SALERNO – Da quel lontano 3 aprile 2014 non ho mai scritto un solo rigo sulla morte drammatica di Massimo Ricco. E’ triste quando un uomo a soli 46 anni deve perdere la vita, deve andarsene per sempre, deve lasciare affetti, amicizie, ed anche inimicizie. E’ triste perché a 46 anni non si può morire così come è accaduto a Massimo Ricco, conosciuto imprenditore della city, uomo brillante, intellettualmente capace, abile nell’imprenditoria, sicuro e convinto delle sue capacità, assolutamente buono e disponibile verso il prossimo. La mattina del 3 aprile 2014, però, non ce l’ha fatta più ed ha deciso drasticamente di porre fine ai suoi dolori psichici, un qualcosa che gli rodeva dentro e non lo faceva più vivere come aveva sempre voluto, come per lungo tempo era riuscito comunque a fare: vestiti, viaggi, belle amicizie, una famiglia stupenda, dei figli meravigliosi; insomma fino a quella tragica mattina aveva vissuto una vita brillante, fatta anche di lustrini e pallettes, ma pur sempre una vita degna di essere vissuta. Dentro c’era annidato un mostro che lo stava consumando, il pensiero degli affari andati male, delle operazioni finanziarie finite clamorosamente nel precipizio, la sua brillante stagione delle assicurazioni, la sua stessa vita un po’ sopra le righe; tutto gli apparve improvvisamente finito e da lì la tragedia. Il suo corpo fu ritrovato dai suoi familiari nel bagno del suo appartamento a Sala Abbagnano dove viveva con moglie e figli. La disperazione della moglie Carmen D’Anna (rampolla della prestigiosa famiglia di imprenditori salernitani), il dolore immenso dei figli; poi la casa che si riempiva di gente, anche di due procuratori (il sostituto Rotondo e l’aggiunto Rinaldi); inevitabile la fase immediatamente successiva del sequestro della salma nell’attesa dell’esame di tutti i documenti ritrovati nel suo appartamento.
Poi i funerali seguiti da una moltitudine di persone, familiari, parenti, amici ed anche semplici curiosi. C’è sempre curiosità quando accade una tragedia del genere. E subito dopo è partita la cultura del sospetto, un virus che si è insinuato piano piano, che è apparso ed appare sui giornali, che viene sussurrato ad ogni angolo di strada, giunto fino alle orecchie di chi come me è attento osservatore della cronaca proveniente dalle dicerie popolari che quasi sempre all’apparenza sbagliano ma che spesso ci azzeccano. Il sospetto, il dubbio insinuante che Massimo Ricco possa essere stato oggetto di una violenza psicologica, di una pressione continua e martellante, insomma anche di violenze e di minacce che vanno ben al di là del semplice stalking. Fin dal primo momento è stato un susseguirsi di cose dette e non dette, di chiacchiericci subito smentiti, di perfidi suggerimenti e di malefiche insinuazioni. E nella trappola dei sospetti è caduta buona parte della stampa salernitana, almeno quella della cosiddetta ”casta dei giornalai”, un piccolo gruppo di valenti giornalisti che cerca di gestire in maniera quasi oligarchica il mondo dell’informazione salernitana; non ho mai fatto parte di questa casta squattrinata ma efficiente sul piano delle relazioni interpersonali per via di amicizie e parentele più o meno intrecciate tra loro; naturalmente sono squattrinato anche io ma ho preferito la lontananza da questo sistema per restare più libero di parlare e di scrivere. Conosco tutti i componenti della casta, così come conosco molti dei personaggi e diverse persone che gravitavano intorno a Massimo Ricco che avrebbero potuto sottoporlo a pressioni, anche di natura finanziaria, oltre i limiti umanamente sopportabili; credo, però, che tutti questi soggetti non hanno minimamente inciso sulla psicologia di Ricco. Pur non avendolo mai conosciuto o frequentato ho ricavato la sensazione che fosse un uomo che si era fatto da solo e per chissà quali sfortunati imprevisti si era ridotto alla disperazione psicologica; probabilmente anche lui non avrebbe mai ammesso le debacle, i tradimenti e i suoi personali errori e non avrebbe consentito che il velenoso dubbio prendesse piede. Non so se siamo di fronte ad un “sospetto indotto” da persone vicine a Ricco o dagli tessi inquirenti, so per certo che spesso la stampa viene brutalmente utilizzata e sfruttata come accade ai nostri giorni con Vatileaks/2. So anche che se si prosegue su questa strada si finisce in un vicolo cieco dopo aver provocato soltanto danni e sconquassi ad altre persone; è il momento di smetterla con questi inutili pettegolezzi e queste insinuazioni di bassa lega e di lasciare riposare in pace il compianto Massimo Ricco. Non ci sono agendine nascoste, non ci sono tabulati telefonici inquietanti, non ci sono fatture compromettenti; sul tavolo degli inquirenti ci sono soltanto alcuni procedimenti penali celebrati alla luce del sole, tutto il resto non esiste.
direttore: Aldo Bianchini