Maddalena Mascolo
POTENZA – La Corte d’Assise di Potenza ha sentenziato la colpa del maresciallo del Carabinieri Giovanni Cunsolo per la morte del giovane Massimo Casalnuovo, avvenuta la sera del 20 agosto 2011 quando non si fermò ad un posto di blocco. Una sentenza che sconfessa pienamente quella di primo grado emessa dal giudice Enrichetta Cioffi che assolse il militare con la formula piena “perché il fatto non sussiste” che sconfessava, a sua volta, la richiesta del pm Michele Sessa che aveva richiesto la dura condanna a nove anni di carcere in applicazione dell’art. 584 del C.P. che prevede il cosiddetto “omicidio preterintenzionale”. In teoria l’omicidio preterintenzionale farebbe pensare che il maresciallo avrebbe deliberatamente voluto operare una lesione nei confronti di Casalnuovo e questo comportamento avrebbe provocato la non prevista, e/o prevedibile, morte del ragazzo. In verità il pm Sessa aveva anche chiesto l’applicazione di un’ aggravante per aver commesso il fatto con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio. In appello, dinanzi alla Corte d’Assise di Potenza, non solo è stata smantellata la sentenza della Cioffi ma è caduta anche l’ipotesi dell’aggravante richiesta dal pm Sessa. Da qui una terza versione dei fatti e la conseguente sentenza a 4 anni e 6 mesi (oltre all’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici) per omicidio preterintenzionale semplice, mentre il pm Modestino Roca che prima aveva chiesto la condanna ad un anno e sei mesi per “omicidio colposo aggravato dovuto ad eccesso di potere” e poi ha finito per chiedere, nella sua requisitoria finale, cinque anni per omicidio preterintenzionale e in subordine il riconoscimento dell’omicidio colposo per il quale non aveva formulato alcuna richiesta detentiva già ritenendo, forse, che fosse sufficiente la richiesta precedente o “in subordine” che la Corte avrebbe deciso per quello preterintenzionale, vista la piega che aveva preso la rinnovazione del processo (cosa assai rara !!). Ora si andrà in Cassazione per una vicenda che sembra non aver mai fine e con una magistratura che fa, forse anche giustamente, esercizio di diverse interpretazioni dei fatti e dei rispettivi ruoli. Ma su questi aspetti ci sarà, a breve, anche un approfondimento del direttore di questo giornale. Quale che sia la decisione finale, quando arriverà, non bisognerà mai dimenticare un fatto fondamentale che sembra essere stato dimenticato da tutti: la sera del 20 agosto 2011 il maresciallo Giovanni Cunsolo si trovava in quel posto per ubbidire ad un preciso ordine del comandate della stazione dei Carabinieri di Buonabitacolo che a sua volta rispondeva, con quel blocco stradale, ad una precisa richiesta dell’allora Sindaco di quella comunità avanzata sulla base di un esposto-denuncia di una settantina di cittadini. E non bisogna neppure dimenticare che un testimone chiave ha sempre dichiarato che uno dei cittadini buonabitacolesi suggeriva, subito dopo il fattaccio, al figlio (teste di accusa) di accusare pesantemente il maresciallo Cunsolo per aver colpito con un calcio il motorino del malcapitato (almeno questo risulta dagli atti !!); tesi questa assolutamente smentita negli atti processuali che avevano portato all’assoluzione in primo grado. L’altro giorno in sede di discussione finale a Potenza l’arringa dell’avv. Renivaldo La Greca, difensore del Cunsolo, è durata oltre sette ore, un vero record che non è servito, però, per la conferma della sentenza di primo grado e quindi per l’assoluzione del suo assistito.