SALERNO – Il 6 luglio 2016 alla lettura della sentenza di appello, da parte del presidente Claudio Tringali, del processo a carico di Alberico Gambino, qualcuno tra i presenti in aula ha sussurrato: “E’ l’ultimo contentino dato alla Procura”. L’allusione, chiaramente, è in rapporto alla sentenza che nell’ambito del processo denominato “Linea d’ombra” ha sancito la colpevolezza di Alberico Gambino e di Giuseppe Santilli per un reato minore già prescritto, la cui natura era stata ampiamente derubricata da “violenza privata” in “tentata violenza privata” e trasformata dalla Corte di Appello in “concussione”. Praticamente, se la Corte non avesse trasformato (a sorpresa, all’ultimo minuto e con grande abilità !!) il capo d’imputazione i due imputati andavano assolti con formula piena e la Procura usciva sconfitta in maniera clamorosa. Da qui l’espressione “è l’ultimo contentino” che un notissimo avvocato penalista si è lasciato sfuggire, come dicevo, alla lettura della sentenza. Ma perché è l’ultimo contentino ? Perché di fronte all’impressionante mole di accuse da parte della Procura ed in presenza di una sentenza di primo grado la Corte di Appello ha preferito, con piccole ed abili modifiche, cristallizzare quella sentenza e offrire un contentino. Una sentenza, quella di Nocera, che aveva inferto una mazzata colossale al castello di accuse della Procura e che aveva sostanzialmente assolto tutti gli imputati tranne che per quell’accusa di violenza privata che, come abbiamo visto, è servita ai giudici dell’appello per proseguire in quella strategia “smantellare tutto ma non fino in fondo” prudentemente scelta dal Tribunale nocerino nelle 150 pagine di quella già clamorosa sentenza del 12 marzo 2015. Come cittadino, prima ancora che come giornalista, mi chiedo spesso (quello di cui tratto non è l’unico caso !!) se è possibile in questo Paese continuare ad amministrare la giustizia “per contentini” che i tribunali offrono alle Procure, che le Corti di Appello offrono ai Tribunali e alle Procure, che la Cassazione offre ai primi due. Ovviamente nessuno ha mai risposto; ma è cosi e bisogna farsene una ragione, sperando sempre nel grado successivo di giudizio. Qualcuno, all’indomani della sentenza di appello, ha scritto: “Tutto come prima per il processo d’appello “Linea d’ombra” contro il presunto sistema politico-mafioso a Pagani: i giudici hanno di fatto confermato la sentenza di primo grado, ritoccando al ribasso la sentenza per Alberico Gambino, consigliere regionale, e per Giuseppe Santilli, ex consigliere comunale a Pagani”. Non è affatto così ed è allucinante che sulla stampa possa apparire un messaggio del genere che è assolutamente fuorviante per l’opinione pubblica. Non è così perché la vera accusa di “connessione tra sistema politico e mafioso” era già caduta in primo grado, caduta che è stata confermata in appello; quindi la vera unica macchia che pendeva sul capo di Alberico Gambino, di Giuseppe Santilli e degli altri non è mai esistita. Come dire che da oggi bisognerà rivedere anche la posizione dei due fratelli Petrosino (Michele e Antonio) individuati dalla Procura come i rappresentanti malavitosi del “sistema camorristico” di Pagani che, almeno nel processo “Linea d’ombra” non hanno commesso alcun atto che possa far pensare ad un’azione camorristica e che per questa ragione dovrà essere rivista anche la loro posizione nell’ambito dell’inchiesta denominata “Criniera”, condotta sempre dallo stesso pm Vincenzo Montemurro e nella quale erano stati ricondotti quasi tutti gli imputati di Linea d’ombra sulla scorta di nuove rivelazioni dei pentiti, rivelazioni portate in parte anche in appello dal pm Montemurro e clamorosamente smentite. Dunque la sentenza di appello per Linea d’ombra, come indirettamente annunciato in aula, potrebbe essere portata a discarico dei due fratelli Petrosino tuttora detenuti in carcere per le vicende legate all’inchiesta Criniera nella quale la Procura aveva cercato di coinvolgere lo stesso Gambino ed altri senza riuscirci. Non conosco i Petrosino e né intendo difenderli, ma se per le stesse confessioni dei pentiti utilizzate in Linea d’ombra si trovano in carcere per Criniera, va da se che qualcosa deve essere necessariamente modificato nell’ambito dell’inchiesta Criniera. Insomma una Procura che mentre conduceva in appello il processo Linea d’ombra si preoccupava materialmente di aprire nuovi filoni d’indagine a carico del politico paganese (e di altri) che stava, lentamente, sfilando i misteri di un’accusa inconsistente; da qui, forse, la ragione della chicca giuridico-giudiziaria della Corte di Appello che trasforma un capo d’imputazione minore, già derubricato e prescritto, per mantenere ancora sulle spine due imputati palesemente innocenti. Questo il quadro generale dell’intera vicenda che riporta al cosiddetto “Sistema Pagani”; nel concreto della condanna del 6 luglio scorso val bene la pena di precisare nei dettagli qual è il reato che ha portato alla condanna. Si tratta di una “concussione” o meglio di una “tentata concussione” in quanto un politico (Alberico Gambino) avrebbe chiesto ad un suo consigliere comunale (Giuseppe Santilli) di fare pressioni su un imprenditore (Americo Panico) per favorire l’assunzione del pregiudicato Antonio Fisichella in un distributore di carburanti all’interno del centro commerciale Pegaso di Pagani. Premesso che il rag. Giuseppe Santilli (che la Procura ha da sempre ritenuto la mente occulta del “Sistema Pagani” nell’ambito di quel progetto di concorso esterno in associazione camorristica) era al momento dei fatti il “consulente del lavoro” del Panico, bisogna lavorare molto di fantasia per credere fermamente in una concussione anziché nella richiesta di un normale rapporto di lavoro che, nella fattispecie, è avallata ancora di più dal fatto che ad un pregiudicato (se pregiudicato è !!) va comunque offerta l’occasione per redimersi. E se reato c’è, dovrebbe comunque trattarsi di un tentato reato in quanto l’assunzione del Fisichella non si è mai concretizzata. Il problema è che la giustizia non esce mai dalle sue stanze, purtroppo; se il pm avesse provato ad uscire dal suo guscio avrebbe forse capito che non esiste al mondo “consulente del lavoro” che non chieda alle imprese assistite qualche assunzione, non per fini politici o cuncussori ma anche semplicemente per contribuire ad alleviare uno stato sociale davvero disastrato; e i paganesi sicuramente ne sanno qualcosa. Perché non credere ad una versione del genere quando lo stesso pm Montemurro, per un’altra inchiesta (quella sull’Inps) ha direttamente ricevuto una telefonata da parte della direttrice provinciale dell’istituto previdenziale che chiedeva notizie sulle indagini in merito ad un dirigente dell’ente. Ho sostenuto, in altro articolo, che quella chiamata (amplificata molto negativamente dalla stampa) era pienamente legittima perché probabilmente la direttrice si preoccupava dello stato dell’inchiesta anche per capire come doveva muoversi a carico del dirigente; e perché, allora, non credere alla versione assolutamente innocentista offerta dalle difese di Gambino e Santilli e, conseguentemente, mandarli assolti con formula piena in forza del principio che stavano portando a termine un’azione umanitaria. Ma abbiamo assistito, comunque, ad un appello monco; difatti per consolidare una tentata concussione in concussione sarebbe stato necessario sentire tutte le parti in causa; ed allora perché in questo caso l’unica parte importante, cioè la controparte “Panico”, non è stata ascoltata in appello ? Ma alla fin fine bisognerebbe anche chiedersi qual è il ruolo del politico nel nostro Paese e come si chiedono e si ottengono i voti; la figura del politico con l’aureola in testa non esiste in nessuna parte del mondo anche perché ad ogni richiesta di voto corrisponde esattamente una richiesta di favore; su questa base si potrebbe tranquillamente prendere il numero dei voti raccolti da un politico ed aprire altrettanti procedimenti penali se vogliamo far valere il principio ormai obsoleto del “voto di scambio” in senso lato. Purtroppo la stampa, per comprensibili ragioni di notizia-spazio-tempo, non entra nei dettagli, non dico delle sentenze ma almeno dei fatti noti e storicizzati; ragion per cui bisognerà pazientemente aspettare l’esito dei ricorsi per Cassazione non escludendo la possibilità anche per il PM di ricorrere per cercare di salvare in extremis il suo impianto accusatorio iniziale. Semmai attraverso un rinvio del processo a qualche altra Corte di Appello. Del resto la giustizia in questi ultimi anni non finisce mai di stupirci.
direttore: Aldo Bianchini