SANITA’: il sindacalismo del Ruggi

Aldo Bianchini

SALERNO – Ritorno sempre volentieri a parlare di sanità, e non solo perché la sanità rappresenta una fetta molto importante della società e della nostra vita. Lo faccio perché ogni volta che parlo di sanità arrivano, in coda ai miei articoli, sempre diversi commenti; segno questo che il tema della sanità è molto seguito e scatena anche dibattiti accesi. Qualche settimana fa parlando del sindacalista Carmine De Chiaro (da qualche giorno la Corte dei Conti gli ha contestato insieme ad altri un danno all’immagine dell’azienda ospedaliera chiedendogli un risarcimento danni di 160mila euro), sottoposto ad indagini da parte della Procura della Repubblica di Salerno per presunto assenteismo nell’ambito di quella maxi inchiesta che ha investito oltre ottocento dipendenti del Ruggi, e parlando più in generale del “sindacalismo del Ruggi” avevo manifestato le mie perplessità sulla eccessiva durata del “mandato sindacale” che va, a mio parere, sicuramente a discapito dell’esercizio corretto e trasparente che bisognerebbe sempre dare ad un ruolo così delicato, da svolgere nell’interesse di tutti. E parlavo anche di piccoli orticelli di potere coltivati sapientemente e abilmente da tanti dirigenti e/o delegati di una funzione organizzativa, ma anche da alcuni sindacalisti che nel corso degli anni (anche senza volerlo) si sono ritrovati a gestire l’organizzazione generale in nome e per conto dei loro rispettivi iscritti. Carmine De Chiaro non mancò di rizelarsi e commentò quel mio articolo invitandomi a fare nomi e cognomi dei sindacalisti in odore di potere; gli risposi che non c’era bisogno dell’elenco nominativo e che era sufficiente alzare la testa per vedere quello che tutti sanno, quello che in tanti sopportano e quello che ben individuate lobbies avallano anche attraverso lo strumento “democratico” del voto. Sono passate poche settimane da quello scambio di vedute che ecco lo stesso sindacato, in questo caso la FIALS che rappresenta con la CGIL la maggioranza della RSU in seno al Ruggi, ribellarsi contro un apparato che “comporta un disconoscimento nelle trattative aziendali della RSU come unico organo collegiale deputato alla contrattazione” (fonte Il Mattino con parole tratte dal documento della Fials). Al centro della rivolta la posizione della sindacalista Margaret Cittadino che continuando a rivestire il doppio ruolo di coordinatrice della RSU e di segretaria provinciale della CGIL metterebbe in discussione la rappresentatività dell’organismo unitario deputato alle trattative sindacali. Dunque, rispetto a quel mio articolo, è emerso un fatto nuovo inerente anche l’accumulo di cariche e non soltanto la longevità delle stesse; un fatto, questo, che in  democrazia dovrebbe risultare molto grave. E’ vero che i rappresentanti sindacali vengono scelti e votati dagli iscritti ma è pur vero che nel mondo sindacale stenta a passare il concetto della non ripetitività, quasi come se fossero a vita, degli incarichi di rappresentanza. Sarebbe sufficiente applicare nel sindacato il principio che vige per i sindaci (solo due mandati) e il caso sarebbe subito risolto a vantaggio di quanti vorrebbero impegnarsi ma non possono perché schiacciati dall’enorme potere che i cosiddetti “sindacalisti storici” hanno accumulato nei decenni. Nel sindacalismo, di storico, dovrebbe esistere soltanto la storia del sindacato e non la storia personale dei sindacalisti che non ha nulla a che vedere con la funzione, questa si storica, che il sindacato ha avuto in questo Paese. Oltretutto la longevità nell’esercizio di un incarico così importante porta, inevitabilmente, ad un abbassamento del livello di attenzione che il sindacalista pone, o dovrebbe porre, nelle trattative aziendali; vuoi per eccesso di fiducia nelle sue capacità di contrattazione e vuoi perché dopo tanti anni si finisce con lo stringere rapporti sempre più intensi con quelli che dovrebbero rappresentare la controparte con cui discutere e concertare ogni tipo di provvedimento in relazione alla migliore organizzazione aziendale possibile e senza alcun pregiudizio, trappola in cui il sindacato molto spesso è caduto rovinosamente. Conosco molto poco la sindacalista Margaret Cittadino e quindi non mi permetto di esprimere giudizi né sul suo operato e né sulla storicità dei suoi incarichi; prendo atto, però, che lo strappo c’è stato e che l’intero mondo sindacale della sanità pubblica salernitana dovrebbe ripartire da questo strappo per operare una revisione totale di tutti gli incarichi e restituire al sindacato quell’immagine pubblica che aveva fino a qualche anno fa e che si estrinsecava in un rapporto costante e produttivo sia con la base che con i vertici aziendali. A poco, o niente, vale la contromossa per precisare che non esiste alcuna incompatibilità tra i due incarichi; anche ammesso che sia vero, rimane il fatto che bisogna comunque giustificare il mantenimento di due incarichi così importanti. Nessuno deve ritenersi “unto dal Signore”, neppure i sindacalisti. Battaglia dei primari permettendo !! Ma tutto questo appartiene a ragionamenti di principio che ognuno dovrebbe avere dentro, senza aspettare la famigerata rottamazione renziana che, nella sostanza, non condivido in nessuno dei suoi aspetti.

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