Aldo Bianchini
SALERNO – Sembra ieri, sono però passati già 46 anni da quando il primo uomo mise il piede sulla Luna. Il nostro unico satellite, amato – odiato – spiato – agognato – utilizzato e dimenticato per secoli e millenni, alle ore 4.56 del mattino del 21 luglio 1969 veniva conquistato da Neil Armstrong che dopo aver compiuto il primo saltello sul suolo lunare pronunciò la storica frase “un piccolo passo per l’uomo, un grande balzo per l’umanità”. Naturalmente la navicella era atterrata già da qualche ora prima che Armstrong scendesse la scaletta, e ovviamente io ero presente davanti al televisore di casa, rigorosamente in bianco e nero, anche se quella giornata per me fu assai lunga per una serie di spostamenti in auto (una Fiat 500/L). Ero partito la mattina del 19 luglio (sabato) da Salerno per raggiungere Sassano (SA), il paese dell’allora mia ragazza e attuale moglie; la sera della domenica 20 luglio lasciai Sassano per portarmi a Muro Lucano (PZ) dove dovevo prelevare mia madre e far ritorno con lei a Salerno. Mentre ero in viaggio tra Sassano e Muro Lucano ascoltavo la radio e appresi dalla voce del radio-telecronista Tito Stagno dell’avvenuto allunaggio e delle sei ore (che poi si allungarono a dieci) di attesa per lo sbarco ufficiale. Quindi proseguii il viaggio senza troppi patemi d’animo, sarei giunto a Salerno in tempo per assistere all’uscita di Armstrong. Giunsi a Muro in serata e mi colpì la frase che il già anziano vicino di casa (Sabato Marcone) pronunciò, letteralmente gridando, al mio indirizzo appena mi intravide da lontano: “L’abbiamo presa”, e nel dire questo alzò le braccia e gli occhi al cielo come per mostrare certamente la Luna che quella sera era splendente ma anche per significare la soddisfazione dell’uomo qualunque nell’aver raggiunto in vita un sogno indimenticabile come quello di aver assistito finalmente alla conquista dell’imprendibile satellite. Nell’espressione quasi teatralle di quell’anziano lessi tutta la soddisfazione dell’intera umanità che, spesso, si manifesta proprio attraverso queste singole esternazioni che in tanti, superficialmente, riteniamo di poco conto. Più della diretta televisiva interminabile, più delle esaltate esternazioni di Tito Stagno, più del battibecco tra Ruggero Orlando (da New York) e lo stesso Stagno, più dell’emozione incontenibile che io stesso provai quando Neil Armostrong scese la scaletta per poggiare il suo piede sul suolo lunare con il suo cuore che pulsava ad oltre 240 battiti al minuto, fu proprio quel grido di gioia del compianto Sabato Marcone a farmi sentire tutte le emozioni che quel momento storico per l’umanità doveva forzatamente trasmettere a tutti. Quella sera giunsi a Salerno intorno alle 23.00 ed ebbi, quindi, tutta la nottata per rimanere sveglio davanti al televisore di casa; furono minuti interminabili che scandirono il tempo dell’uomo e delle sue capacità di conquiste. Poi, finalmente, alle 4.56 del mattino del 21 luglio 1969 tutto fu compiuto. Ricordo perfettamente che io, appassionato ora come allora di astronautica e tifosissimo delle imprese spaziali sovietiche, non venni sfiorato neppure per un istante dal pensiero che quell’omino sulla Luna potesse rappresentare l’America anziché la Russia (allora la guerra fredda era vivissima !!), per me quell’uomo mi appariva come un gigante che si trovava lì, con i piedi su un altro mondo, a rappresentare tutta l’umanità. Quel momento, visto con il senno di poi, dovrebbe essere considerato anche come il primo vero spiraglio di disgelo tra le due superpotenze che allora si fronteggiavano minacciosamente brandendo, virtualmente, missili intercontinentali e bombe atomiche. Tanto è vero che nel giro di pochi anni addirittura due cosmonauti, uno americano e l’altro sovietico, si sono incontrati ed abbracciati nello spazio con annessa storica passeggiata, sempre in nome e per conto dell’intera umanità. Ma bisogna anche ricordare che dopo quello storico momento e dopo la frase di Armstrong furono inventate storie incredibili sull’effettiva conquista della Luna da parte dell’uomo, almeno relativamente a quel primo viaggio. Tutte fandonie che la storia ha decisamente e necessariamente smentito con i fatti.
direttore: Aldo Bianchini