Aldo Bianchini
SALERNO – Il 15 gennaio 2016 passerà, forse, alla storia come il giorno in cui per la prima volta in assoluto l’ex sindaco di Salerno ed attuale governatore della Campania, Vincenzo De Luca, siederà nell’emiciclo di un’aula di giustizia anche se, nonostante sia imputato e già condannato in primo grado, lo fa per rendere dichiarazioni spontanee sull’intricata matassa del “processo termovalorizzatore” che gli è costata una condanna penale (insieme ad Alberto Di Lorenzo e Domenico Barletta) e la sospensione da sindaco. De Luca si è sempre difeso parlando di “reato linguistico” intentendendo far passare per una sciocchezza la nomina del project manager nella persona di Alberto Di Lorenzo giunto in sostituzione di Lorenzo Criscuolo (all’epoca ingegnere capo del Comune) che era stato nominato appena quattro giorni prima con ordinanza commissariale. In verità, oggi, la Procura che ha ricorso in appello insieme agli imputati cerca di accreditare ancora la tesi d’accusa per il reato penale di peculato in quanto Di Lorenzo avrebbe incassato una parcella superiore che senza quella nomina (che l’allora commissario ai rifiuti De Luca secondo l’accusa non poteva fare) non avrebbe mai potuto incassare. Un’accusa che non ha retto in sede di processo di primo grado e che, a mio sommesso avviso, non potrà reggere in appello. Quindi l’accusa sulla quale i giudici d’appello dovranno decidere tra gennaio e febbraio prossimo (udienze previste per l’8, il 15 e 26 gennaio e 5 febbraio per la sentenza) sarà sempre e solo quella, meno pericolosa, di abuso d’ufficio addebitando a De Luca la responsabilità di una scelta che non poteva compiere, ovvero che poteva compiere se invece di definire come “project manager” la posizione di Di Lorenzo l’avesse definita semplicemente con la classica terminologia italiana di “coordinatore del gruppo di lavoro” anche se in questo caso non sarebbe scattata la parcella onerosa. In pratica, però, la qualifica di project manager, denominazione chiaramente inglese, prevederebbe il possesso di un proprio elevato background professionale che, sempre secondo i giudici di primo grado, il dr. Alberto Di Lorenzo non aveva.
Da qui il declamato “reato linguistico” di cui Vincenzo De Luca si fa forte, e non completamente a torto, in ogni sede; dalle tribune televisive come da quelle elettorali ha sempre gridato la sua innocenza basandosi su questa differenziazione nella denominazione dell’incarico che era nelle sue facoltà concedere ad un uomo di fiducia ma evitando di spiegare quali sono le differenti attribuzioni di un project manager rispetto ad un coordinatore. Ma se è tutto così semplice e spiegabile come mai la Procura della Repubblica di Salerno insiste per ottenere la conferma della sentenza di condanna di primo grado, magari con l’aggravante del peculato ? La risposta non è facile ed è tutta da ricercare nei meandri e nei tortuosi percorsi della giustizia italiana che, pur nella sua impostazione garantista, riesce sempre a complicare ogni cosa. Comunque il giorno 8 gennaio 2016 il processo d’appello ha mosso i suoi primi passi dinanzi ad una sezione presieduta, guarda caso, dal sicuramente certo ma ormai ex amico Michelangelo Russo il quale, del resto, non ha mai nascosto (almeno fino ad alcuni anni fa) la convergenza delle sue posizioni personali e politiche con quelle dell’eterno sindaco De Luca. Le polemiche sono scoppiate subito dopo l’assegnazione del processo alla sezione presieduta da Russo e più di qualcuno ha anche chiesto l’astensione del giudice o la riassegnazione del fascicolo ad altra sezione; fortunatamente, almeno fino ad ora, non è accaduta né l’una né l’altra cosa.
Dico questo perché ritengo, come ho già scritto, che Michelangelo Russo sia un magistrato sicuramente al di sopra di ogni sospetto e in grado prescindere il giudizio da una sua ex amicizia. Difatti non certamente è colpa di Russo se la prassi consente ad un magistrato di amministrare la giustizia anche per tutta la vita nello stesso distretto, quando invece il ruolo delicatissimo dovrebbe indurre a periodici spostamenti; lo si fa con i Prefetti, con i Carabinieri e finanche con i Sopraintendenti; non riesco a capire perché non lo si possa fare con i magistrati. Il Tribunale di Salerno è pieno zeppo di magistrati nati a Salerno, vissuti a Salerno da sempre e portatori di tutte le insinuazioni, le trasversalità, le malignità possibili; hai voglia di dire che un magistrato è al di sopra delle parti e dei fatti, per esserlo dovrebbe vivere in una sfera di cristallo, ma così non è. Ma c’è un’altra spiegazione che nessuno vuole fornire ? Penso di si ed attiene le prerogative politiche di un sindaco di nominare per un compito delicato che ritiene possa rispondere alle sue richieste senza battere ciglio, altrimenti lo sostituisce d’imperio. Ecco allora che mi permetto di suggerire al Presidente della sezione di Corte d’Appello alcune domande utili a dipanare l’intricato enigma: 1) Perché il pm non ha scandagliato meglio la sequenza delle nomine di capo-staff e di project manager con le repentine sostituzioni di Criscuolo e Barletta; 2) Perché la sostituzione avvenne nel giro di appena quattro giorni dalla nomina iniziale di Criscuolo; 3) Perché non è stata analizzata a fondo la rottura eclatante tra De Luca e Criscuolo; 4) Perché poco tempo dopo Criscuolo lasciò il Comune per trasferirsi armi e bagagli in Provincia; ed ancora: 5) Sono state esaminate tutte le pratiche di esproprio per i suoli sui quali doveva sorgere il termovalorizzatore; 6) Sono state analizzate, una per una, tutte le situazioni dei proprietari dei suoli e se questi ultimi avevano ceduto ed a chi i loro diritti; ed infine: 7) Chi e quanti risultano di fatto beneficiari dei pagamenti di danaro pubblico in funzione degli espropri. Da questo punto di vista l’indagine preliminare della Procura è carente in quanto la pubblica accusa ha cercato di far passare il reato penale di peculato per aggravare la pena ben sapendo che la ricerca di un reato nel dedalico mondo delle competenze politiche sarebbe risultata impresa molto più difficile. Ma perché Vincenzo De Luca ha scelto di presentarsi in aula per rendere dichiarazioni spontanee ? Difficile rispondere, anche perché il kaimano in aula non c’è mai andato e per decidere in questo senso ci sarà pure stata una validissima ragione; da ricercare, forse, nell’opera di convincimento del professore Andrea Castaldo e dell’avvocato Paolo Carbone (difensori del governatore) per indurre a moderare i toni ed a presentarsi con umiltà, per non dire sottomissione, dinanzi ai giudici che non essendo giustizieri vogliono soltanto capire. Ne sapremo, ovviamente, qualcosa di più la mattina del 15 gennaio prossimo, quando il governatore Vincenzo De Luca si siederà in aula e finirà con l’incrociare gli occhi del suo “ex amico” Michelangelo Russo che potrebbe essere annoverato negli annali giudiziari come il primo giudice ad aver costretto Vincenzo De Luca a presentarsi in aula.
Non poteva essere altrimenti!!
Anche l’Impianto Trattamento Rifiuti di Salerno non sfugge al cappio della “Legge del Ritardo Endemico” che regola in Italia la realizzazione di ogni opera pubblica.
Se non erro, se ne è cominciato a parlare in termini concreti dal 2008 (o forse prima).
Eppure ancora non sono bastati:
– a) scontri/dibattiti in sede tecnica sulla validità o meno di costruirlo e sulle opzioni più congeniali da adottare, anche in relazione all’evoluzione della connessa tecnologia e al consolidarsi della metodologia di raccolta e della tipologia di conferimento dei materiali e della loro natura;
– b) continue e rinnovate richieste di approfondire indagini e scandagliare aspetti dell’intricata vicenda, di volta in volta e secondo i vari punti di vista, ritenuti o importanti o trascurabili;
-c) serrate dissertazioni sull’interpretazione di certe terminologie, sulla opportunità o liceità di usare parole non appartenenti alla lingua italiana, su certi distinguo fra i termini inglesi “project” e “design”, a cui nella traduzione italiana vengono dati significati sovrapposti;
– d) confronti dibattimentali nelle aule giudiziarie per verificare la congruenza di delibere e disposizioni emesse per l’assegnazione degli incarichi ai soggetti preposti alla conduzione dei lavori di costruzione dell’impianto, e contestare l’illeicità di certi comportamenti;
– e) tavoli di discussione per l’armonizzazione di vincoli ambientali, esigenze del territorio, interessi locali in ambito pubblico e privato.
Probabilmente, altri fattori ancora hanno contribuito a renderne faticoso il cammino.
Tuttavia lo smaltimento dei rifiuti è un problema non eludibile e ogni azione causa di contrasto o di ritardo della sua soluzione rappresenta un danno per la collettività. Non è un caso se in molte città, in Italia e all’estero, gli impianti relativi sorgono pure nelle immediate periferie e forniscono addirittura kilowattori di energia.