Salerno, 19.07.2016 – Nei giorni scorsi l’opinione pubblica ha avuto modo di apprendere, dalla lettura dei quotidiani e dalle immagini rimandate dalle TV locali, della vicenda che ha riguardato l’appalto per le pulizie aggiudicato dall’università di Salerno. Vicenda inquietante che rischia di finire nel dimenticatoio, assorbita dal tempo che passa, a tutto danno dei soli lavoratori addetti al servizio in questione, e che non può essere tollerata in silenzio da chi, come il sottoscritto, ha conosciuto da vicino, nella sua esperienza sociale e politica, la sofferenza e l’ingiustizia determinate dall’irresponsabilità. Un appalto, questo, aggiudicato con circa il 40% di ribasso sul prezzo a base d’asta, per il quale è stata imposta, ai dipendenti transitati nell’azienda aggiudicataria, la sottoscrizione di un cosiddetto “contratto pirata”; ovverosia il frutto di quella contrattazione con singoli sindacati, con una scarsa rappresentatività, utilizzata da imprese che intendono sottopagare i loro lavoratori ed applicare ad essi trattamenti normativi peggiorativi rispetto alla normativa dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Tanto è imbarazzante il trattamento salariale e l’orario di lavoro imposti ai dipendenti, che l’azienda li ha costretti a firmare il contratto senza una logica e preventiva lettura delle condizioni in esso contenute ed evitando anche, nel disprezzo più totale delle leggi vigenti, di rilasciare loro copia del medesimo e della ulteriore documentazione obbligatoria. C’è da rilevare in tutto ciò che tale sgradevole circostanza si verifica all’interno di una istituzione che dovrebbe essere, addirittura più di altre, la culla dell’esempio della legalità, del rispetto delle persone e dei loro diritti. Peraltro, affidare un appalto per le pulizie dell’ateneo con un ribasso che supera il 40% e con orari e condizioni di lavoro ridimensionati radicalmente rispetto a quelli svolti precedentemente alle dipendenze della Fisciano sviluppo, significa ammettere indirettamente che lo stato igienico del complesso universitario è l’ultimo dei problemi che i responsabili della importante istituzione si sono posti al momento dell’emissione del relativo bando di gara. Né, pare, che la conoscenza delle pessime credenziali dell’azienda aggiudicataria abbiano stimolato i suddetti responsabili a vederci chiaro e ad intervenire con rigore e severità per il rispetto delle tutele dei 2 lavoratori e affinché ci siano condizioni operative volte a garantire, con riferimento al recente passato, pari o maggiore efficienza della pulizia dell’ateneo. Difatti, occorre solo un minimo di pazienza e di dimestichezza con la rete internet per scoprire che i fratelli Giordano, Giacomo ed Antonino, che rappresentano a tutti gli effetti l’impresa aggiudicataria dell’appalto (Gioma Facility Management S.R.L.), sono stati coinvolti recentemente in una vicenda giudiziaria per corruzione e turbativa d’asta, che spinse il Pubblico Ministero del Tribunale di Messina a chiedere per loro la custodia cautelare in carcere. All’epoca dei fatti i due erano ai vertici della società Meridional Service S.R.L.. Successivamente, ed evidentemente proprio a causa del predetto procedimento giudiziario, della conseguente esposizione societaria e della prevedibile perdita dei requisiti e del successivo divieto a contrarre con la pubblica amministrazione, la Meridional Service fu venduta alla Gioma ed ai suoi vertici furono nominate persone non riconducibili ai fatti oggetto dell’indagine, pur rimanendo la stessa, in realtà, saldamente nelle mani dei Giordano. Chiedo, a tal punto, se sia normale e non desti sospetti di nessuna natura che una Università importante, come quella di Salerno, affidi un appalto con oltre il 40% di ribasso ad un’impresa costituita da soggetti già sotto inchiesta per aver corrotto funzionari pubblici proprio nell’intento di truccare le condizioni di una gara di appalto. Aggiungo che la Gioma risulta avere un capitale sociale di 10.000,00 euro, che è la somma minima prevista dalla legge, al di sotto della quale corre l’obbligo di accantonare annualmente somme portate in detrazione dagli utili di bilancio; elemento, questo, anch’esso significativo ai fini di un giudizio sulla solidità e sull’affidabilità di un’impresa che concorre a siffatti e consistenti appalti pubblici. Eppure, tutto ciò, se rapportato all’esorbitante ribasso, ai precedenti giudiziari segnalati, al fatto che l’impresa dichiarava l’intenzione di applicare un C.C.N.L. al di fuori di quelli sottoscritti dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché difforme da quello con cui i dipendenti erano stati assunti dall’azienda uscente, ed alla imposta, singolare ed inedita novazione del rapporto di lavoro (azzeramento di tutti i diritti acquisiti) ai medesimi, rendeva esplicito che l’offerta della Gioma era da ritenersi anormalmente bassa rispetto all’entità della prestazione prevista dal bando. Quindi, la conseguenza doveva essere quella di dichiararla scarsamente seria, come minimo per la possibile non corretta esecuzione del servizio da appaltare. Peraltro, c’è da sottolineare ulteriormente che, proprio negli appalti per le pulizie – essendo i costi composti quasi esclusivamente da spese per la manodopera – offerte tanto sproporzionate nel ribasso dovrebbero indurre immediatamente al sospetto ed all’approfondimento. Faccio osservare, per giunta, che la stazione appaltante, applicando semplicemente la legge, poteva disporre (e potrebbe tuttora) la riapertura della gara di appalto, anche dopo l’avvenuta aggiudicazione provvisoria, e procedere all’annullamento degli atti di aggiudicazione provvisoria, al fine di ricalcolare la soglia di anomalia. Annoto, a tal proposito, che ogni ritardo nell’applicazione dell’anzidetta normativa crea sempre più condizioni di forza nell’impresa aggiudicataria, che aumentano il suo potere contrattuale e le possibilità, rispetto all’eventualità dell’esercizio di tale diritto e dovere da parte della stazione appaltante, di accendere con successo un contenzioso giudiziario amministrativo. Tuttavia, fino a questo momento, l’UNISA e le sue diramazioni si stanno distinguendo per un atteggiamento pilatesco, volendo usare un termine meramente eufemistico. Tanto premesso, chiedo agli organi giudiziari, all’autorità ed alle altre istituzioni di controllo in indirizzo di attivare, ognuno secondo le proprie competenze, indagini e verifiche tese ad appurare la eventuale sussistenza di reati e la legittimità degli atti adottati e descritti nella presente. In particolare, alla giustizia amministrativa ci rivolgiamo nella consapevolezza che un risparmio sulla base d’asta non significa sempre un oculato utilizzo di risorse pubbliche, se esso, ad esempio, si traduce, come si rischia in questo caso, in un pessimo servizio ed in un conseguente spreco ed inutilità della spesa. Dichiarando la totale disponibilità a collaborare ulteriormente alla buona riuscita delle indagini, chiedo di essere informato sulla conclusione delle stesse, pure nel caso di archiviazione del procedimento.
direttore: Aldo Bianchini