Aldo Bianchini
SALERNO – “Non si dovrebbero mai azzardare commenti prima di avere letto i provvedimenti giurisdizionali. Nella vicenda del governatore della Campania è un azzardo anche commentare i provvedimenti dopo averli letti”. Non lo dico io (sarebbe poca cosa !!) ma lo scrive su Il Mattino Giovanni Verde (magistrato per 12 anni, poi avvocato e professore universitario di diritto processuale civile e dal ’98 vice presidente del Csm, è considerato uno dei massimi esperti del processo civile) e se lo dice lui bisogna crederci che la semplice lettura dei provvedimenti giurisdizionali che riguardano il governatore Vincenzo De Luca produce un impatto sconvolgente con il modo in cui viene amministrata la giustizia in questo “Bel Paese”. Anche perché nella baraonda che ogni volta, in maniera strana e forse inconcepibile, suscita la figura politico-giudiziaria del kaimano si può vedere di tutto e di più; a Napoli direbbero più semplicemente e più comprensibilmente che “la magistratura si è arravogliata su se stessa”. Difatti seguendo il percorso seguito dal prof. Verde in punta di diritto civilistico si capisce facilmente che nel complicato “caso De Luca” non solo abbiamo assistito alla sospensione della sospensione ma addirittura alla “sospensione di un processo che il primo giudice aveva già deciso di sospendere” appellandosi all’art 23 della Legge 27/1953 (la norma che disciplina il procedimento qualora si sollevino questioni di legittimità costituzionale),
quasi come se il Tribunale Civile di Napoli avesse inconsultamente reagito ad una pronuncia di un altro giudice (nonostante in quel collegio ci fosse un magistrato chiacchierata) ed avesse tentato di entrare nel merito di un procedimento sospeso, con una sorta di insurrezione giurisdizionale prima di ricredersi e ritornare nei binari del giusto equilibrio. Insomma quest’ultima pagliacciata del “congelamento del processo” nell’attesa della pronuncia della Corte Costituzionale poteva proprio esserci evitata e, soprattutto, poteva essere evitata alla difesa ed allo stesso governatore che in base alla prima sentenza ha tutto il diritto di governare fino alla pronuncia dell’Alta Corte. Alla fine la ragione ha preso il sopravvento, meno male. Ma se questo inquietante episodio (altro che bravura e competenza del Tribunale come ha decantato il kaimano) viene accoppiato ad altri inquietanti episodi (non ultimi quelli del provvedimento del CSM che ha sancito sulla questione del procuratore di Arezzo perché il fatto di essere consulente della presidenza del consiglio non crea alcun elemento oggettivo e soggettivo di incompatibilità con le indagini che sta portando avanti sul caso della quattro banche fallite e della sentenza d’appello per il caso della morte di Casalnuovo di Buonabitacolo, tanto per rimanere ai nostri giorni) se ne ricava l’impressione di trovarci di fronte ad una giustizia, o meglio ad una magistratura che amministra la giustizia a macchia di leopardo in un Paese che ormai è alla deriva dal punto di vista del diritto; in pratica non c’è certezza su nulla ed a poco valgono le leggi e i regolamenti se questi possono essere stravolti a seconda delle necessità politiche e di potere. Perché in buona sostanza di potere si tratta, il potere della magistratura (o di una piccola parte di essa) che non ama vedersi scavalcata dal potere politico ed è capace di cambiare in corsa anche le leggi per affermare il suo già pesante potere. La cosiddetta “legge Severino” nella sua accezione giuridica fa ridere, secondo me, l’intero mondo giudiziario ed ha scaraventato quella che un tempo fu “la culla del diritto” in un baratro senza fine. “La legge Severino vale e si applica al momento solo per Berlusconi. Aspettiamo che la Corte Costituzionale con celerità si esprima sul punto. Questa incertezza delegittima le istituzioni” grida ai quattro venti ed inutilmente
Fulvio Martusciello (europarlamentare del Forza Italia), anche perchè soltanto in parte il suo grido rispecchia una realtà reale che è abbastanza dissimile da quella di de Luca e dello stesso De Magistris. Quest’ultimo difatti continua comodamente a fare il sindaco di Napoli nonostante per il suo caso la Corte si sia già pronunciata convalidando la legge Severino ma lasciando, come accade in un Bel Paese che si rispetti, ampi margini sui quali lavorare per non lasciare la poltrona (e questo, però, il civilista Verde non lo cita nel suo articolo di fondo); e quello che potrebbe apparire come una insurrezione del Tribunale di Napoli può essere ricondotta nella normalità dell’anormalità perché il collegio chiamato ad esprimersi sul merito aveva già a disposizione un pronunciamento dell’Alta Corte, e non ne ha tenuto affatto conto. Insomma un gatto che si morde la coda, e siamo solo all’inizio.
Sarà anche vero che “i giudici di Napoli continuano ad affermare soltanto le ragioni del diritto” (come enfaticamente dice il governatore De Luca) ma vorrei tanto che qualcuno maccheronicamente mi spiegasse di quale diritto Egli parla. Fortunatamente viviamo in un Paese con una democrazia compiuta che è la migliore arma per sconfiggere le derive di potere delle singole articolazioni dello Stato; alla fine anche la magistratura verrà sconfitta dallo stato democratico che procede lentamente ma inarrestabilmente, anche se sul campo rimarranno morti e feriti. Ma siamo nel “Bel Paese” e spero tanto di non aver aggiunto confusione a confusione.