SASSANO: un anno dopo la strage … da Campbell a Paciello per una macchia d’olio !!


Maddalena Mascolo

SASSANO – Non ci vuole molta inventiva per dire che oggi la comunità sassanese vivrà una giornata speciale. Tutta all’insegna del ricordo e della preghiera di quei quattro ragazzi (Giovanni, Nicola, Luigi e Daniele) uccisi da un’auto guidata a folle velocità da un loro coetaneo, amico e fratello, Gianni Paciello. Minuto più, minuto meno, erano le 16.35 del 28 settembre 2014, quando Gianni in stato di ebbrezza, proveniente da Trinità di Sala Consilina e diretto verso Silla di Sassano, alla guida di una potente BMW sbanda e si schianta contro l’ingresso di un bar sul cui marciapiede si trovano i quattro ignari ragazzi. E’ la strage, muoiono in quattro. E’ passato un anno e Sassano ricorda con una messa, una marcia ed una fiaccolata; gran parte della popolazione non vorrà mancare e non mancherà. Nel frattempo il processo a carico dell’imputato è già a buon punto e se non ci saranno colpi di scena si dovrebbe arrivare ad una sentenza di primo grado piuttosto celermente. A circa 10.500 km di distanza, esattamente a Los Angeles sul mitico lungomare di Venice Beach poco più di due anni fa, esattamente il 3 agosto 2013, una coppia di sposini italiani (Alice Gruppioni e Christian Casadei) in luna di miele sta passeggiando sul lungomare più famoso del mondo. Su di loro piomba un’autovettura Dodge guidata da Nathan Campbell che dopo aver ferito 17 persone uccide la giovane e bella trentaduenne imprenditrice italiana. Nathan voleva, forse, uccidere uno spacciatore che gli aveva venduto per 35 dollari una dose di metanfetamine e distratto ed arrabbiato aveva preso d’infilata tutta quella gente. In aula, a Los Angeles, la zia della vittima, Katia, aveva chiesto la pena di morte per l’assassino; una richiesta sicuramente eccessiva ma dettata dal dolore e dal ricordo della splendida sorella. Pochi giorni fa la mite (si fa per dire !!) sentenza: la pena minima di 42 anni di carcere che potrà arrivare fino all’ergastolo se Nathan non si comporterà bene; pesantissimo il giudizio della Superior Court che ha tenuto conto soltanto dell’accaduto senza andare alla ricerca di disperate e disperanti attenuanti che, come da noi, potessero almeno equivalere e mitigare le aggravanti. La difesa di Nathan ha, comunque, cercato di far passare come attenuante generica il fatto che sull’asfalto del mitico lungomare c’era la presenza di una macchia di olio. Niente da fare, la giuria è stata inflessibile ed insensibile ad ogni appello di prudente umanità. Qualcuno obietterà che la giustizia americana è molto distante dalla nostra, non è garantista come la nostra ed è piuttosto sbrigativa; tutto vero, ma rimane il fatto che decide, anche se sbaglia. Da noi le cose sono destinate ad andare per le lunghe; qui non è morto solo un ragazzo, ne sono morti quattro, di cui uno fratello del potenziale assassino, sempre che la sua colpa sarà sancita da una sentenza passata in giudicato. Naturalmente la pena carceraria di 42 anni appare sconvolgente rispetto al nostro sistema giudiziario che anche nei casi di omicidio premeditato difficilmente arriva all’ergastolo e sempre più spesso si ferma ai trent’anni che scendono rapidamente a venti in caso di rito abbreviato e/o immediato. Non ci auguriamo neppure lontanamente che per Gianni Paciello, i cui difensori hanno anch’essi cercato di portare come prova a discarico una macchia d’olio sull’asfalto, il tribunale infligga 42 anni; non si può stroncare per sempre la vita di un giovane che, comunque, non ha mai spacciato come Nathan e si avviava ad una esistenza fatta di lavoro quotidiano. Anche perché nel nostro Paese il concetto di “omicidio stradale” non è ancora diventato legge e stenterà a diventarlo (almeno così com’è in America) perché non è nel nostro dna; abbiamo un’altra concezione della vita ed un’altra cultura giuridica. Ma una punizione esemplare ci vorrebbe per placare le sensazioni di vendetta dei familiari e amici delle quattro giovanissime vittime, e per essere da monito a tutti gli altri giovani che spesso ed anche inconsapevolmente fanno uso e abuso di bevande alcooliche. Nell’attesa della sentenza, uniamoci tutti in preghiera.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *