Aldo Bianchini
PADULA – A poco più di un mese dallo scoppio dell’inchiesta giudiziaria che ha travolto indirettamente la Caritas Campania tutto tace, tutto sembra svanito nel nulla: titoli ad effetto, articoli insinuanti, spallucce deresponsabilizzanti, perfide pacche sulle spalle, ammiccamenti gioiosi, sorrisetti ironici, capannelli di presunti amici, giudizi trancianti come la lama di un rasoio. A poco più di un mese, dicevo, tutto tace e ricomincia la solita vita quotidiana con il riavvicinamento di tutti verso “il diavolo”, fra poco ritorneranno all’ovile anche i giornalisti più sfrenati ed anche quelli che si sono opportunamente trincerati dietro il paravento della “notizia da dare” (bisogna sempre vedere come la si da !! perché anche nel dare la notizia bisogna sempre tener conto dei valori fondanti la conoscenza e l’amicizia). Nel bel mezzo di tutta questa bagarre indescrivibile c’è lui “don Vincenzo Federico” ideatore e sostenitore di diversi centri di ospitalità degli extracomunitari fin dai tempi della “primavera araba”, ma anche prima se vogliamo, con lo scambio di ospitalità dei giovinetti (maschi e femmine) dell’arcipelago balcano ridotto in miseria assoluta. Ma nella realtà chi è “don Vincenzo Federico”, il “diavolo” vestito da Caritas oppure un “angelo” caduto dal cielo ? Probabilmente né l’una e né l’altra cosa. E’ sicuramente un sacerdote di provincia, cresciuto molto in fretta, ottimamente istruito, ed anche dotato, perché no, di un certo fascino molto appetito dal gentil sesso; è un “curato” che ha capito che per innalzarsi sempre più verso il Signore non basta dire messa al mattino e si è lanciato, con grande capacità e qualità professionale, nell’intricato e pericolosissimo mondo dell’assistenza ai concittadini bisognosi (perché don Vincenzo fa anche questo !!) e dell’accoglienza dei migranti. E’ lui, in pratica, che gestisce il fenomeno su tutto il territorio della regione Campania; è lui che lo ha fatto esattamente con gli strumenti che adoperava e che adopera sul ristretto territorio del Vallo di Diano: umiltà, professionalità, presenza costante e, soprattutto, con uno spiccato senso dell’amicizia e dell’appartenenza. Il problema è tutto qui; don Vincenzo, da buon uomo di chiesa, non ha capito che l’amicizia e l’appartenenza sono sentimenti che non ripagano mai i sacrifici fatti e le angherie subite pur di aiutare il prossimo. Non ha saputo fare la cernita, ha accolto tutti nella tumultuosa attività della sua parrocchia: giovani, vecchi, bambini. Tutti, almeno nel Vallo, hanno avuto bisogno di don Vincenzo; e tutti immediatamente gli hanno girato le spalle. Leggendo le carte dell’inchiesta (quelle che ho a disposizione !!) mi sono subito chiesto come si fa a credere alla versione squinternata e con falle grandissime resa da Alfonso De Martino e Rosa Carnevale (i due arrestati di Napoli) nelle mani degli inquirenti per salvare il loro deretano. Siamo davvero alla fine di ogni concezione di “puro giornalismo” ovvero di “concreta e corretta amicizia” se quando abbiamo avuto bisogno tutti siamo corsi da “don Vincenzo” e quando lui ha avuto bisogno di noi, anche solo per un conforto morale, lo abbiamo subito abbandonato al suo destino. Mi è piaciuta molto la nota difensiva diramata dall’ufficio comunicazioni sociali della Curia di Teggiano/Policastro, soprattutto quando scrive di “totale trasparenza di comportamenti e di azioni” in un tempo in cui appena parla un magistrato tutti se la fanno sotto come se avesse parlato e pontificato un oracolo; fortunatamente non è così. Ma in definitiva “don Vincenzo Federico” cosa ha combinato per essere stato violentemente scaraventato nel tritacarne mediatico ? Ha semplicemente scritto in data non sospetta (esattamente il 30 luglio 2014) una squisita ma dura lettera al Prefetto Mario Morcone (capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione) per cercare di far “svegliare dal torpore profondo” in cui era caduto il Ministero competente per quanto atteneva la concessione e l’utilizzo molto allegro delle carte prepagate e dei buoni (ticket e similari); nel contesto della lettera don Vincenzo non si limita soltanto a paventare possibili brogli ma suggerisce anche una soluzione per “l’utilizzo dei soldi contanti come elemento educativo al fine di sottrarsi alle varie speculazioni”. Più chiaro di così si muore. E il Ministero dell’Interno cosa fa ? naturalmente non risponde ma, nella sostanza, forse si preoccupa e investe le Prefetture disseminate sul territorio. Difatti la Prefettura di Salerno con una lettera “non datata” ed a firma della dott.ssa Della Monica (dirigente area IV) in merito alle modalità di erogazione del “pocket money” scrive che “… qualora si verifichi un’oggettiva difficoltà da parte del richiedente la protezione internazionale ad utilizzare i buoni secondo le modalità previste dalle convenzioni, si possa procedere, in acccordo con l’ente gestore ad erogare in contanti la somma spettante ai migranti provvedendo a sottoscrivere la relativa ricevuta alla presenza di un delegato di questo Ufficio …”. Insomma il Ministero dell’Interno, di fatto, si preoccupa della vicenda anche perché incombe “mafia capitale” e allerta le sue strutture periferiche che accettano, anche se solo in parte, il suggerimento di don Vincenzo. E allora cosa vogliono da “don Vincenzo Federico” ? probabilmente niente, sicuramente il tutto finirà in una bolla di sapone, ma grazie alla fretta di scovare atti delittuosi comunque e dovunque gli inquirenti (sempre affannati e poco attenti alle carte !!) hanno presentato un pacchetto assolutamente credibile agli occhi degli straniti dei PM, una pratica delittuosa ancora più infamante di quella caduta sulle spalle di Mons. Nunzio Scarano (ricordate il caso eclatante del suo arresto in Vaticano per le presunte ruberie bancarie ?) perché in questo caso si tratterebbe di “speculazione meschina sui migranti”. Quando i magistrati, Colangelo – Piscitelli – Falcone – Frongillo e Cairo, si renderanno conto, leggendo le carte, di aver messo le mani su un uomo che ha fatto o ha cercato di fare soltanto del bene l’inchiesta, almeno per la tranche sul sacerdote, si scioglierà come neve al sole. E “don Vincenzo” ricomincerà ad accogliere tutti, come ha fatto sempre anche maldestramente. La speranza di miglioramento c’è ed è quella che dopo la “lezione di vita” ricevuta riesca a fare finalmente la cernita tra conoscenti, amici e presunti tali. Per il suo bene, ovviamente.
direttore: Aldo Bianchini