SALERNO – Non è una posizione antifemmista la mia, tutt’altro; forse è una posizione in favore delle donne. Nel loro ruolo non riuscirei a digerire il fatto di venire eletta per “trascinamento” quasi obbligatorio e condizionato da una legge che lede, secondo me, la dignità di ogni donna e massacra le loro capacità e genialità professionali, umane e sociali. La donna ormai da decenni sta scalando le varie tappe della società soltanto con i propri mezzi; porto solo l’esempio della magistratura che da qualche tempo è a maggioranza femminile e nella fattispecie non c’è stato bisogno di una legge per imporre una donna ogni tanti uomini. Quello che sorprende, a mio giudizio, è il rapporto che la donna ha con la politica e la sua assuefazione ad una legge che nel limitare la democrazia fa addirittura più danno che bene, perché la donna eletta risulterà sempre condizionata dal fatto che la sua elezione non è stata una scelta marcatamente autonoma da parte degli elettori. E che sfizio c’è a fare il consigliere comunale, provinciale, regionale o a fare la deputata e la senatrice se alla base della sua elezione c’è non solo l’obbligatorietà della presenza in lista ma anche la “nomina” da parte degli alti vertici di partito. Una doppia umiliazione, quindi, che dovrebbe portare le stesse donne ad aborrire una simile situazione ed a pretendere una totale liberalizzazione della presenza femminile nelle liste elettorali; tanto prima o poi la donna è destinata a prendere il sopravvento anche in politica ed a tutti i livelli istituzionali; ci vorrà forse un po’ di tempo ma il destino è quello. Non ne parliamo, poi, quando si tratta di inserire in lista un soggetto che all’anagrafe è femmina e sulla scheda è maschio (leggasi Martina Castellana !!), il panico e lo smarrimento regna sovrano. E tutte queste forzature esplodono in maniera tumultuosa ed incoerente quando si tratta di candidare le donne alla poltrona di sindaco, di presidente della provincia, di governatore della regione o di presidenza del consiglio dei ministri e, peggio ancora, di presidente della repubblica. Forse è proprio questa eccessiva imposizione delle quote rosa nelle liste che preclude, poi, drasticamente la scalata verso le vette che contano di più nel mondo della politica. Certo ci sono già casi in cui la donna è esplosa anche a livello di massima espressione, la Serracchiani, il più classico degli esempi, è vice segretaria nazionale del PD ma anche governatrice in una delle regioni del nord-est d’Italia. Il caso di Salerno, ad esempio, è emblematico, su dodici candidati sindaco già certi non c’è neppure una donna, le stesse donne però abbondano nelle liste elettorali in via di formazione fino ad un numero di una su tre, che è quanto dire. Pensate che negli ultimi ventitre anni, dal 1993 ad oggi, a mia memoria soltanto tre donne sono state candidate a sindaco di Salerno: Wilma Fezza nel 1993, e nel 2011 con Anna Ferrazzano per il PdL e Rosa Masullo per PRC e IdV; nessuna di loro ha mai avuto la concreta possibilità di vincere. Un rilievo statistico sconcertante se si pensa che, invece, già da alcuni anni le liste elettorali per l’elezione del consiglio comunale sono abbastanza piene di nomi al femminile. Insomma, come dire, la parità di genere non decolla per le posizioni di vertice ma abbonda per le posizioni di rincalzo; una magra soddisfazione. Dato che nel nostro Paese i comitati pro e contro nascono come funghi mi permetto di lanciare un appello alle tante donne che animano, comunque, la vita pubblica salernitana nel mondo dell’arte, della pittura, della cultura, del sociale: costituite un comitato pro abolizione della legge sulle quote rosa. E’ una legge che offende la vostra dignità e le eccellenti vostre capacità professioni, personali e umane.
direttore: Aldo Bianchini
Un articolo che avrebbe dovuto suscitare una serie di osservazioni e commenti, nulla. Questa è Salerno, questo è l’appiattimento culturale. Ci basta dichiarare: “orgogliosamente salernitani” poi c’è chi pensa per noi, chi decide per noi!