SALERNO – Sul fatto che Matteo Renzi, presidente del consiglio dei ministri, sia un uomo di potere non ci sono dubbi. Sul fatto che sappia esercitare il suo immenso potere senza scottarsi qualche dubbio, sinceramente, ce l’ho. Perché ? Perché un uomo di potere, quello vero, non va mai allo scontro con chi amministra a sua volta un potere immenso, autonomo e indipendente; parlo della magistratura ovviamente. Alla sua prima difficoltà vera e concreta della sua carriera da premier il Presidente è scivolato sulla più classica delle bucce di banana. “PM, interrogate me, l’emendamento fu una mia idea” ha tuonato Renzi da Palazzo Chigi; la storia è quella del petrolio in Basilicata e dell’emendamento quasi segreto introdotto quasi alla chetichella (così dicono le opposizioni) nella legge di stabilità del 2014, la prima dell’era renziana. I magistrati di Potenza, strabiliati, hanno subito replicato “Non pensavamo di ascoltare il premier”; e qui c’è tutto il vulnus della vicenda e il rischio che il premier abbia fatto il primo vero passo falso nei primi due anni di premierato. Attaccare e sfidare a muso duro i magistrati non porta mai da nessuna parte; un errore imperdonabile che potrebbe costargli molto caro, non immediatamente ma con il passare del tempo. Del resto il neo presidente dell’ A.N.M., Piercamillo Davigo (ex mani pulite), non si è fatto attendere per precisare che le intercettazioni già prevedono la possibilità di difesa quando esse sono ritenute senza alcun rilievo penale; ma nella parole dure del neo presidente già qualcuno intravede un “Davigo, tra Vangelo e toghe con l’elmetto per il ritorno della dottrina di Mani Pulite” (fonte Il Mattino dell’11 aprile 2016). Anche perché la principale peculiarità dell’immenso potere della magistratura sta tutta nella capacità dei singoli magistrati di fare sempre un passo indietro o di rimanere immobili quando vengono imprudentemente e impudentemente attaccati; ma rappresentando tutti loro un potere autonomo e indipendente sanno benissimo che ad avere la meglio, alla fine, saranno sempre e solo loro. Oltretutto la sfida lanciata da Renzi, petto infuori e pancia in dentro, mi sembra davvero una caduta di stile, quasi come a dire “prendetevela con me, vi faccio vedere io chi sono e come so comandare”; non è così che i magistrati vanno trattati. Amano il potere e guai a far entrare nei loro cervelli il pensiero che potrebbero perdere un po’ di potere o di essere ostacolati nell’esercizio dell’arte più antica: il potere. Fortunatamente Matteo Renzi si è rapidamente rinsavito ed ha fatto una brusca marcia indietro promettendo di non voler fare la “riforma delle intercettazioni” a patto che i magistrati non utilizzino e non pubblichino quelle non utili. Ma c’è anche un altro discorso da fare; i magistrati riescono quasi sempre a stare zitti e ad operare; cioè non parlano o straparlano ma scrivono, e quando scrivono sono dolori. Certo anche diversi magistrati parlano e straparlano, ma quelli sono casi di eccezione che confermano la regola; in materia Berlusconi docet. Insomma Matteo Renzi non è stato capace di resistere alla tentazione di entrare a piè pari in una vicenda giudiziaria molto complicata e fortemente delicata, tanto da poter investire l’intero governo del Paese (e non soltanto la ex ministra Federica Guidi) con conseguenze al momento inimmaginabili. “Il comportamento del governo è sempre stato impeccabile e specchiato … sono un ragazzo di Rignano sull’Arno, possono dirmi che non sono capace ma non disonesto … indagini a Potenza a cadenza Olimpiadi ma mai a sentenza … sentenze non parole … Dire che noi abbiamo attaccato la magistratura non fa i conti con la realtà, non è accaduto, non la sfido, io ho chiesto di andare a sentenza, io ho detto che il centrodestra era quello del legittimo impedimento, noi siamo quelli che chiedono di fare velocemente i processi”, quante volte abbiamo sentito negli queste frasi fatte; purtroppo c’è cascato anche lui, il principe dei rottamatori, l’incantatore di intere schiere di giovani politici e politicanti, il condottiero intrepido di uno schieramento forse troppo giovane e giovanile per poter davvero, e fino in fondo, governare un grande Paese come la nostra Italia. Bravissimi i magistrati potentini che hanno risposto con due parole: “Boschi ? necessario”, quasi alla Giulio Cesare. In poco più di 24 mesi “il rottamatore” si è, forse, appiattito troppo sulle consuetudini storiche cadendo nelle trappole della politica, in questo spinto silenziosamente e astutamente anche dalla minoranza PD che gli ha propinato sempre carota e bastone senza lesinare colpi bassi e difficilmente prevedibili dallo schieramento troppo giovane e giovanile per essere in grado di giostrare nel mondo del politichese come soltanto i cosiddetti “rottamati” della politica sanno fare. Naturalmente per capire di più e meglio quale sarà il destino prossimo di Matteo Renzi bisognerà necessariamente aspettare, ci vuole tempo anche se l’acqua già bolle nel pentolone che i “senatori del passato” gli hanno preparato.
direttore: Aldo Bianchini