SALERNO – Seguo con molta attenzione il dibattito sulla necessità di candidarsi per l’organizzazione delle Olimpiadi del 2024 a Roma, esattamente 64 anni dopo la “Grande Olimpiade”, quella che storicamente verrà ricordata come la “XVII Olimpiade dell’era moderna” incastonata in una cornice eccezionale tra tradizione, storia e modernità. Il Circo Massimo, i Fori Imperiali, il Colosseo, l’Arco di Costantino, le Terme di Caracalla, solo per citare alcune preziose vestigia dell’antichità, non esistono in nessuna altra parte del mondo. Cinquantasei anni fa furono presentate al Mondo con le prime trasmissioni in euro e mondovisione, nessuno potrà mai darci una valutazione in termini di flussi turistici, di economia e di occupazione che quella edizione delle Olimpiadi portò, porta e porterà ancora per decenni al nostro Paese e non solo alla città eterna. Quella corsa di Livio Berruti che sul piano temporale durò soltanto poco più di 20 secondi, per vincere i duecento metri, bisogna considerarla come una corsa dalla storia passata verso quella del futuro di un atleta e di un intero popolo che usciva dai disastri del fascismo e della guerra; soltanto così si potranno capire i benefici che quella manciata di secondi ha assicurato a tutti noi. E’ vero, quella era l’Italia vincente, l’Italia che usciva dalla depressione economica post bellica e si avviava decisamente verso il “miracolo economico”, era l’Italia che era ad un passo dalla conquista della Luna (espressione metaforica per dire che tutto il popolo italiano si accingeva a vivere una stagione di grande rilancio e visibilità rispetto all’intero pianeta), ma non era solo questo, dentro c’era ripeto la rabbia e la voglia di risorgere. Non so se tutto questo i genitori e i nonni di Virginia Raggi glielo hanno mai raccontato e, forse, spiegato con il cucchiaino. Ma fino a quel momento, quello che vivemmo in Italia, era anche il senso logico delle Olimpiadi moderne e della necessità di riprenderle, dopo decine di secoli di ostracismo, all’ombra del motto decubertiniano “L’importante non è vincere ma partecipare”. Pierre de Coubertin era un pedagogista, non un atleta, e la Raggi avrebbe bisogno di rileggere i suoi scritti per capire qualcosa di più sulle Olimpiadi e sulla necessità di organizzarle in un momento di grande evoluzione sociale in cui si va sempre più perdendo lo spirito del vivere sano e sereno senza tanti mostruosi meccanismi mediatici e telematici che hanno ridotto decine di milioni di giovani ad essere schiavi del web senza più capacità di confronto con gli altri e con se stessi. Ecco, lo sport e soprattutto le Olimpiadi, sono esattamente il contrario e ridanno una voglia di competere che non può essere acquistata al supermercato. Se esaminiamo a fondo e con attenzione le Olimpiadi antiche scopriamo che furono innanzitutto organizzate per qualche millennio e che determinavano sospensioni delle guerre e producevano una scelta molto meticolosa delle classi dirigenti per gli anni successivi; ma va anche detto che quelle Olimpiadi, in cui gli atleti gareggiavano nudi per meglio significare la purezza dello sport e della competizione e l’inviolabilità dell’atleta, finirono perché incominciarono ad infiltrarsi personaggi scaltri e voraci, arrivò la corruzione e anche il doping; e mentre queste cose avvenivano sotto gli occhi di tutti, le stesse cose venivano gestite da personaggi poco autorevoli, molto autoritari e praticamente dilettanti. Un po’ come la bella e soave Virginia, romana de Roma, che confonde autoritarismo con autorevolezza e che per affermare la sua leader schip (decretata dagli elettori) va a ristorante in maniera spocchiosa e vergognosa invece di presentarsi al confronto con il Coni per far valere le sue ragioni che potrebbero essere anche giuste ma che andrebbero discusse; soltanto così si può diventare autorevoli e passare, semmai, alla storia. Del resto la stessa Raggi fin dal primo giorno del suo mandato sembra muoversi all’ombra del motto “il vento è cambiato”; ed allora perché sottrarsi ad ogni logico e costruttivo ragionamento concertato. Sicuramente non deve dircelo la Raggi che le Olimpiadi moderne, a partire da quelle di Tokio del 1964 che saranno replicate nel 2020, sono diventate mano a mano soltanto un grande business e che il motto decubertiniano ormai giace sepolto sotto un metro di sfacciato professionismo e di malcelate nefandezze di tutti i tipi; men che meno potrà ritenere di spiegare ai romani ed agli italiani che si corre il rischio di organizzare le olimpiadi del mattone. Che esiste questo rischio lo sanno anche i bambini delle elementari, così come sanno che in tutti i luoghi della Terra in cui sono state organizzate le Olimpiadi (ripeto da Roma in poi) ci sono stati, poi, gli scandali e le ruberie, esattamente come ci sono stati momenti esaltanti di sport e di purezza dello spirito olimpico. Sarebbe stato molto meglio che la Raggi avesse promosso la candidatura italiana per il 2024 ed avesse avvertito tutti che “il vento è cambiato” e che non ci saranno più vacche da mungere; ma per dire questo bisognerebbe avere gli attributi che la Virginia, anche per un fatto naturale, non ha e non potrà mai avere. Il governatore della regione Campania l’ha definita “una bambolina imbambolata” e per uscire da questo aforisma la sindaca di Roma non sta facendo nulla, anzi aggrava la situazione confondendo autorevolezza con autoritarismo in preda ad un dilettantismo senza precedenti, e invece di affrontare con autorevolezza il problema si rifugia in un ristorantino nella speranza di poter conclamare soltanto l’autoritarismo. Su Roma sembra essersi distesa una totale eclissi solare suffragata da ben 750mila voti pari a due terzi dell’intero elettorato. Il “Movimento 5 Stelle” ha un enorme patrimonio elettorale da gestire a Roma come nel Paese, ma se non si avvierà rapidamente alla normalità democratica, senza nascondersi in una osteria o genuflettersi dinanzi a Grillo, la fine dell’eclissi coinciderà con il tramonto definitivo del sole. Sicuramente, infine, per dire no alle Olimpiadi c’è voluta una certa dose di coraggio (meglio sarebbe dire incoscienza !!), ma non bisogna confondere il coraggio o l’incoscienza con la rivoluzione; la vera rivoluzione era fare le Olimpiadi e realizzarle nella maniera più sportiva possibile mettendo al bando tutti gli affari e i malaffari.
direttore: Aldo Bianchini
Io mi chiedo semplicemente una cosa..L’Italia partecipa come nazione o partecipa come Roma?L’Italia ha molte altre città in grado di poter proporre una candidatura ,perchè Roma deve decidere da sola?