AMALFI – Che il turismo sia fonte di ricchezza è cosa scontata. Che, allo stesso tempo, determini un surplus del costo della vita anche. Morale, di questi tempi, vivere in costiera amalfitana è un bene e un danno al tempo stesso. Un bene per la pattuglia di commercianti a vario titolo (bar, pizzerie, boutique, negozi al dettaglio tra alimentari, pescivendoli, macellerie, cartolerie e chi più ne ha più ne metta); un male per la cittadinanza a reddito fisso. Perché? Perché il flusso davvero incredibile e crescente di migliaia di turisti giornalieri in visita ad Amalfi, Ravello, Positano e Costiera intera determina inevitabilmente un aumento della domanda e, quindi, in base alle più elementari leggi dell’economia, un rialzo dei prezzi. Conseguentemente, un chilo di bollito che in città costa mediamente sui sei euro al chilogrammo, in un paesino della costiera lo paghi a dieci euro al chilo. Per non parlare dei furtarelli del fruttivendolo di turno confuso nell’ammuina quotidiana amalfitana, ad esempio, che, su un chilogrammo di uva, te ne rifila 200 grammi in meno.
Prezzi più alti, quindi, e danni notevoli a chi a fine mese sempre lo stesso stipendio porta a casa. Con la differenza che, mentre ad Amalfi e dintorni un bottiglina di acqua minerale te la rifilano anche a due euro e trenta centesimi, in un paesino tra Tramonti e il Valico di Chiunzi la paghi a soli trenta centesimi. Non vogliamo approfondire questioni che dovrebbero riguardare la Guardia di Finanza, tutto al più, o le amministrazioni locali. Ci mettiamo, tuttavia, nei panni dei dipendenti pubblici soprattutto se con famiglia e ancor più numerosa, i quali devono subire un costo della vita di almeno il 30%/40% in più rispetto alla città. E questo perché camminare ad Amalfi in pieno giorno e perfino di sera è davvero faticoso, tanti sono i turisti, peraltro sempre benedetti, che ciondolano tra birrerie, gelaterie, stuzzicherei, panetterie, ristoranti e cosi via. Viva il commercio, dunque, ma, di questo passo, si affossa l’economia a basso e medio reddito. Non sarebbe il caso di ufficializzare la figura del calmiere? Non sarebbe ancora più il caso di indagare e controllare con una fitta rete di addetti ai lavori (Guardia di Finanza, Carabinieri, e così via)? Ma di quelli che nessuno conosce? In borghese, cioè? Meglio se esterni alle comunità locali? Abbiamo verificato personalmente l’esistenza del fenomeno e non c’è proprio da stare allegri. Flussi di denaro pazzeschi confluiscono ogni giorno nelle tasche di attività commerciali sotto gli occhi di tutti nei centri-città. I prezzi impazziscono, la cittadinanza a reddito fisso pure. Molti se ne vanno a Salerno per risparmiare. Se lo Stato fosse più attento, non ce ne sarebbe bisogno.
direttore: Aldo Bianchini