Aldo Bianchini
SALA C. – Ogni qualvolta mi trovo ad affrontare e commentare argomenti piuttosto spinosi cerco di farlo sempre mettendomi in una posizione di osservazione equidistante dalle eventuali parti in causa. La questione che mi accingo a trattare oggi è di grande interesse ma anche di una certa importanza politica perché attiene un intero territorio e le scelte scellerate che sono state fatte o che non sono state impedite e combattute in un recente passato. Il territorio è quello del Vallo di Diano e l’oggetto del contendere è la soppressione del Tribunale. Le dinasty a me non piacciono, e quella dei fratelli Ferrari mi appare proprio come una dinasty; in verità di dinasty nel Vallo ce ne sono tantissime e questo è tipico delle periferie, ma quelle del Vallo prendono il sopravvento su tutto e finiscono per sfociare in inutili latrati di carattere personalistico. E le dinasty, lo sappiamo tutti, non sono quelle composte soltanto da genitori, figli e fratelli. La vicenda riguarda la città di Sala Consilina e le due lettere aperte che i fratelli Gaetano (già sindaco) e Mimma Ferrari (attuale assessora) hanno indirizzato alle Autorità comprensoriali ed a tutti i cittadini del Vallo avendo cura di notificarle a tutte le redazioni giornalistiche tranne, ovviamente, a questa che rappresento. Dico subito che avrei compreso tutto quello che ha scritto l’assessora Mimma Ferrari se lo sfogo fosse stato esternato da una posizione di indipendenza rispetto ad una coalizione politica che la vede, invece, schierata come assessore. Questa si chiama “etica politica”; roba da poco forse, ma estremamente importante. Parla di “saga dell’inopportunità” la Ferrari nell’accusare i vertici della giunta comunale di aver presenziato, inopportunamente, alla cerimonia per il riconoscimento che, a torto o a ragione, il sindaco di Sassano ha conferito al Procuratore della Repubblica; uno sfogo inutile ed offensivo, alla stregua di un atto assolutamente fuori da ogni normalità politica. Sicuramente il messaggio sarebbe stato più efficace se l’assessore prima di pubblicizzare la lettera avesse rassegnato le dimissioni per poter difendere meglio il fratello dall’accusa di interruzione di pubblico servizio che ha generato il rinvio a giudizio per via di quel decantato “gesto eroico” (inutile e tardivo !!) nel non aver consegnato le chiavi dell’edificio del tribunale al Procuratore del Tribunale di Lagonegro. Nei suoi panni, al gesto delle dimissioni, avrei aggiunto un resoconto dettagliato della mia attività politica di un anno per meglio far capire l’importanza della mia decisione; ma questo, mi rendo conto, sarebbe come aprire un libro del passato sul quale nessuno scrive più niente. Sanno tutti che simili “atti eroici” sfociano inevitabilmente in un rinvio a giudizio, come un atto dovuto, e che alla fine tutto finisce in una bolla di sapone; e qui non si tratta di credere o meno nella giustizia. Alla luce della lettera dell’assessora mi chiedo anche come mai il sindaco in carica, Francesco Cavallone, non le abbia subito revocato la delega che è un atto altamente fiduciario. Detto questo preciso meglio il mio pensiero; comprendo lo sfogo umano dei fratelli Ferrari ma non ne condivido la sostanza e le motivazioni. Perché a questo punto un normale cittadino del Vallo (e soprattutto le tante testate giornalistiche che hanno pubblicato tout-court le due lettere senza abbozzare il benché minimo commento) dovrebbe chiedersi dove stava l’assessora Mimma Ferrari e, soprattutto, dov’era il fratello Gaetano (allora sindaco) il 27 dicembre del 2011 quando nel corso di una “cena amarcord” Michele Marcone (per Sala C.) e Rosa Marino (per Lagonegro) firmavano il patto scellerato di rimettere tutto nelle mani del ministro Severino. E se il sindaco non era presente era certamente a conoscenza di quanto si andava facendo, altrimenti qualche mese dopo non avrebbe avallato con apposita delibera di giunta il patto scellerato siglato dai presidenti dei due Fori. Mi chiedo, a questo punto, quale senso ha avuto la missione dell’allora vice sindaco Luigi Giordano a Potenza (un altro pranzo inutile !!) e quale senso ha avuto la contemporanea presenza del sindaco e del presidente del Foro alle varie manifestazioni fino a quel “triste giorno” della contestazione, sciocca e immotivata, contro il Procuratore. Qualcuno ha detto che furono soltanto finzioni e sceneggiate per placare l’ira della gente; io credo, invece, che furono manifestazioni vere ma tardive e oramai inutili. A ben leggere gli effetti devastanti di quella cena bisognerebbe rivedere anche la platealità, l’inutilità e il ritardo di quello che poteva davvero passare alla storia come un “gesto eroico” se avesse avuto alle spalle una lunga battaglia di resistenza e non di cene e cenette. Solo per la cronaca ricordo il “viaggio a Roma” compiuto da una pletora di personaggi che non furono neppure riconosciuti da tutti i parlamentari salernitani che li lasciarono in un angolo sperduto del Transatlantico. In ultima analisi la coraggiosa Mimma Ferrari ha fatto tanto baccano per nulla, perché il rinvio a giudizio dell’ex sindaco, viste le circostanze in cui è maturato, non oscurerà mai e poi mai la lunga, apprezzata e trasparente carriera politica dell’uomo che ha gestito le sorti della città più importante del Vallo di Diano per ben dieci anni. Anzi se i due fratelli non lo avessero pubblicizzato nessuno si sarebbe accorto del rinvio a giudizio tanto contestato. Naturalmente sulla vicenda della soppressione del tribunale di Sala Consilina si potrebbe scrivere di tutto e di più, ed anche tutto e il contrario di tutto. Bisognerebbe, però, che tutti riconoscessero di aver preso sottogamba un pericolo immanente rivelatosi dura realtà. Nessuno ha fatto niente, in tanti hanno solo fatto finta di fare, il resto ha taciuto meschinamente. In circa dieci anni, nessuno ha mosso un dito sia a livello politico che amministrativo; fare le barricate per strada o gite scolastiche nel “transatlantico” capitolino non serve proprio a niente. Infine, per ritornare al punto dolente, cioè alla “saga dell’inopportunità” vorrei sommessamente evidenziare che la saga dell’inopportunità forse è costituita proprio dalle due lettere dei fratelli Ferrari nel senso che se andiamo, pacatamente, a scavare bene nelle motivazioni del riconoscimento potremmo scoprire che anche nell’azione di quel giorno davanti al Tribunale il Procuratore Vittorio Russo ha esercitato un’azione giusta e doverosa a difesa della legalità perché, anche se per giuste ragioni, la chiusura di un pubblico edificio e la negazione delle chiavi è un fatto che esula sicuramente dalla legalità. Cosa doveva fare il magistrato diversamente da quello che doverosamente ha fatto ? Ha ragione, dunque, il sindaco di Sassano Tommaso Pellegrino ad aver cominciato proprio dal procuratore Russo l’elenco dei personaggi che sicuramente saranno insigniti dell’onorificenza “Paolo Borsellino” nei prossimi anni; per buona pace dell’assessora di Sala Consilina. Com’è strana la politica; per l’assessore Michele Santoriello che sparò a zero su Giuliana Sgrena in tanti chiesero le dimissioni anche se il fattaccio non riguardava direttamente la giunta (tra l’altro è stato anche assolto dal Gup del tribunale); qui che vengono brutalmente messi in discussione i vertici della giunta tutti tacciono, almeno ufficialmente. Per concludere; gentile assessora Ferrari la colpa della chiusura del Tribunale non è del Procuratore, e men che meno di Pellegrino, ma della insipiente politica del Vallo di Diano a cominciare proprio da Sala Consilina, mi creda.
direttore: Aldo Bianchini