SALERNO – La decisione che era attesa per il 15 settembre scorso è saltata vuoi perché c’è stato uno slittamento nella pubblicazione del decreto governativo sulla Gazzetta Ufficiale e vuoi perché (a mio sindacabile avviso) i tempi non erano ancora convintamente maturi per tale decisione. Se ne riparlerà, probabilmente, fra qualche settimana quando il ministro Graziano Delrio avrà finito le consultazioni dei presidenti delle Regioni interessate agli accorpamenti delle diverse Autorità Portuali. Insomma il termine che tutta la stampa aveva sbandierato come “ultima scadenza” è scivolato in avanti di qualche settimana grazie a quegli artifizi che solo burocrazia italica è in grado di far esplodere al momento opportuno, in coincidenza con le necessità di tempo per decidere cose abbastanza importanti come quelle di chi dovrà gestire la portualità italiana dopo l’avvenuta eliminazione delle diverse Autorità Portuali presenti sul territorio. La situazione in Campania è sotto la lente di ingrandimento di tutti perché l’A.P. di Salerno, una delle poche a livello nazionale e internazionale perfettamente funzionante, dovrà essere incorporata in quella di Napoli con la particolarità che a Salerno rimarrebbero alcune importanti gestioni organizzative per non sperperare un patrimonio di funzionalità organizzativa che viene invidiata in tutto il mondo. Proviamo, però, a ricapitolare la situazione salernitana: “Il decreto governativo, diretto ad unificare le autorità portuali di Napoli – Salerno e Castellammare di Stabia, ratificato il 4 agosto 2016 è stato pubblicato in gazzetta il 31 dello stesso mese; quindi entro il 15 settembre prossimo dovrà essere depositata la richiesta di proroga della Regione. Ma in data 6 settembre la giunta regionale, con apposita delibera, ha conferito al governatore Vincenzo De Luca i pieni poteri per la formulazione della richiesta. Spetta, dunque, a De Luca provvedere alla bisogna; come dire che il destino dell’autonomia del porto di Salerno è soltanto nelle sue mani”. Dunque, invece del 15 settembre, sarà necessario attendere ancora qualche settimana per capire se il ministro deciderà e se, soprattutto, deciderà in conformità con quanto De Luca richiederà. Sapremo cioè se De Luca intenderà proporre la nomina di Andrea Annunziata alla guida dell’Autorità Portuale regionale oppure avrà provveduto a cambiare destinazione nominativa in favore di qualche altro per mantenere gli equilibri nella giunta regionale; insomma sapremo se vincerà la politica o la meritocrazia. Perché se dovesse vincere la meritocrazia non ci sarebbero alternative ad Andrea Annunziata che a Salerno ha lavorato benissimo già da diversi anni. Vedremo !! Intanto è utile sottolineare le differenze gestionali tra le due Autorità Portuali (Napoli e Salerno) mettendo in risalto le manchevolezze partenopee dovute non solo alla cattiva gestione organizzativa ma anche alle battaglie politiche combattute sulla realtà portuale che poteva essere la fonte principale dell’economia napoletana e non lo è stato così come, invece, è stato a Salerno. Tre anni e mezzo di commissariamento; 150 milioni di fondi europei restituiti perché non utilizzati; circa il 20% di occupati in meno dal 2008; operatori storici come Messina che hanno scelto altri scali; giganti come i cinesi di Cosco che si sono tirati fuori dalla società di gestione del terminal; un generalizzato declino che ben si misura negli appena 485mila teu movimentati nel 2014. Il Porto di Napoli, la prima industria del capoluogo partenopeo, conosce uno dei momenti più bui della sua storia secolare. E, per guardare al futuro con fiducia, non può bastare il boom del crocerismo, con oltre 1,2 milioni di passeggeri movimentati nel 2015 (+7,7% rispetto all’anno precedente) che rendono lo scalo campano il terzo in Italia in questo segmento, dopo Civitavecchia e Venezia. La forza di un porto, però, si misura sui “contenitori” e, guardando alle poche gru attive sulle banchine, sembrano davvero lontani i tempi in cui il golfo incorniciato dal Castel dell’Ovo era pieno di navi che attendevano in “rada” che si liberasse qualche approdo in un porto super affollato. In questo contesto diventa determinante la tanto attesa nomina del nuovo presidente dell’Autorità Portuale che, con l’entrata in vigore della riforma dei porti del Ministro Graziano Delrio, sarà a capo non solo del terminal partenopeo, ma dell’intero sistema regionale e quindi anche del porto di Salerno, circostanza che ha creato non poche polemiche negli ultimi mesi. Al momento sulla scrivania di Del Rio sembra ci siano soltanto due nomi, entrambi autorevoli: Andrea Annunziata, che ha guidato per anni con successo il Porto di Salerno, e Ennio Cascetta, professore universitario, già assessore regionale con Bassolino e protagonista del grande sviluppo della rete metropolitana nel capoluogo partenopeo e di recente chiamato da Delrio a dirigere la struttura di missione del Ministero delle Infrastrutture; in questo duello quasi rusticano Annunziata parte con un notevole vantaggio anche se, per questa sfida aperta, per molti si tratta di un vero e proprio braccio di ferro fra il presidente regionale Vincenzo De Luca, che dovrebbe essere schierato per Annunziata, e il Ministro Graziano Delrio, che preferirebbe Cascetta, anche considerando che il nuovo presidente dovrà gestire, con successo, la partita dei fondi comunitari. A ben pensare, però, il ministro potrebbe anche agire di rimessa e mandare Cascetta a Napoli e chiamare Annunziata a Roma per dirigere le infrastrutture, cosa che per il presidente Annunziata sarebbe come un vero e proprio salto di qualità ritornando in quei ministeri in cui da parlamentare e sottosegretario ha vissuto già una bella stagione di esperienza. Ma ci sarebbe anche un terzo protagonista nel duello rusticano, alludo al sindaco di Napoli Luigi De Magistris che è contro gli altri due, e ciò potrebbe far venire allo scoperto un terzo nome, magari dal profilo più giovane e con storie politiche meno ingombranti. Rimane un grosso punto interrogativo inerente il fatto che la più grossa azienda della Regione Campania non può più rimanere senza una guida stabile e sicura.
Sembra quindi che il dilemma sia se prevale la partitocrazia o la meritocrazia. Ci sono uno o più nomi, ciascuno – sembra – preferito da questo o quel personaggio politico per motivi che certamente hanno, dai rispettivi punti di vista, una loro spiegazione, anche ai fini di proprie specifiche convenienze. D’altro canto gli osservatori esterni non possono ignorare che l’ingerenza della politica nella nomina dei grandi manager di stato, con le sue logiche e con la pratica del bilancino, spesso prevale su altre considerazioni, facendo a volte passare in secondo piano anche altre motivazioni che dovrebbe privilegiare massimamente i meriti e le capacità specifiche dei candidati a ricoprire certi ruoli. Indubbiamente, la gestione delle realtà portuali come prefigurate dalle nuove disposizioni di legge richiede competenze tecniche, capacità organizzative, abilità e propensioni relazionali, visioni programmatiche basate sulla conoscenza dei mercati e sugli sviluppi tendenziali della logistica in senso lato.
Il tutto finalizzato a realizzare anche una piena integrazione con il territorio di prossimità (e non solo) dei “porti accomunati” sotto singole Autorità di sistema. Riveste quindi primaria importanza conoscere anche gli orientamenti dei candidati in merito a quale configurazione intendano dare alla operatività specialistica dei singoli scali, come realizzare una reciproca integrazione fra gli stessi, dove privilegiare questa o quella tipologia di merci trasportate e, non ultimo, come armonizzare il sistema della intermodalità dei trasporti terrestri, in maniera da eliminare criticità – dove esistono – causate da limitate disponibilità e adeguamenti infrastrutturali e quindi da carenze nella rapidità di smistamento delle merci da e per le banchine portuali.