SALERNO – Sembra che tutto quello che sfila sotto i nostri occhi avvenga per finta. Una finzione continua portata avanti al solo fine di ingannare il cittadino comune che è colui il quale porta avanti la baracca alzandosi presto al mattino per andare a lavorare e produrre non solo per se ma anche per l’intero contesto sociale in cui vive. D’altra parte non si spiegherebbe questo silenzio ovattato che proviene dalle maggioranze (ma questo è fisiologico) e soprattutto dalle opposizioni (ma questo è ingiustificabile) inclini soltanto a manifestare quando la frittata (se di frittata si tratta !!) è ormai fatta, ma a protestare in silenzio in modo che nessuno se ne accorga. Da quando la destra è letteralmente scomparsa, sia in campo nazionale che locale, è come se d’improvviso le lotte sindacali, gli scioperi oceanici, le barricate di massa, le asprezze quotidiane fossero state archiviate e normalizzate in una sorta di “puzza di regime” a dir poco narcotizzante. Sorprende, difatti, che sulla questione dei porti, o meglio sulla questione dell’accorpamento del porto di Salerno a quello gigantesco di Napoli, almeno il centro destra salernitano è stato ed è del tutto assente. E pensare che il porto di Salerno, così com’è, è l’unico collettore e distributore di risorse reali (economiche ed occupazionali) dell’intera provincia; insomma è l’unica ricchezza esistente sul territorio. Capisco, ma non giustifico, il silenzio della portavoce di F.I. in Parlamento, on. Mara Carfagna, lei vive a Roma e a Roma non c’è un porto; ma è nata a Salerno, città in cui tuttora vivono i suoi familiari e lei stessa torna molto spesso; non capisco il silenzio degli altri uomini del centro destra che silenti si avviano verso una consultazione elettorale già persa. La questione del porto, ed anche della sanità, doveva rappresentare la bandiera di una radicale opposizione sia contro il decisionismo del governo centrale che contro l’inerte Regione Campania. Macchè, niente di niente; neppure il candidato in pectore di una parte del centro-destra, Gaetano Amatruda, riesce per il momento a scendere su un terreno che per lui e per i partiti che rappresenta dovrebbe essere congeniale; si è imbarcato, invece, sulla difficile e improbabile terminologia linguistica del “De Luca non c’è più, bisogna cambiare”, senza sapere che De Luca è vivo e vegeto, che De Luca governa tuttora la città di Salerno e che, se vogliamo, il suo potere negli ultimi tempi si è addirittura raddoppiato rispetto ad un recente passato. Ma non accade nulla, tutto fila liscio verso un inevitabile declino, tranne qualche sporadico grido di allarme messo fuori più per finta che per altro.
Si è arrivati al punto che nella stessa giornata a squarciare il silenzio del centro destra ci ha pensato lo stesso governatore De Luca che prima ha sbandierato una delibera che sblocca il tourn-over della sanità per nuove assunzioni, poi minaccia i primariati inutili, ed infine a conclusione dell’incontro Stato-Regioni declina una sorta di decalogo sulla logistica portuale (parola che gli piace moltissimo !! un po’ come “cafoni” o “sfrantumati”, ecc. ecc.) per dire la sua sull’errata manovra degli accorpamenti dei porti italiani: 1) definire prioritariamente il Piano della Logistica; 2) Per quanto riguarda le competenze delle Autorità portuali, modificare le previsioni dell’attuale ipotesi legislativa garantendo la possibilità di approvare i Prg in loco, di gestire in autonomia le concessioni delle aree portuali, di mantenere un rapporto con i Comuni che ospitano l’Authority, evitando di spostare sui livelli burocratici competenze essenziali per la funzionalità dei porti. Altro che “paletti al governo di Renzi” come scrive qualcuno o come qualche altro che aveva annunciato un pranzo tra De Luca e lo stesso Renzi (mai esistito !!); qui si tratta soltanto di una finzione nell’ottica di quel detto napoletanissimo del “facimm e facite ammuina”, ma solo per finta, ovviamente. Anche Lui, il governatore, è in colpevole ritardo, forse perché non ha capito che con Renzi è tutta un’altra storia perché sicuramente non si fermerà al cospetto di un pezzo di carta (quello sottoscritto a Roma in presenza di Delrio) ed andrà avanti calpestando tutti e tutto. Ma che fa, anche De Luca può far finta ogni tanto di fare qualcosa per finta. Fortunatamente ci ha pensato nelle ultime ore il redivivo Aniello Salzano (già sindaco di Salerno e docente presso la nostra università) con un suo approfondimento sulla prima pagina de Il Mattino dell’11 febbraio dal titolo “Porto, ora tocca alle istituzioni” ed a svegliare i registi del centro destra salernitano e campano per ricordare loro che la delibera sulla sanità sventolata da De Luca era una delibera già scritta da Caldoro che, finalmente e soltanto dopo la sveglia, è sceso in campo con una conferenza stampa di chiarificazione brandendo, a suo modo e con poche ricadute mediatiche, la delibera già approvata dalla sua giunta. Ma quello che interessa di più dell’entrata sul campo di gioco del vecchio (solo politicamente) ed esperto Aniello è stato il suo appello per il porto: “Con colpevole ritardo -scrive- i nostri disattenti rappresentanti istituzionali hanno preso coscienza della portata della riforma dei porti varata dal governo, delle ricadute economiche di tale decisione, del danno enorme che essa potrebbe arrecare al nostro già debole tessuto industriale. Eppure era tutto largamente prevedibile. Era sufficiente leggerne il testo”. Ma Aniello Salzano non si ferma qui e sul filo di una proprietà di linguaggio e di scrittura (non comune a tutti ai giorni nostri) riesce a portare all’attenzione dell’attento lettore una situazione davvero drammatica che va nella direzione (come ho già scritto tante volte su questo giornale !!) di identificare come supremo responsabile del presunto disastro dell’accorpamento del porto nella persona dell’attuale governatore atteso il fatto che la sua Salerno, città europea, non potrà mai essere tale senza il porto. Ma neppure su questo specifico argomento il centro destra salernitano ha saputo infilzare il governatore e si avvia, come dicevo, verso una debacle elettorale senza precedenti. Su una cosa, però, dissento dall’impianto ricostruttivo della “vicenda porto” fatto da Aniello Salzano; a mio avviso il porto di Salerno senza l’accorpamento con quello di Napoli non sopravviverebbe a lungo, al di là della fantomatica “logistica” evocata in questi ultimi mesi, e solo in questi ultimi mesi dal governatore. Le dinamiche (e non solo le logistiche) moderne, soprattutto dopo il cambio delle rotte mediterranee ed intercontinentali impongono scelte rapide e non rinviabili in direzione della creazione di poche autorità portuali e di pochissimi centri di potere decisionali; addirittura era, forse, meglio pensare ad un’unica autority nazionale. E per Salerno, come dice spesso il presidente Andrea Annunziata, non sarà sicuramente una iattura. Ma tanto non c’è problema, il necessario è far finta di fare qualcosa; per il resto Dio vede e provvede. Sempre per finta, infine, protestano gli addetti portuali e gli imprenditori del mare che fino a qualche mese fa hanno dormito sonni profondi sperando, forse, che la riforma dei porti non sarebbe mai arrivata in porto.
Condivido in toto, Le opposizioni, il sindacato, le forze sociali, tutti scomparsi nel nulla,
Quanto affermato dal Direttore dr. Bianchini, frutto della sua ampia conoscenza del mondo politico – e non solo – salernitano, è sicuramente una verità inconfutabile, anche per chi non può disporre di altrettante informazioni sul comportamento di alcuni personaggi che sono stati decisivi per lo sviluppo economico e occupazionale della città.
Direi quindi che non è sorprendente l’attuale levata di scudi per il fatto che sia venuta alla ribalta la questione dell’accorpamento del porto commerciale di Salerno con quello di Napoli, in conseguenza della riduzione del numero totale delle Autorità Portuali, come prevista dal relativo decreto ministeriale.
Anche questo nuovo assetto, infatti, temo che derivi da certe posizioni poco attente a quanto si andava verificando nel mondo della portualità e della logistica, dove la forte concorrenza, per gli enormi interessi in gioco, esigeva – ed esige – una strenua difesa delle proprie prerogative e delle proprie caratteristiche operative.
Invero, c’è da riconoscere che lo scalo salernitano, pur potendo vantare volumi di traffici commerciali di anno in anno crescenti e una conduzione manageriale di alto livello, tuttavia, nel confronto con altre realtà nazionali e anche in alcuni consessi decisionali, non raccoglie pari credibilità allorché si stilano classifiche o si attribuisce la collocazione in determinate categorie.
– Nel Regolamento UE del 2013 che istituisce la mappa delle reti ferroviarie TEN-T, il porto di Salerno non è stato incluso nell’elenco dei Porti “core”, per mancanza, fra l’altro, di certi requisiti nonché di una idonea e completa dotazione di infrastrutture per i trasporti da e per il retroterra. Qualche altro porto italiano, pur trovandosi in analoghe condizioni, ha avuta invece assegnata quella certificazione, il che non è poco in quanto essa pone in posizioni privilegiate per usufruire di finanziamenti e/o di altre forme di agevolazioni creditizie e normative.
– Il 2 febbraio u.s. presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, a cura della Struttura Tecnica di Missione, si è tenuta una riunione sul Tema della Intermodalità, con l’intervento del ministro e dei rappresentanti degli operatori del trasporto e della logistica. Si è discusso delle nuove linee di sviluppo per il trasporto ferroviario delle merci, nonché delle necessarie intermodalità infrastrutturali. Sono stati citati 4 porti italiani (Augusta, Bari, Cagliari e Palermo) che NON hanno un collegamento diretto alla rete ferroviaria, ma nessuna menzione risulta essere stata fatta per quello di Salerno, che pure da anni soffre di tale problematica, con l’aggravio per giunta di una limitata attenzione da parte di chi dovrebbe esserne interessato. Eppure intorno a quel tavolo si è discusso dei possibili interventi per ridurre il gap che l’Italia mostra nei confronti di altri paesi europei e delle iniziative programmatiche per addivenire ai possibili, necessari finanziamenti.
– Da alcuni resoconti sulla recente Fiera di Berlino “Fruit Logistic 2016”, dedicata al trasporto e alla logistica dell’ortofrutta, si apprende che l’Italia ha avuto un ruolo di prima fila, con l’intervento di importanti operatori del settore e di rappresentanti ufficiali dei porti interessati dalle relative operazioni. Fra gli stand presenti, con riferimento ai prodotti agroalimentari dei rispettivi territori, spiccavano gli operatori dell’Area genovese; quelli “del Porto di Taranto” per le produzioni del Mezzogiorno; lo stand del “Porto di Venezia” col progetto “Fresh Food Corridors”; il “Sistema dei Porti di Roma” per valorizzare il Centro agroalimentare di Roma; il “Porto di Gioia Tauro”, quale via di transito per i prodotti ortofrutticoli calabresi.
La filiera della produzione agroalimentare campana – inclusa quindi quella salernitana – sembra che non abbia avuta una specifica visibilità e rappresentanza, unitamente alle associate strutture di veicolazione – tipo il Porto di Salerno – quali possibili e accreditati centri di smistamento e spedizione sul lungo raggio.
Purtroppo temo che per gli esempi sopra riportati si sconta un aggio che è sempre lo stesso ed è riconducibile ad un problema che continua a rimanere irrisolto e a costituire un serio ostacolo per un vero salto di qualità dello scalo commerciale di Salerno.
In tale situazione risulta difficile prefigurare la bontà di questa o quella soluzione, specie se si continua a porre l’accento sulle manchevolezze degli altri, ignorando le proprie. Fin dagli scorsi decenni, sarebbe stato invece opportuno da parte di tutti, compresi gli esponenti del mondo del lavoro, avere una visuale più allargata per accorgersi della fisionomia che andava assumendo il traffico combinato mare-terra – nel mondo e in Italia – e battersi di conseguenza, nelle competenti sedi istituzionali, per ottenere la realizzazione degli indispensabili adeguamenti e ammodernamenti infrastrutturali del porto e delle aree retrostanti.