SALERNO – Non c’è niente da fare, noi italiani il virus dell’assenteismo ce l’abbiamo nel nostro patrimonio genetico ed è lì che bisognerebbe intervenire. Ma è proprio lì che difficilmente si può intervenire, ma bisogna farlo, costi quel che costi, altrimenti andremo sempre di più alla deriva. Quanto accaduto l’altro giorno presso l’Azienda Universitaria Ospedaliera “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragone” di Salerno (A.U.O.) deve rappresentare per tutti il punto di svolta, il momento del non ritorno, in caso contrario saranno davvero seri dolori. Telecamere, software hi-tech e tradizionali pedinamenti hanno messo a nudo, in tempi record, lo scandaloso atteggiamento di ben 850 dipendenti dell’ AUO che hanno perseguito infedelmente una pratica quasi come fosse connaturata all’essere stesso dipendente sanitario, un copione che tutti potevano seguire. Metto, ovviamente le mani avanti, e mi auguro (come ha fatto anche il sindacalista Pietro Antonacchio – segr. gen. Cisl-Fp) che con altrettanta velocità la magistratura ci dica quanti di questi 850 dipendenti siano da considerare dipendenti infedeli e, quindi, da punire severamente. Sarà anche vero che ci sono degli errori strumentali e meccanici, delle asimmetrie comunicative rispetto a domande di ferie, congedi a vario titolo, malattie, ecc. e che c’è bisogno di una seria verifica organizzativa da parte dell’azienda ospedaliera, ma non si può sottacere il fatto che negli ultimi due decenni, dopo la grande pulizia degli anni ’80, è ritornata sempre più forte la mania di fregare il prossimo, soprattutto nel variegato mondo del pubblico impiego. E questo ad ogni livello di incarico a cominciare dai dirigenti per finire agli inservienti. Eppure i segnali in tal senso, cioè della deriva progressiva, non mancavano e qualche caso era emerso in tutta la sua gravità tra ASL e AUO: i primari col cartellino (articolo del 14.07.14), l’utilizzo del parcheggio da parte dei dipendenti (articolo del 14.09.14), il dovere di fare pulizia (articolo dello 01.02.15), fino al “Ruggi di De Chiaro … e Il Mattino” (articolo del 24.06.15); tutti articoli consultabili su questo stesso giornale nell’ordine di data prima indicato. Ma nessuno aveva fatto niente o aveva cercato di porre rimedio, anzi in alcuni di questi casi anche i sindacati hanno cercato di evitare clamorosi risvolti. Non voglio arrivare a pensarla come Pietro Ichino quando nel suo “I nullafacenti” descrive il pubblico impiego come “un luogo dove lavorare è facoltativo”, ma a conti fatti sembrerebbe che Ichino abbia proprio ragione da vendere, per questo forse è stato fermato e relegato in un candido olimpo. Mi piace ricordare ai lettori il mio scritto del settembre 2014 in merito ai cosiddetti parcheggiatori, cioè tutti quei dipendenti dell’AUO che arrivano a San Leonardo in auto privata per prendere servizio. Ecco cosa avviene: “Gli operatori sanitari arrivano trafelati dinanzi al posto dove devono passare il tesserino marca tempo, fanno la strisciata e risalgono in macchina per andare a parcheggiare e poi per far ritorno comodamente nella struttura ospedaliera tanto dal punto di vista del controllo computerizzato sono in regola ed anche perché sul piano organizzativo non c’è nessuno che controlla. Questo il quadro della situazione da cui discende facilmente una domanda: “Ma gli operatori dopo aver strisciato il cartellino ritornano a prendere realmente servizio ?”. Il mio amico medico, e non per difendere la categoria, mi ha riferito che almeno due che lui conosceva li ha visti ritornare verso il luogo di lavoro dopo una quindicina di minuti (tempo anche giusto se si pensa che il parcheggio dista alcune centinaia di metri e che il tratto di ritorno è in salita !!). Per altri non ha potuto mettere la classica mano sul fuoco. Ovviamente a chi dirà che non è con i quindici minuti che si può raddrizzare la sanità pubblica io rispondo che almeno iniziamo da quello; incominciamo tutti a prendere coscienza che l’orario di lavoro inizia realmente quando si striscia il cartellino, quindi a parcheggiare la macchine di deve andare prima, e prima si può andare anche al bar per la colazione. E’ un fatto di cultura che in altre parti del nostro Paese (senza bisogno di andare sempre all’estero) è una cosa acclarata da decenni, bisogna far capire a questi soggetti che tutti questi tempi persi per la macchina e il bar, così come per la spesa o una veloce puntata in spiaggia, non fanno parte dell’orario di lavoro”. Ho ricordato questa circostanza che investe la quasi totalità dei dipendenti dell’AUO per meglio far capire come un atteggiamento delittuoso finisca per diventare abitudinario e quindi acquisito in una prassi comune e costante che farebbe venire i brividi a chiunque. Mi spiace che tra i dieci dipendenti sospesi ci sia anche il sindacalista Carmine De Chiaro che qualche mese fa era stato eletto dal quotidiano “Il Mattino” al ruolo di personaggio che avrebbe potuto risolvere i problemi della sanità con le sue denunce; spero ora che presto risolva i suoi di problemi. Anche in questo caso (articolo del 24.06.2015) avvertii il giornale dei rischi che correva se continuava a sponsorizzare quotidianamente con articoli e foto le indimostrabili denunce dell’insondabile sindacalista. Il mio fu un avviso ai cosiddetti “naviganti dell’informazione”, ma non solo; e come tutti i consigli gratuiti finì subito nel dimenticatoio; anzi con molta probabilità non fu neppure letto dai diretti interessati.
direttore: Aldo Bianchini