Aldo Bianchini
SALERNO – Alla luce del recentissimo provvedimento governativo che nel disciplinare l’esistenza delle Banche di Credito Cooperativo sul territorio nazionale ha generato, forse, una completa snaturalizzazione della “mission” che detti istituti di credito hanno avuto da circa 140 anni per l’economia zonale italiana. Con il sistema ideato e portato avanti dal Governo si rischia seriamente di penalizzare chi ha operato virtuosamente in favore di chi, invece, si è mosso con assoluta spregiudicatezza sul territorio di sua competenza. Per chiarezza dobbiamo rifare, per grandi linee, la storia delle banche di credito cooperativo (bcc), anche per capire come, quando, dove e perché è nato il credito cooperativo nel nostro Paese. “”In Italia la nascita della cooperazione di credito si colloca nell’ultimo quarto dell’800. Le ragioni che spinsero alla loro costituzione furono le gravi difficoltà delle popolazioni rurali e del proletariato urbano, l’indifferenza delle classi dominanti e l’usura. Nata da uno spirito fondamentalmente religioso, come era anche nell’ispirazione superiore del Raiffeisen (il gruppo bancario più antico e radicato universalmente), la cooperazione di credito era strettamente connessa con la comunità locale, raccolta intorno ad un coerente insieme di principi etici e solidaristici. Infatti proprio la conoscenza profonda e reciproca dei membri della comunità, della loro situazione familiare, e l’attenzione a salvaguardare la reputazione personale costituivano l’ambito in cui si individuavano le persone meritevoli di credito e i motivi che inducevano ad un uso attento del denaro ricevuto in prestito. La prima Cassa Rurale viene costituita nel 1883 a Loreggia, in provincia di Padova, ad opera di un proprietario terriero, Leone Wollemborg. Questi, prendendo a modello l’attività del Raiffeisen, raccolse intorno a sé 32 soci per la prima cooperativa di credito, cui seguirono, nel 1884, quella di Cambiano di Castelfiorentino, in provincia di Firenze, e quella di Trebaseleghe, ancora in provincia di Padova”” (fonte sito ufficiale del Credito Cooperativo). Questa in sintesi la genesi del processo di nascita e di evoluzione che quindi, per mission, deve radicare la propria azione sul territorio di competenza partendo dalle difficoltà delle popolazioni rurali e del proletariato urbano contro lo strapotere della classi dominanti e contro il cancro velenoso dell’usura. Nella provincia di Salerno, perché questo è il territorio che intendo esplorare con una serie di articoli, le predette condizioni c’erano e ci sono tutte, anche se le stesse condizioni si sono radicalmente evolute nel cambiamento che è andato dalla pura agricoltura-zootecnia fino a sfociare anche nella piccola e media industria, passando naturalmente dall’impresa edile diffusa in tutte le località. Su queste basi e in ordine sparso sono nate molte BCC. Delle quali ben tre BCC operano sul vasto territorio valdianese e che, per alcuni decenni, probabilmente si sono confrontate se non proprio scontrate; sicuramente si sono affrontate a (ir) regolar tenzone per la conquista di fette di mercato sempre più importanti. Ma questo è strettamente connesso allo spirito stesso del credito cooperativo, a patto che n on tracimi dal solco della corretta competizione. Il provvedimento governativo sembra, invece, andare nella direzione completamente opposta a quella che erano le dinamiche naturali della BCC e verso le quali gli stessi istituti di credito si muovevano con sufficiente scioltezza in quanto pervase, tutte, fin dall’inizio dallo spirito etico e solidaristico. Probabilmente c’è ancora tempo per modificare la brutta piega presa dagli eventi frettolosi e dalla voglia,a volte insana, di voler fare le riforme a tutti i costi. Avendo capito per tempo e per primo la caduta degli eventi, sulla questione, mi pare di capire, è intervenuto (almeno fino ad oggi) soltanto il direttore generale della Bcc Monte Pruno di Roscigno e Laurino, Michele Albanese, che con una serie di interventi scritti e verbali ha cercato prima di spiegare la situazione e poi di richiamare l’attenzione di tutti su quanto di catastrofico potrebbe realizzarsi e consolidarsi nei prossimi mesi. In merito al rischio che la riforma possa favorire apparati bancari più consolidati, anche perché le linee strategiche della grandi holding potrebbero male adattarsi ad una situazione di “raccolta – distribuzione – conoscenza diretta” che chiaramente è più consona a linee strategiche locali e molto più morbide, soprattutto nella concessione dei crediti in direzioni molto ben mirate. In proposito è utile riportare una dichiarazione del direttore Albanese che dice: “C’è grande preoccupazione all’interno del movimento del credito cooperativo e lo si legge anche dalle reazioni di Federcasse, che parla di indebolimento della coerenza cooperativa”. Dunque la vera mission degli istituti di credito rischia di essere disinvoltamente stravolta da una riforma che anche, se non soprattutto, per gli istituti virtuosi è assolutamente e largamente punitiva. Il direttore Albanese continua con una osservazione certamente degna di nota: “Nel giro di pochi mesi, quindi, ci potremmo ritrovare di fronte a qualcosa di completamente diverso rispetto all’attuale sistema … Se a questo aggiungiamo anche il negativo impatto occupazionale che avrà il provvedimento, si capiscono benissimo le conseguenze generali che produrrà. Essendo noi tra le banche considerate virtuose, non abbiamo paura di confrontarci con le logiche di un gruppo bancario, ma abbiamo la consapevolezza che nulla sarà più come prima e che potremmo trovarci in una situazione meno solida rispetto a quella che il Governo immagina”. E’ quel “nulla sarà più come prima” che inquieta più di tutte le altre cose e rappresenta l’immagine plastica della futura situazione. Oggi certamente non è prevedibile cosa accadrà domani, ma se guardiamo alla velocità, quasi dittatoriale, con cui Matteo Renzi sta imponendo le riforme ad un Paese disattento, non è difficile pensare a ricadute negative pesantissime su tutto il sistema del banche di credito cooperativo che per ben oltre un secolo ha garantito sviluppo, crescita ed occupazione a strati sociali sempre abbandonati negli ultimi posti di classifica di un ideale e virtuale scaletta di etica e solidarietà. Altri devono seguire l’esempio del direttore Michele Albanese ed uscire allo scoperto in una battaglia sociale condotta nell’ottica del bene supremo non solo dei risparmiatori ma anche dell’imprenditoria e del creditore occasionale.