SALERNO (27 febbraio 2016) – “Ho letto con molta incredulità – dichiara Agostino Gallozzi, Presidente di Assotutela – la risposta del Ministero delle Infrastrutture all’interrogazione dell’Onorevole Tino Iannuzzi, tale è l’incoerenza della risposta formale rispetto al testo della legge in vigore”.
La risposta all’interrogazione parlamentare dell’On. Iannuzzi afferma che: “(…) Lo schema di decreto delegato adottato dal CdM lo scorso 20 gennaio vede molto rafforzato il ruolo delle Regioni. (…) Ne prevede l’esplicito coinvolgimento esclusivo, in concorso e nella forma vincolante dell’intesa con il Ministro delle Infrastrutture, per l’indicazione dei Presidenti delle Autorità Portuali”.
Ed, incredibilmente, aggiunge: “(…) E’ opportuno far notare che oggi, invece, vige una complessa procedura che vede la Regione come un primus inter pares rispetto a Province, Comuni e Camere di Commercio nella responsabilità di individuare una terna di nomi espressione del territorio e da sottoporre al Ministro per la scelta finale. Le Regioni passano così su questo specifico aspetto da una funzione istruttoria-propositiva (al pari di tutti gli altri enti locali) ad una funzione esclusiva tipica dei meccanismi vincolanti di co-decisione (…)”.
“Questa dichiarazione – evidenzia Gallozzi– è estremamente grave perché avalla, fuorviando il dibattito parlamentare, una rappresentazione dei fatti completamente difforme rispetto al contenuto della legge 84/94 attualmente in vigore”.
Estratto dell’ Art. 8. Legge 84/94 attualmente in vigore (Presidente dell’Autorità Portuale)
1. Il Presidente è nominato, previa intesa con la Regione interessata, con decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione, nell’ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla Provincia, dai Comuni e dalle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, la cui competenza territoriale coincide, in tutto o in parte, con la circoscrizione di cui all’articolo 6, comma 7.
Qualora non pervenga nei termini alcuna designazione, il Ministro nomina il Presidente, previa intesa con la Regione interessata, comunque tra personalità che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale.
“La legge vigente – spiega Gallozzi – non pone affatto la Regione come soggetto primus inter pares con Provincia, Comune e CCIA nell’individuazione della terna dei candidati alla presidenza, perché essa non partecipa proprio per nulla alla mera funzione istruttoria-propositiva in situazione di parità decisionale con gli altri Enti. Già oggi la legge in vigore prevede che il Ministro nomini il Presidente previa intesa con la Regione interessata e, quindi, pone già oggi in capo alla Regione una funzione esclusiva tipica dei meccanismi vincolanti di co-decisione. Addirittura le legge prevede – sempre nella sua stesura attuale – che, in caso di mancata formulazione della terna dei candidati da parte delle Istituzioni Territoriali, il Ministro possa nominare il Presidente previa intesa con la Regione interessata (altro che primus inter pares rispetto a Provincia, Comune e CCIAA). E’, pertanto, non vera l’affermazione secondo cui lo schema di decreto delegato determina ora il passaggio delle Regioni ad una funzione esclusiva tipica dei meccanismi vincolanti di co-decisione: tutto ciò è già previsto dalla norma in vigore. La domanda da porsi a questo punto è: Perché, pur godendo di queste prerogative, il Ministro invece di nominare i Presidenti ha nominato tanti Commissari alla guida dei porti italiani (come nel caso di quello di Napoli commissariato da tre anni e oltre)?
“Ma non è solo questa – continua Gallozzi – l’incongruenza, perché altri due temi vengono presentati come novità strategica, mentre invece sono già parte della vigente legge 84/94. Ulteriore “finzione” ricorrente è l’affermazione secondo la quale “finalmente” il Ministero potrà determinare a livello centrale quali siano gli investimenti da realizzare nei porti, in modo da evitare interventi sproporzionati rispetto alle reali dinamiche dei traffici. Ma cosa già prevede l’attuale legge 84/94 all’art. 5 ? Il Ministro dei Trasporti e della Navigazione individua annualmente le opere da realizzare nei porti (costruzioni di dighe foranee di difesa, darsene, bacini e banchine attrezzate, nonché l’escavazione e l’approfondimento dei fondali). Non occorre, quindi, attendere la legge di riforma per attivare un reale coordinamento degli investimenti e della pianificazione infrastrutturale degli scali marittimi in Italia. Ed ancora un’altra finzione: finalmente le Autorità Portuali potranno realizzare Piani di Integrazione Logistica. E’ il caso di evidenziare che già la Legge 214 del 2011 all’Art. 46 così determina: Al fine di promuovere la realizzazione di infrastrutture di collegamento tra i porti e le aree retro-portuali, le Autorita’ Portuali possono costituire sistemi logistici che intervengono, attraverso atti d’intesa e di coordinamento con le Regioni, le Province ed i Comuni interessati, nonché con i gestori delle infrastrutture ferroviarie”.
“E’, quindi, molto chiaro – afferma Gallozzi – che già oggi tutto ciò è possibile, senza ricorrere ad una confusa legge di riforma. Quale rimane, quindi, l’unica novità? Soltanto gli accorpamenti, figli di una demagogica rappresentazione che rimanda ad una spending review che neanche potrà essere conseguita. E conferma le forti perplessità proprio rispetto alle recenti dichiarazioni sull’accorpamento che “diventerebbe” un semplice coordinamento, con il mantenimento della autonomia. Lo schema di decreto legge dice esattamente il contrario. Esso non lascia alcuna autonomia al porto accorpato (Salerno) declassato a ufficio territoriale, mentre l’Autorità accorpante (Napoli) assume i poteri di deliberare – anche per il porto accorpato – in merito a piano regolatore, aree portuali e loro destinazione, (POT) piano di investimenti infrastrutturale”.
“Tutto ciò mortifica – conclude Gallozzi – le aspettative delle comunità locali e del porto di Salerno, che – si badi bene – si colloca al sesto posto in Italia con i suoi 13 milioni di tonnellate di merci varie movimentate. Per assicurare ai porti di Napoli e Salerno la pari dignità ed autonomia operativa – per riprendere la terminologia utilizzata dal Ministro Del Rio – l’unica strada è il mantenimento della Autorità Portuale di Salerno. D’altra parte il decreto già prevede tre Autorità costituite da un unico porto (Trieste, Ravenna, Taranto) e tre regioni dove si localizzano due Autorità Portuali (Liguria, Puglia e Sicilia). Perché Salerno e la Campania non dovrebbero ricevere lo stesso “trattamento”? Si rimane davvero allibiti perché siamo di fronte ad una norma partorita con superficialità che di fatto ridimensiona la portualità della Campania (che da due Autorità Portuali passa ingiustificatamente ad una); che peggiora l’attuale assetto delle Autorità Portuali; che non affronta i problemi veri della portualità e della logistica del Paese”.
Salerno, 27 febbraio 2016