Aldo Bianchini
SALERNO – La notizia è apparsa, qualche giorno fa, su tutti i quotidiani locali: “Stretta contro i D’Auria, scatta il carcere duro”. Per chi ancora non lo sapesse, dopo vari anni di inchieste e numerosi processi, sto parlando della “famiglia D’Auria – Petrosino” di Pagani il cui capostipite Gioacchino D’Auria veniva indicato all’attenzione dei più con il soprannome di “spara-spara”, forse per la velocità con cui sparava contro gli avversari senza pensarci su due volte. Sempre secondo le inchieste giudiziarie del passato il capostipite Gioacchino faceva parte, con un ruolo di primaria importanza, del famigerato “clan Fezza – D’Auria” che per decenni ha tenuto sotto scacco l’intero territorio paganese e buona parte dell’agro nocerino-sarnese. Parlo, ovviamente, di scacco camorristico. Questa in estrema sintesi la storia del gruppo che oltre a “spara-spara” annoverava anche il temibile Tommaso Fezza (ritenuto il capo indiscusso del clan e destinatario di una condanna definitiva all’ergastolo). La novità, cioè la notizia, diffusa da tutti gli organi di stampa riguarda, invece, Michele e Antonio Petrosino-D’Auria (figli di Gioacchino e nipoti acquisiti di Tommaso !!) che sempre secondo gli inquirenti (leggasi pm Vincenzo Montemurro) sarebbero gli eredi potenziali del temibile clan camorristico: Antonio (il braccio operativo) come capo del clan e Michele (la mente grigia) come collante con la politica e le istituzioni (fonte Il Mattino dell’11 luglio 2015); questo pesante fardello sarebbe stato ereditato dai due fratelli fin dal 2008, da qui la ragione del “carcere duro” che il DAP (dipartimento amministrazione penitenziaria) sta applicando su richiesta del pm dell’antimafia di Salerno. Fin qui niente di nuovo sotto il sole estivo, direbbe qualcuno; è vero, se la notizia si fermasse qui tutto passerebbe liscio. Alla notizia c’è, però, un’aggiunta spinosa ed insinuante che i giornali (ivi compreso Il Mattino) riportano pari pari, come è stata loro fornita, senza aggiungere alcun tipo d commento; l’aggiunta è la seguente: “… il fratello Michele avrebbe invece svolto il ruolo di collante visti i suoi presunti rapporti con il mondo della politica, in particolare con le amministrazioni dell’allora sindaco Alberico Gambino …”. E’ questo voler continuamente insistere sui rapporti con Gambino che stuzzica, naturalmente senza alcun tipo di rivendicazione contro chicchessia, la mia voglia di saperne di più e mi chiedo alcune cose importanti. Come mai soltanto oggi mi si viene a dire che i fratelli Michele e Antonio erano probabilmente ai vertici del clan fin dal 2008 ? Perché si insiste sul rapporto politico tra Alberico Gambino e Michele D’Auria ? Delle spiegazioni dovrebbero pur esserci, non fosse altro per il fatto che Gambino nella sua qualità di sindaco di Pagani doveva pur avere rapporti istituzionali con tutti gli altri Enti che, per un motivo o per l’altro, facevano riferimento al Comune di Pagani. Uno degli Enti che più di tutti e prima di tutti aveva contatti con il Comune era l’ormai disciolto Consorzio di Bacino/1; e sapete chi, tra i dirigenti di quell’Ente, era stato delegato ai rapporti con il Comune di Pagani: Michele Petrosino che da tempo era stato assunto nel Consorzio dove presto era divenuto anche dirigente. E allora mi viene da chiedere (come ho già fatto altre volte) chi aveva assunto Michele Petrosino e chi lo aveva delegato ai rapporti con il Comune se la sua pericolosità sociale era già nota (per non dire notissima !!) ai gestori della politica locale. Val la pena solo di ricordare che all’epoca dei fatti inizialmente contestati il Consorzio era retto da un’amministrazione di sinistra (presidente Raffaele Fiorillo, ex sindaco di Cava de’ Tirreni) e il Comune vedeva come sindaco Gambino (area PdL – Forza Italia). Come faceva, quindi, Gambino sindaco a non incontrare Petrosino dirigente del Consorzio ? Qualcuno, a questo punto, dovrebbe dare delle risposte. Io non so se il carcere duro è giusto e doveroso per i due fratelli Petrosino-D’Auria, non ho a mia disposizione tutte le carte e non posso, quindi, esprimere alcun giudizio. Per quanto di mia conoscenza ho sempre ritenuto Michele (che non conosco direttamente se non per averne incrociato lo sguardo qualche volta nell’aula del processo Linea d’Ombra – condotto sempre da Montemurro a carico di Gambino) una persona capace e lungimirante, ben distante dall’organizzazione camorristica del “clan D’Auria-Fezza” e impegnato nella crescita professionale nell’ambito del Consorzio, salvo un piccolo precedente penale di gioventù. Ma la cosa, ripeto, che mi indigna è questo volere a tutti i costi avvicinare le figure dei due fratelli a quella di Alberico Gambino e non ad altri personaggi che, comunque, hanno avuto rapporti anche stretti con i due. Alla prossima.
direttore: Aldo Bianchini