Aldo Bianchini
SALERNO – Da più parti leggo e sento anche dire che nella vicenda dell’accorpamento del porto di Salerno a quello di Napoli ci vuole “pari dignità” ed anche pari equilibri. Un affascinante esercizio linguistico a cui non si è sottratto neppure il ministro delle infrastrutture Graziano Delrio che pure fino a qualche tempo fa sembrava più un freddo calcolatore che un equilibrista sul filo di un linguaggio mediatico che non gli appartiene. Perciò vorrei tanto capire cosa significa che “Salerno non si annulla dentro Napoli” ovvero che “possono diventare un punto di riferimento insostituibile per il rilancio del Mezzogiorno ma con un unico coordinamento”. E’ palese che due entità diverse non possono annullarsi, Salerno rimarrà a Salerno e Napoli rimarrà a Napoli; c’è anche una distanza chilometrica ed una diversità orografica ed olografica a tenere ben salde, ferme ed inavvicinabili, queste due entità. E su questo, credo, dovremmo essere tutti d’accordo. E’ chiaro che il ministro ha fatto politica ed ha utilizzato al meglio un esercizio linguistico che va bene per tutti, anche per chi come gli operatori portuali e gli imprenditori hanno letteralmente dormito in questi ultimi due anni mentre il Governo cementificava le solide basi dell’ineluttabile riforma. Ma l’impianto concettuale rimane fermo e le parole del ministro altro non fanno che avallare e consolidare le scelte nazionali partorite in sede governativa. Ed ha fatto benissimo anche il presidente dell’autorità portuale di Salerno, Andrea Annunziata, a ribadire che è stato scongiurato il timore che la riforma togliesse autonomia alla scalo marittimo salernitano. Perché, aggiungo io, l’autonomia sta nelle cose che di fatto governano i processi commerciali ed economici e, soprattutto, nelle persone chiamate a spianare la strada per questi processi finalizzati alla velocizzazione delle procedure e dei tempi di attesa, alla semplificazione burocratica, sempre nell’ottica della buona pratica del contenimento dei costi. E sotto questo punto di vista Salerno non ha nulla da invidiare a nessuno, piuttosto è il contrario. E’ chiaro che nel prossimo futuro ci vorrà molta attenzione acchè le inefficienze dell’uno non possano andare a ledere le efficienze dell’altro, o viceversa. In questo passaggio la politica locale e regionale deve dire la sua anche a costo di andare contro corrente e deve prendere il timone del transatlantico che oggi sembra navigare senza capitano per mari tempestosi. Non basta esprimere al ministro il proprio dissenso e quello degli operatori dello scalo per indurre il Governo a cambiare le carte in tavola ed a stravolgere la riforma che, comunque, necessità di qualche logica correzione, e non soltanto nella direzione di “una logistica portuale” (altro termine puramente mediatico) che sembra aver preso il posto della velocizzazione delle procedure, dei tempi di attesa, della semplificazione burocratica e del contenimento dei costi. L’attività portuale salernitana è un esempio da seguire, un esempio che deve essere preso come simbolo della stessa riforma e che non può essere intruppato in squallidi giochi di potere. Quello che accade da due anni a livello governativo centrale fa, comunque, ritenere che la riforma andrà proprio nel verso sopra enunciato e che nessuno mai si sognerà di fare scomparire un modello di efficienza e di funzionalità. Semmai va aggregato ad un organismo enormemente più grande per dare spolvero e rilancio a quell’unica autorità portuale della Campania che potrà soltanto accrescere la potenzialità dell’intero sistema portuale regionale; per questo il Governo dovrà fare molta attenzione nello scegliere il timoniere che sarà chiamato a governare questa enorme realtà che potrebbe anche condizionare, a nostro vantaggio, i futuri sviluppi commerciali, crocieristici e diportistici di tutta la regione Campania. Ed anche per smentire, una volta per tutte, l’antico timore di Salerno di essere succube o subalterna di Napoli, un po’ come negli anni ’70 con l’avvio delle Regioni (come giustamente ha ricordato il presidente Annunziata) che portò anche a Salerno una ventata di freschezza, di sviluppo e di ricchezza. Allora dipese dagli uomini che rappresentavano la città di San Matteo piuttosto che quella di San Gennaro, anche oggi dipenderà dalla qualità degli uomini che saranno chiamati a questo difficile compito. Oltretutto, questa volta, abbiamo un cittadino di Salerno che riveste la carica di governatore; ed è quanto dire.