Da uff.stampa ANCE
SALERNO – 226 imprese ad alto tasso di innovazione tra il 2007 ed il 2012 hanno raddoppiato il fatturato. La concentrazione maggiore al Sud. Il presidente di ANCE Salerno Antonio Lombardi: «Scenario ancora molto negativo. Il credit crunch non è mai finito»
La crisi ha colpito duro nelle regioni del Mezzogiorno tra il 2007 e il 2013. Il fatturato delle Pmi in Campania, in questo periodo, è diminuito del 2,3%; la produttività dell’1%; il Margine Operativo Lordo (Mol) del 26,6%. In “compenso” il costo del lavoro dipendente è aumentato dell’8,1%, percentuale che sale al 10,7% tra il 2012 e il 2013. Le imprese con il Mol negativo nel 2007 erano, sempre in Campania, l’8,7%: sono diventate il 13,7% nel 2012 e il 14,9% nel 2013. La percentuale del ritorno sull’investimento (Roe, ante imposte) si attestava nel 2007 all’8,6%, ma è poi calato al 3,7% nel 2012 per poi risalire al 4,1% nel 2013. I dati sono stati estrapolati dal Centro Studi ANCE Salerno dal “Rapporto Pmi Mezzogiorno 2015” elaborato da Confindustria e Cerved, pubblicato nei giorni scorsi.
In Campania nel periodo 2008 – 2012 sono uscite dal mercato 2.850 Pmi, quelle sopravvissute sono state 6.413. Nello stesso arco di tempo ne sono nate 2.218. Se si amplia lo sguardo a tutto il Mezzogiorno i settori più colpiti (sempre tra il 2008 ed il 2012) sono stati: servizi (4.120 aziende uscite dal mercato); costruzioni (2.050); industria (1.755); utility (205); agricoltura (174). Il saldo più negativo tra Pmi entrate ed uscite dal perimetro è quello delle costruzioni (-748), seguito da quello dell’industria (-298).
Da un punto di vista più generale in Campania le società di capitali di piccole dimensioni sono 7.338 con 122.741 addetti. Quelle medie sono 1.258 con 90.931 occupati. Le Pmi sono 8.596 ed impiegano 213.672 persone. La percentuale delle piccole imprese all’interno dell’universo delle Pmi è pari all’85,4%. Dal punto di vista degli addetti l’incidenza si attesta al 57,4%. Le medie imprese rappresentano il 14,6% delle Pmi, con il 42,6% degli addetti. Sul versante del fatturato generato le piccole aziende esprimono un valore pari a 24 miliardi di euro; le medie 20,4 miliardi e complessivamente le Pmi 44 miliardi. L’incidenza del fatturato delle piccole aziende sul totale delle Pmi è pari al 54,1%, mentre quello delle medie si attesta al 45,9%. Il valore aggiunto prodotto dalle piccole imprese è pari a 4,7 miliardi di euro; quello delle medie è di 4 mld di euro e complessivamente il valore aggiunto delle Pmi in Campania è pari a 8,8 mld di euro.
Lo scenario nel Mezzogiorno
Confindustria e Cerved evidenziano che le Pmi meridionali esprimono un fatturato di 126,5 miliardi di euro (14,9% del totale delle Pmi italiane), debiti finanziari pari a 46 miliardi di euro (16,6%) ed un valore aggiunto di 27,3 miliardi (14,9%). Complessivamente impiegano quasi 682.000 addetti (il 17,5% dei lavoratori delle Pmi in Italia). I dati cumulati riferiti al periodo 2007-2013 segnalano che le Pmi meridionali hanno subito una contrazione del fatturato pari a -5,4% e della produttività pari a -6,1%. Il costo del lavoro per addetto è aumentato, invece, dell’8,8%. Significativo il crollo del margine operativo lordo: nel Mezzogiorno tra il 2007 ed il 2013 è diminuito del 38,6% a fronte del calo del 31,5% nel resto d’Italia. Non manca qualche segnale positivo. Con l’introduzione delle società a responsabilità limitata semplificate le newco nate nel Mezzogiorno hanno fatto registrare un + 19,4% tra il 2013 ed il 2014. È migliorato anche il trend dei ritardi medi rispetto alle scadenze dei pagamenti, anche se resta un gap negativo rispetto al resto d’Italia. Ma a dare il senso della negatività dello scenario emerge il dato che più di un quarto delle Pmi meridionali è uscito dal mercato.
Secondo i calcoli di Cerved Group sono più di 10mila le Pmi meridionali con i conti in ordine e pronte ad agganciare la ripresa. Sia pure con ritmi lenti le Pmi del Sud dovrebbero tornare a crescere nel biennio 2015-2016.
I segnali positivi: le aziende “gazzelle”
L’onda d’urto della crisi ha provveduto a generare una selezione “naturale” delle aziende. Secondo Cerved e Confindustria al Sud si ravvisa un nucleo di imprese ad alto potenziale di crescita che vengono definite “gazzelle”: si tratta di aziende che tra il 2007 ed il 2012 sono riuscite addirittura a raddoppiare il proprio fatturato. La concentrazione maggiore di questa tipologia di impresa è stata riscontrata in Calabria (1,28) ed in Campania (1,24). Sono imprese giovani che investono di più ed in particolare in beni immateriali, rivelandosi più redditizie e produttive. In termini assoluti la regione che può vantare più gazzelle è la Campania (226) seguita dalla Puglia (136) e dalla Sicilia (119). Seguono Abruzzo (47), Calabria (44), Sardegna (35), Basilicata (17) e Molise (8).
Il commento del presidente Antonio Lombardi
«L’analisi relativa allo stato di salute delle piccole e medie imprese meridionali ed in particolare della Campania – ha dichiarato il presidente di ANCE Salerno Antonio Lombardi – ci mette di fronte ad una ulteriore presa d’atto della drammaticità dei riflessi della crisi economica negli anni tra il 2007 ed il 2013. Colpisce il dato sul crollo della redditività dell’attività delle imprese e la concentrazione di indicatori negativi che si riscontra nel comparto delle costruzioni. L’analisi di Confindustria e Cerved – ha continuato Lombardi – aggiunge elementi di preoccupazione per uno scenario destinato a durare ancora a lungo prima di approdare ad una evoluzione positiva in grado di agganciare i livelli pre-crisi. In altre parole, i fermenti di rinnovata fiducia che l’Istat ha segnalato in queste settimane si disperdono nell’ambito di un ragionamento calato in un più ampio spazio temporale».
«Il problema – ha concluso Lombardi – non è l’individuazione dei provvedimenti necessari ed ineludibili, ma l’accelerazione non più rinviabile da parte della filiera istituzionale dell’attuazione di interventi da tempo al centro delle richieste del mondo imprenditoriale: l’abbattimento degli oneri finanziari per le aziende; il rilancio degli investimenti pubblici; l’accelerazione di misure premiali per favorire l’emersione; una più efficace azione di contrasto dell’economia illegale. Occorre, naturalmente, riattivare i canali di finanziamento bancario in primo luogo ai settori più colpiti, come quello delle costruzioni, traducendo in benefici concreti anche al Sud le misure della Bce finalizzate all’immissione di liquidità sui mercati. Fin quando non si registreranno atti concreti in questa direzione le aziende gazzelle avranno, pur mettendo in campo visioni e capacità gestionali al di sopra della media, vita molto difficile».