SALERNO – C’era una volta “Fonz ‘a patana” che ravvivava le spente serate di Piazza Portanova di fronte al mitico “Bar della Rosa”. E’ vero che quelli erano tempi diversi, è vero che agli inizi del ‘900 tutto era diverso, ma è sicuramente ed altrettanto vero che “Fonz ‘a patan” era assolutamente unico nella sua caratterizzazione che poteva anche sfiorare il ridicolo ma che era certamente dettata dallo spirito indomito e battagliero che caratterizzò tutta la sua vita nel corso della quale non ebbe mai la soddisfazione di vincere una elezione. La gente lo applaudiva, lo osannava, lo stimolava ma poi non lo votava e Fonz non si arrendeva ed era sempre pronto per la successiva battaglia. Una brutta copia di Fonz ‘a patan l’abbiamo avuta in questi ultimi anni con Sabino Rinaldi (detto il killer di Portanova) che trasformò la piazza centrale della città in una “puttanova” ma che, purtroppo, non mostrò mai di avere quella genuinità e quella indipendenza che possedeva invece il suo predecessore quando infiammava la stessa piazza. E non solo infiammavano la piazza ma la riempivano di gente, perché entrambi erano conosciutissimi e, per certi versi, anche amati dalla gente comune che vedeva in loro e sentiva da loro tutto quello che normalmente una persona comune non può dire e neppure fare. Ora tutto è cambiato, la politica intesa come duello ideologico e leale è finita e per cercare di riempire una parte di Piazza Portanova dovrebbero darsi appuntamento contemporaneamente gli oltre mille candidati di oggi per ascoltarsi tra di loro; difatti nessun altro li ascolterebbe, tanto è basso il loro livello politico. La distanza tra la politica politicante e la gente è divenuta ormai incolmabile, c’è un vuoto di ascolto impressionante e la mediocrità ha preso il sopravvento; adesso ci si sposta da destra a sinistra come niente e quelli che una volta erano candidati a sindaco contro l’ex sindaco si schierano dalla parte opposta a quella di rispettiva provenienza. Un calderone incredibile di lenta decadenza, non solo morale ma anche intellettiva; e giustamente si sceglie soltanto per convenienza e mai per merito. Siamo davvero alla frutta, non esiste più il dialogo o il dibattito franco e costruttivo; anche nella pubblicità, forse soprattutto nella pubblicità, si sceglie soltanto per convenienza. Forse è anche giusto, ma non si può andare a scegliere tizio anziché caio perché tizio è lontano (cioè ragiona con il proprio cervello) e caio è vicino (cioè si sottomette agli squallidi voleri del padrone e si prepara a tradirlo alla prima occasione. Ma forse è giusto anche così, se si pensa che chi deve scegliere è lui per primo un voltagabbana e un traditore cosa ti puoi aspettare da un individuo del genere, soltanto volgari e stomachevoli meschinità. Quello che accade, anche in questi giorni, nel mondo della pubblicità elettorale è quanto di più vergognoso possa esistere; ma cosa ci possiamo aspettare di buono se chi ci deve rappresentare altro non è che lo specchio di noi stessi elettori; in definitiva li scegliamo noi e noi li mandiamo a sedere sugli scranni dei comuni, delle province, delle regioni e del parlamento; e loro ci ripagano con la stessa moneta falsa ma accattivante, miseri oboli che tanti miserevoli percettori fanno diventare ancora più squalificanti per le testate giornalistiche e per le stesse singole professionalità. C’è un gioco al massacro nell’ottica del ribasso quanto più possibile basso; dall’altro lato ci sono gli offerenti che, nella stragrande maggioranza dei casi, vestendo i panni del benefattore pensano di poter asservire ai loro voleri uomini e cose che a loro volta, purtroppo, bandiscono ogni residuo brandello di dignità pur di ottenere quanti più spot elettorali possibili, anche a disdoro dell’essenza del messaggio e della sua capacità di penetrazione. Ma tanto gli oltre mille candidati mica queste cose le sanno o le capiscono: vuoto assoluto. Un tempo, con la famigerata prima repubblica, le testate giornalistiche locali vivevano anno dopo anno di pubblicità elettorale; c’erano i politici che si arrampicavano e prendevano soldi a mani basse da tutte le parti ma erano anche disposti ad elargire una parte di quello che intascavano; oggi, invece, pensano soltanto ad arraffare di più, sempre di più, fino a scoppiare e mortificano senza ritegno qualsiasi iniziativa di buona informazione. Ma è così, ce ne dobbiamo fare una ragione; tutti lo dobbiamo capire e, forse, soltanto dopo inizierà la restaurazione di un rapporto fatto di leale dibattito e non di squallida genuflessione.
direttore: Aldo Bianchini
Analisi lucida, veritiera ed impeccabile …