SALERNO – In un mio recente articolo (“Comunali 2016: perché Vincenzo De Luca vince e gli altri perdono” del 10.06.16) avevo salutato l’arrivo a Salerno di Stefano Tamburini alla direzione del quotidiano “La Città” riconoscendo al neo direttore la capacità di aver rispolverato quell’antica arte del giornalista che si estrinseca nell’approfondimento. Nel contesto dello stesso articolo lo avevo però avvertito che, non essendo salernitano, era giusto e doveroso avvalersi di qualche consigliere puro (e non consigliore) in grado di portarlo per mano nel difficile ed intricato mondo dei rapporti tra informazione, potere e cittadino qualunque. Salerno è una città complessa, difficile e molto particolare, non disponibile a restituirti quasi mai ciò che anche un giornalista può dare (e non sono molti in grado di dare !!). A distanza di poco più di un mese mi rendo conto che il bravo Stefano non ha fatto tesoro del mio consiglio anche perché nessuno gli ha suggerito di leggere il mio articolo, ammesso che qualcuno de La Città conosca l’esistenza di questo giornale online. Perché ? Perché in alcune redazioni giornalistiche salernitane si vive come in una specie di “isola dei famosi” (vizietto proprio anche di alcuni giornali online !!, ogni riferimento è puramente casuale) nelle quali si muovono tantissimi colleghi in preda al delirio di onnipotenza e con tanto di “puzzetta sotto il naso”; come se a loro fosse consentito tutto e il contrario di tutto anche a costo di disconoscere la possibilità a difendersi della controparte. Nella maggior parte dei casi sono colleghi che non contano niente sul piano personale e, men che meno, su quello squisitamente professionale in quanto capaci soltanto di fare copia-incolla di veline preparate da altri e finalizzate, nel migliore dei casi, al solo interesse dei rappresentanti del potere. Insomma, per dirla tutta, in questa città, così come nell’intera provincia, ci sono moltissimi giornalisti che “si vendono per una pizza e una birra”; l’affermazione che condivido non è mia ma del governatore della Campania Vincenzo De Luca. Ma questo è un problema che va trattato ed analizzato in altra sede; oggi mi interessa capire il perché un neo direttore di un noto quotidiano si permette il lusso di attaccare a testa bassa un altro quotidiano “Cronache del Salernitano”, un quotidiano che è diretto da anni da uno dei colleghi più sanguigni e più preparati che la storia giornalistica di questa città ha espresso negli ultimi anni. La vicenda ha contorni incredibili e paradossali; a Tamburini non sarebbe andato giù il titolo di Cronache di ieri (20.07.16) “Froci e pervertiti violentano 17enne”; e sarebbe stata la parola “froci” a scatenare l’ira funesta del pelide Stefano che avrebbe tacciato il quotidiano in vita dal 1994 di essere un giornale da prefisso telefonico (alludendo alle ipotetiche basse vendite) per significare che si tratta di un giornale che non conta assolutamente niente nel bel mondo della squalificata informazione salernitana (leggasi frase di De Luca). Mettiamo per ipotesi, ma solo per ipotesi, che Cronache del Salernitano sia un giornale dal prefisso telefonico, che i suoi giornalisti siano tutti sporchi, brutti e cattivi; ma all’attento lettore non può sfuggire che è un giornale costruito sulla verità e sulla libertà o almeno cerca di esserlo; è sicuramente l’unico quotidiano di carta stampata che è aperto ad ogni intervento esterno senza palesi strumentalizzazioni come accade sulle altre testate giornalistiche (ivi compresa La Città) che pensano di essere più blasonate di Cronache. Ed è l’unico giornale, gentile Stefano, che non ha lesinato pesanti bastonate neppure nei confronti dei personaggi politici del centro destra, checchè se ne dica sull’orientamento politico (non sessuale !!) del suo direttore responsabile che in fatto di “palle” non è secondo a nessuno. E per questo Cronache paga un prezzo altissimo in un panorama di lettori amante soltanto delle performance enfatizzanti del deluchismo imperante e ridondante. Possibile, mi sono chiesto leggendo uno stralcio della violenta polemica tra botta e risposta, che nella redazione de La Città non ci sia nessun giornalista, con tanto di palle, capace di mettere sull’avviso il neo direttore sui rischi di un suo intervento a gamba tesa contro un quotidiano che recita da decenni la sua parte e contro uno direttore storico e immensamente popolare nell’intera città. Ma una cosa non capisco proprio, perché la parola “frocio” (che meglio di tante altre definisce una parte della categoria degli omosessuali) avrebbe dato tanto fastidio al direttore Tamburini; probabilmente non sa, e nessuno glielo ha spiegato, che qui a Salerno da tempo immemore la gente comune distingue il popolo omosessuale (che io rispetto a 360 gradi) in tre specifiche categorie: ricchioni, froci e gay; la spiegazione plastica delle tre definizioni me la riservo per un ulteriore eventuale approfondimento. E meno male che l’amico Tommaso ha utilizzato il termine intermedio per definire quegli squallidi personaggi finiti dentro le patrie galere (Giuseppe Alfieri e Simone Criscuolo), in caso contrario avrebbe fatto scatenare ancora di più l’irruento pelide Stefano che, contrariamente al mitologico Achille, non ha potuto avvalersi del sacrificio di un menenziade Patroclo, che avrebbe dovuto trovare nella sua redazione fin dal primo giorno di direzione, disponibile al sacrificio per tutelare l’incauto neo arrivato.
direttore: Aldo Bianchini