura di Nocera Inferiore (dr. Lenza). Altro particolare importante è il fatto che per la denuncia fatta dal giornale nel giugno 2013, e ribadita per de relato dalla giornalista oggi, la Procura non ha mai inviato alcun avviso di garanzia né agli Aliberti né a nessun altro. Non sono il difensore di Pasquale Aliberti o di chicchessia e neppure l’accusatore della giornalista (o delle giornaliste !!); sono soltanto un cronista vecchia maniera, quando era più giusto consumare le suole delle scarpe anziché aggrapparsi a pseudo rivelazioni per andare sulle prime pagine dei giornali e, soprattutto, non sono mai andato a stazionare nei corridoi delle Procure con l’intento di carpire qualche notizia indiscreta e riservata (ma comunque di parte), ammesso che di riservato ci sia ancora qualcosa nelle indagini giudiziarie. Nella prossima puntata analizzerò l’interrogatorio di Andrea Ridosso.
direttore: Aldo Bianchini