Aldo Bianchini
SALERNO – “”Domenica 19 luglio 1992, Paolo Borsellino si concede una pausa: va a prendere la mamma in Via D’Amelio per portarla dal medico; un’operazione comunissima per tantissimi figli. Loro lo sanno. Aspettano che il magistrato e i suoi agenti scendano dalle tre auto blindate. Alle 16.58 Giuseppe Graviano preme il telecomando. E’ l’inferno. Prima il boato, sordo, di una potente ferocia che penetra ovunque. Poi una colossale nube scura che sfregia Palermo. In Via D’Amelio i palazzi sono sventrati, c’è un ammasso di auto che bruciano. Il fumo nasconde l’orrore. L’odore di carne bruciata e benzina entra nella pelle e obbliga a chiudere gli occhi. Ma riaprirli è uno choc. Brandelli di carne appesi sui fili della corrente elettrica, una mano è sul balcone del primo piano, pezzi di gambe sull’asfalto. Un uomo della scorta si salva … rientra in macchina per accendere il motore, poi scoppia tutto”” (fonte L’Espresso n. 29 del 23 luglio 2015). Un tremendo eccidio, sono stati celebrati vari processi (l’ultimo è tuttora in corso !!) che hanno svelato “tante verità” pur se nell’immaginario collettivo “nessuna verità” è ancora emersa. Difatti, a poche ore dal 23° anniversario di quel momento drammatico per Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta, ma anche per tutto il Paese e per la stessa sopravvivenza della Repubblica, ecco emergere dagli atti sempre occulti delle tante misteriose inchieste quella che sembra essere una verità assoluta: “Quella va fermata, fatta fuori come suo padre”. Si tratterebbe (il condizionale è d’obbligo !!) di una intercettazione telefonica, segretata, di una conversazione avvenuta tra due personaggi che parlano di Lucia Borsellino (figlia del compianto Paolo ed ex assessore alla sanità della Regione Sicilia). “”Sono parole pesantissime, intercettate pochi mesi fa. A pronunciarle non è un boss, ma un medico di successo: Matteo Tutino, primario dell’ospedale palermitano Villa Sofia. All’altro capo del telefono c’è il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, che ascolta e tace. Non si indigna, non replica: nessuna reazione di fronte a quel commento macabro nei confronti dell’assessore della sua giunta, scelto come simbolo di legalità in un settore da sempre culla di interessi mafiosi””. Questa la ricostruzione fatta dal settimanale L’Espresso a firma di Piero Messina e Maurizio Zoppi secondo i quali l’inchiesta riguarda i rapporti del primario (Tutino) con investigatori e magistrati che prefigurano uno scenario di rapporti e di amicizie molto più che inquietante. In pratica il dottor Tutino, medico personale di Crocetta, sarebbe diventato in poco tempo uno dei personaggi cosiddetti “alla moda” negli ambienti politici e giudiziari della Palermo-bene. C’è imbarazzo anche a Palazzo di Giustizia dove sarebbero ben tre i magistrati coinvolti nell’amicizia pericolosa con Tutino: Dario Scaletta, Lia Sava e, addirittura, Antonino Ingroia (quello che attaccò brutalmente Berlusconi e che poi si candidò alle politiche con scarso successo), già allievo di Paolo Borsellino. Fino al momento in cui scrivo questo pezzo la Procura di Palermo, nella persona del suo capo Francesco Lo Voi smentisce categoricamente l’esistenza di una simile intercettazione, al contrario il direttore de L’ESPRESSO Luigi Vicinanza la conferma aggiungendo particolari inediti su quale inchiesta ed in quale fascicolo potrà essere ritrovata. Siamo di fronte ad una della “tante verità … nessuna verità” che gettano continue ombre sulla nostra democrazia o di fronte ad un fatto gravissimo e realmente accaduto ? Difficile, ovviamente, rispondere a botta ancora calda. Sta di fatto che un po’ tutti siamo abituati a straparlare per telefono, stupidamente diciamo spesso cose anche per accreditarci amicizie e potere che non abbiamo, ma dire “Quella va fermata, fatta fuori come suo padre” esula dalla tendenza a millantare ed entra decisamente in aspetti con profili penali molto marcati. Se non fossero state pronunciate le parole “come suo padre” probabilmente oggi parleremmo di aria fritta e di linguaggio politichese, ma sono quelle parole ad essere pesantissime come una montagna. C’è già chi parla di “complotto politico” ordito per far fuori Crocetta (leggasi dichiarazione del senatore Giuseppe Lumia !!), c’è già chi parla di dossieraggio malefico per ritornare al voto, ci sono insomma versioni molto contrastanti sulla vicenda. Ci sono, però, almeno un paio di elementi concreti sui quali andrebbe fatta una serena riflessione. In primo luogo la serietà del settimanale L’Espresso da non mettere in discussione; immaginate cosa accadrebbe se il tutto fosse stato inventato ? Credo che si potrebbe già parlare della chiusura dello storico settimanale. Se dunque l’intercettazione esiste, bisognerà subito chiedersi chi e perché l’ha tenuta nascosta e chi ha avuto interesse a sfilarla proprio adesso visto che la stessa potrebbe risalire al 2013 ? A risposta certa lo Stato dovrebbe mostrare tutta la sua fermezza nel prendere a calci nel sedere “chi” l’ha prima nascosta e successivamente sfilata e pubblicata, e poi nello spedirlo a casa senza mezze misure, chiunque esso sia: magistrato o carabiniere, poco importa. C’è, infine, un altro dubbio; tutte le più grosse istituzioni del Paese si sono mosse all’unisono nel condannare la famigerata frase; Il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, il Presidente della Camera, Il Presidente del Consiglio e il Ministro dell’Interno hanno, quasi contemporaneamente, espresso la loro solidarietà nei confronti di Lucia Borsellino. Sono caduti in una trappola mediatica o hanno prima raccolto notizie che all’opinione pubblica devono essere nascoste ? Del resto non possiamo pensare ad “una democrazia” che rinunci a qualsiasi barriera tra sfera privata e pubblica; come dicevo, spesso per telefono si millanta e si dicono cose che neppure si pensano, ma non per questo dobbiamo cancellare qualsiasi spazio di riservatezza (meschino, beffardo, vile, che sia !!) affidandoci alla casuale fuga di notizie per sconvolgere radicalmente le istituzioni; ognuno in privato deve poter essere la persona che vuole essere. Certo è necessario fare pulizia in questo benedetto Paese se davvero vogliamo solidificare la nostra democrazia, ma dobbiamo farlo salvaguardando alcuni concetti essenziali della nostra vita di relazione. E non solo nel nome e nel ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che per questo Paese hanno dato la vita insieme agli uomini delle loro scorte.
direttore: Aldo Bianchini